5 Giugno 2017

Il lavoro dell’arte

Vladimir Zelinskij

Sacerdote ortodosso (del Patriarcato di Mosca) è filosofo, teologo e traduttore. Dal 1991 vive in Italia, ha insegnato lingua e civiltà russa all’Università cattolica di Brescia e di Milano. Ha al suo attivo numerosi testi di teologia e spiritualità.

Qualsiasi frase può venire navigando fino a noi come un barcone molto carico, e anche se non lo vediamo per intero il carico, c’è, sta giù in basso, nella stiva. L’arte manda i suoi marò a tirarlo fuori sul ponte, a togliere dal buio, dal mutismo tutto quel ciarpame accumulato nella stiva; e toglie la polvere dalle ali delle farfalle, pulisce i vetri fuligginosi delle cose, così che diventino trasparenti. Gli oggetti verbali si mettono a scintillare, si fanno immagini.
Certo, l’immagine è l’invenzione di chi ha il talento e la forza di rendere gli oggetti lievi, ma grazie a questa levità essi si innalzano alla «superficie comunicativa», si risvegliano anche dentro di noi. Siamo tutti appesantiti da un «plancton» di immagini che per la maggior parte non si risveglierà mai, resterà adagiato sul fondo. O magari, chissà, tutto questo esploderà alle soglie della terra promessa, nel Regno dove non ci sarà tempo, né morte, né mio né tuo?
(Cercando il tuo Volto)