27 Agosto 2021

Like e condoglianze. Che facili i rapporti virtuali

Svetlana Panič

Filologa, è stata ricercatrice presso l’Istituto Solženicyn di Mosca fino al 2017, ora è traduttrice e ricercatrice indipendente.

Negli ultimi tempi per vari motivi sono entrata molto meno in facebook.

Ieri sera l’ho aperto, e la prima cosa che ho visto è stata la notizia della morte di una conoscente di vecchia data. Il motivo è sempre quello: il Covid, in un ospedale russo di provincia dove c’è la macchina dell’ossigeno ma non c’è nessuno che metta l’acqua nel gorgogliatore.
Ho riletto gli ultimi messaggi di sua figlia, ho scritto qualche parola di circostanza, un like-abbraccio.

Poi ho scorso gli altri post e sono rimasta inorridita dalla facilità da catena di montaggio con cui passano via eventi che abbracciano la vita e l’eterno; fai appena in tempo a mettere un’emoticon o un’immagine che e subito si passa ad altro…
«A vivere si affretta, i sentimenti incalza» come dice il poeta Vjazemskij.

Ora capisco meglio cosa voleva dire un’amica, circa sei anni fa – quando ancora erano tutti vivi e i fantasmi delle tragedie, nascosti negli angoli, si dissipavano davanti a una buona bottiglia di vodka – quando mi parlava della «compassione a buon mercato di facebook».
Il cordoglio light, la compassione-fast, e avanti verso un nuovo oggetto d’interesse…

Scorrendo i post ho trovato le foto degli amici coi quali l’anno scorso andavo a Petrozavodsk al vergognoso processo Dmitriev. È stato amaro, doloroso per l’impossibilità di ribaltare il corso dell’infame processo, ma ci addoloravamo insieme, e questo «insieme» faceva da contrappeso al male, lo si sentiva quasi fisicamente.

E ieri ho guardato le foto, vergognandomi del fatto che ora posso essere assieme a loro solo col pensiero, e mi è venuto da pensare: «Chissà se qualcuna di queste straordinarie persone mi vorrà vedere, quando tornerò a Mosca?».
Perdonatemi, ma non ho trovato risposta alla domanda.

Non voglio infierire sui rapporti virtuali, sui loro pregi si è accumulata una quantità di testi osannanti, ma a volte mi sembra che la «visibilità» in rete sostituisca la vera vicinanza.
«Io ti vedo in facebook» – «Anch’io».

Per me la questione è se ci vediamo l’un l’altro al di fuori dello spazio della rete; e se pure ci vediamo, avremo di che parlare a un livello che non sia quello dei like?

Mentre in rete è tutto a posto. La nostra privacy – difesa più di qualsiasi altra cosa – è salva, la regola ferrea del «nessuno deve niente a nessuno» è impeccabilmente rispettata.
È tutto ok. Fino al prossimo necrologio…
Cerchiamo di non mettere più le solite faccine dispiaciute, con la lacrimuccia finta.

 

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