17 Settembre 2021
Una missione interrotta ma adempiuta
Vladimir Zelinskij
Sacerdote ortodosso (del Patriarcato di Mosca) è filosofo, teologo e traduttore. Dal 1991 vive in Italia, ha insegnato lingua e civiltà russa all’Università cattolica di Brescia e di Milano. Ha al suo attivo numerosi testi di teologia e spiritualità.
Trentuno anni fa. Telefono a Parigi, alla direttrice di «Russkaja mysl’», Irina Ilovajskaja Alberti.
Io (con tono mondano): «Riposato bene, Irina Alekseevna?».
La Ilovajskaja (con un tono insolitamente cupo): «Non ho riposato affatto».
Io (allarmato): «È successo qualcosa?».
Lei (tetra): «È morto tragicamente padre Aleksandr Men’».
Io (agghiacciato): «Tragicamente? In che senso tragicamente?».
Lei (ancora più tetra): «Ammazzato con un colpo d’ascia».
Sono sbigottito. Non riesco a collegare. L’ascia e quel volto. L’ascia e quella voce. L’ascia e quel sorriso. L’antica forza che promana dai suoi occhi, dalle sue mani, dalle sue parole e dai suoi gesti. Da questo preciso istante del nostro dialogo in poi tutto ciò non esiste più.
Esiste l’ascia. Che lo ha reciso di netto dagli anni ’90, che sarebbe stato così importante che vivesse; lo ha tagliato via dagli anni 2000…
Si pensava che sarebbe stato lui ad inaugurare il nuovo millennio, qui da noi.
Eppure questa missione l’ha adempiuta.
L’epoca che ha vissuto – dal 1935 al 1990 – dalle catacombe all’apparire improvviso della libertà della Chiesa, pur non ancora realizzata, si è travasata nel nuovo secolo. È diventata la sua eredità indistruttibile, la speciale dimensione «meniana» della stagione ecclesiale che è solo agli inizi.
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