1 Gennaio 2024

Il Natale e il Verbo

Vladimir Zelinskij

Sacerdote ortodosso (del Patriarcato di Mosca) è filosofo, teologo e traduttore. Dal 1991 vive in Italia, ha insegnato lingua e civiltà russa all’Università cattolica di Brescia e di Milano. Ha al suo attivo numerosi testi di teologia e spiritualità.

En archè en ho logos.
In principio era il Verbo.
В начале было Слово.

Ogni volta che leggo queste parole, il prologo di san Giovanni  – le ho lette, forse, mille volte – la mia mente è come si fermasse e si ritirasse davanti l’immensità del loro messaggio.

Credo che non ci siano sotto le stelle parole più importanti, più ricche di senso, più piene di speranza, ma anche più enigmatiche. Dio parla di sé e si rivela come Verbo che ha creato il mondo, ma anche come la luce vera che illumina ogni uomo che viene nel mondo. Ogni uomo, dice chiaramente il Vangelo, è portatore, erede, custode della luce divina con la quale siamo stati creati dall’inizio. Siamo tutti fratelli in questa luce perché una sua particella è presente in ciascuno di noi, e grazie a questa goccia di luce ci troviamo in comunione con quell’oceano che è Dio, se lo vogliamo, se lo conosciamo o meno.

Non si tratta di una comunione solo spirituale, mistica, ma anche carnale, visibile, storica perché un giorno il Verbo è diventato carne, la luce è diventata vita, la vita è diventata Gesù, quel Verbo, quella luce, quella vita che portiamo dentro di noi e con noi. Da ventuno secoli celebriamo, contempliamo, cantiamo l’Incarnazione e scopriamo sempre cose che ci stupiscono nuovamente. «Tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste», vuol dire che tutto ciò che è venuto nel mondo fu tratto dal nulla dalla parola e noi possiamo sentire la sua eco in ogni cosa.

Ogni uomo è un’eco del Verbo, come anche l’universo intero. Tutto ciò che è rivestito della carne fatta da Dio partecipa alla sua Incarnazione.

Tutti noi facciamo parte della stessa famiglia; la rivelazione del libro della Genesi afferma che siamo stati creati a sua immagine e somiglianza: l’immagine e la somiglianza nel messaggio di san Giovanni si illuminano come luce, verbo, vita. Possiamo essere chiamati anche «figli di Dio» perché partecipiamo a queste sue manifestazioni, perché siamo teofori, seppure teofori che non si sono riconosciuti come tali oppure non si sono riconosciuti in Dio.

Dopo aver sentito questa notizia della Scrittura dobbiamo essere sicuri che abitiamo il giardino dell’Eden, nel luogo beato dove Dio ci ha messo dopo i giorni della creazione, addirittura in paradiso, dove Dio abita dappertutto. Non afferma il Vangelo proprio questo? Eppure non sperimentiamo nulla di simile, il nostro ambiente è pieno di guerre fredde o calde, il nostro mondo trabocca d’odio e a volte somiglia all’inferno. Tutti i giorni riceviamo le novità delle distruzioni, delle stragi della carne umana per cui il Verbo si fece carne. La vita nel mondo, così com’è, è catastrofica e così fu dall’inizio. Il Figlio di Dio è sceso sulla terra e si è incarnato nella Vergine Maria, nell’umanità che stava per fare la guerra proprio contro di Lui.

Sembra che il paradiso sia stato distrutto definitivamente dal peccato, questa è una semplice evidenza. Ma «la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta» – ecco il messaggio della speranza che abbiamo ricevuto. Sì, il paradiso che Dio ha creato è stato coperto dal sangue, dal fango nero e sporco, ma non completamente.

Il Regno di Dio si nasconde anche in questo mondo di assassini che vive nell’attesa, proclamata o segreta, della risurrezione.

Proprio quel prologo di san Giovanni si legge in tutte le chiese ortodosse nella notte pasquale. C’è un filo di luce che unisce il Natale alla Pasqua, En archè en ho logos, il logos del Regno che era in principio e sarà anche il nostro avvenire. L’avvenire è quel bambino presso il quale si riunirà nel giorno del Signore tutta la famiglia umana.


(immagine d’apertura: I. Jurčuk, «La luce splende nelle tenebre», part., facebook)