3 Giugno 2024

Se Dio non risponde, vuol dire che tocca a noi

Svetlana Panič

Filologa, è stata ricercatrice presso l’Istituto Solženicyn di Mosca fino al 2017, ora è traduttrice e ricercatrice indipendente.

Mi dicono: «Perché non dice niente sui bombardamenti a Char’kov? Sulla tipografia distrutta, proprio lei che è una donna di libri?».

Perché non riesco a trovare le parole per scriverne. Devo urlare «li odio»? Questo non fermerà gli assassini, anzi, i vampiri si nutrono dell’odio.

Non so in che modo fermarli. Posso chiedere a Dio: «Perché non li fermi tu?», tirar fuori per la milionesima volta l’eterna teodicea, e ascoltare stupidamente il silenzio.

A Char’kov vivevano i miei amici: Lena, Vasja, Sveta, i ragazzi del teatro Timur che ho frequentato durante i campi estivi, e Saša; per nominarli tutti dovrei fare un post a parte. A Char’kov abitava il mio attuale collega, l’ottimo storico Igor’ Solomadin. A Char’kov vive una persona che mi è molto cara, Inna Rafienko che raccoglie decine di gatti e cani abbandonati, ma si occupa anche di anziani soli; quel che posso fare è cercare aiuti per i vecchi e per gli animali.

Cos’altro posso fare? Leggo le notizie e maledico la mia impotenza.

Ma poi incontro Olja, che parla in ucraino con un tizio, poi si gira verso di me e lentamente, cercando a fatica le parole inglesi, mi chiede imbarazzata: «To subway?». Le rispondo in ucraino. Gioisce a sentire la sua lingua. È arrivata da poco, sta affrontando i mesi più difficili, di completa confusione. Bisogna informarsi (riguardo all’alloggio, al lavoro, all’assicurazione), e inoltrarle immediatamente le coordinate delle organizzazioni canadesi-ucraine, lasciarle il mio telefono: «Mi chiami appena ha qualche necessità» (parliamo mezzo ucraino e mezzo russo, ma per Olja, che è nata a Nikolaev, è più comodo così).

E poi ci sono Tanja, Romana e Jura della Galizia, Oksana, Nadija, e ancora e ancora… Praticamente ogni giorno, alla fermata, al supermercato, in clinica, per strada. Bisogna indicare la strada, girare subito il file con gli indirizzi utili, telefonare, accompagnare in qualche posto, tradurre (forse serve a questo la mia professione?), parlare, piangere insieme e poi, assolutamente, chiedere se Ira si è iscritta ai corsi d’inglese o se ha bisogno di una mano per farlo.

Cos’altro posso fare? Perché lo faccio? Per me stessa? Per blandire la coscienza? Per espiare la colpa di non essere capace di fermare il male? No.

La coscienza non si blandisce, dal 24 febbraio 2022 duole senza interruzione e dorrà per sempre.

Qualsiasi ragione positiva suonerebbe disgustosamente patetica. In realtà è più corretto dire: perché Oksana, Olja, Ljusja, Romana e Jura hanno bisogno di aiuto, e questo motivo basta e avanza.  E in più, come diceva N.L., perché il male capisca che non è onnipotente.

Io posso molto poco. Proprio per questo non voglio sprecare forze con l’odio. Chissà chi incontrerò domani alla fermata e cosa dovremo affrontare.


Fonte: 24tv.ua