5 Settembre 2024

L’ira funesta

Svetlana Panič

Filologa, è stata ricercatrice presso l’Istituto Solženicyn di Mosca fino al 2017, ora è traduttrice e ricercatrice indipendente.

Ieri sera mi sono abbastanza infuriata con uno dei miei amici più cari, tanto che stavo per telefonargli e dirgli la mia con la «peggiore franchezza». Poi mi sono ricordata della benedetta differenza di fuso orario, e l’ira che non ho riversato sul destinatario è stata convogliata in un pezzo di articolo che già da qualche giorno stentava a prender forma. Dopo mezzanotte sono andata a dormire, ripromettendomi che il mattino dopo avrei senz’altro «vuotato il sacco».

Al mattino ho cercato di ricordarmi quale fosse la cosa importante che avrei dovuto fare non appena sveglia. «Ah, sì», mi ha suggerito la mente, schiarita da una dose di caffè, «devo infuriarmi!». Ci ho provato, ho raschiato dalle pareti dell’anima tutta la rabbia che c’era, ma di adirarmi in modo così vivo e convincente come la sera prima ormai non c’era più verso. L’ira era di ieri, si era scaricata.

«Ma come? Eppure, c’era di che infuriarsi! – mi son detta – Non sei neanche capace di arrabbiarti come si deve?», mi è tornato in mente il rimprovero di un conoscente, convinto che «tutta la nostra vita è una serie di conflitti», che lui moltiplicava con virtuosismo.

Di arrabbiarmi purtroppo sono capace, ma per fortuna la mia anima, in cui convivono il koala e il bradipo, considerati tutti i fattori, si rifiuta ostinatamente di sperperare energie in uno spreco di emozioni così improduttivo. Inoltre, l’ira offusca la ragione, e cominci a vedere solo le proiezioni del tuo sdegno e a stupirti che non assomiglino affatto alla splendida persona con cui hai avuto a che fare solo ieri o ieri l’altro. E neanche devono assomigliarle: il frutto dell’ira è il ritratto di chi l’ha scatenata e non di colui a cui è diretta.

Per quanto immensa sia la nostra ira, al suo interno si sta sempre stretti, manca l’aria e l’anima stessa si immiserisce al punto che niente vi trova posto oltre alla rabbia. Ma non appena alla rabbia subentra la simpatia che ci vede bene, e al posto dell’adirato punto esclamativo giunge l’incerto punto interrogativo («Ma come? È una così brava persona…»), torna la libertà e diventa più facile respirare.

«L’ira dell’uomo non compie la giustizia di Dio» (Gc1,20), non perché adirarsi sia disdicevole o non sia bello, ma perché mette in luce (con il fuoco dell’inferno) solo un esiguo segmento, spacciandolo per la verità tutta intera.


(immagine d’apertura: wikipedia)