1 Marzo 2022
La menzogna è che la guerra sia necessaria
«Quando la menzogna verrà smascherata, la violenza apparirà in tutta la sua nudità ripugnante e il suo fascino malefico sarà infranto» (A. Solženicyn, Discorso del Nobel, 1970).
Non c’è menzogna più grande di quella da cui inizia la guerra. Perché la guerra presenta sempre le cose in modo che sembri che per qualcuno sia necessaria.
Ma appunto, è necessaria la guerra scatenata dalla Russia alla sua élite, quella che circonda il suo capo di Stato? Élite che non trae vantaggio dai contratti militari, che conserva i conti bancari e le ampie dimore in posti lontani e sicuri, ed è abituata a vivere a un livello di lusso che in Occidente nessuna élite oserebbe avere.
Ed è necessaria, la guerra, alla classe media, che non sa immaginarsi la vita senza viaggi all’estero? O ai poveracci, che sono molti milioni, e che saranno i primi a soffrire le conseguenze delle sanzioni imposte?
È necessaria, la guerra, all’esercito, il cui parere silenzioso è stato espresso recentemente dall’ex generale Ivašov; i generali sanno bene cos’è, la guerra.
«Se accendono le stelle, vuol dire che qualcuno ne ha bisogno», scriveva Majakovskij.
E se invece iniziano le guerre? Forse, oltre al Cremlino, incarnato in un solo individuo, è necessaria anche all’opinione pubblica patriottica, cioè ai fabbricanti di miti, ai costruttori e diffusori di menzogne. Sono loro che ne hanno bisogno.
C’è la menzogna semplice, e c’è la menzogna ideologica. La prima può essere smentita da un determinato fatto (anche se non sempre); la seconda non può essere smentita mai da nulla. Con essa è inutile discutere perché si trova fuori dalla sfera della verità, dei fatti, della logica. Tutte queste cose utili, se le crea da sé. Una certa visione del mondo sta combattendo questa guerra non soltanto per il territorio, ma per «liberare dal nazismo».
«Liberazione» è la parola chiave. Questa non è la menzogna semplice, a cui si può controbattere, questa è una menzogna fantasmagorica, che vortica e schiuma. Non parlatele di democrazia, elezioni, dibattiti; la democrazia degli altri è una marionetta americana, la nostra invece con il leader unico, e tutti i deputati e le TV che gli cantano in coro è quella vera, popolare, e al popolo non ne serve un’altra.
Se vogliono separarsi da noi, significa che dobbiamo liberarli da questo desiderio, curarli dalla russofobia di cui l’Occidente li ha contagiati; Occidente dove, come saprete, la russofobia si annida sotto ogni cespuglio. Da quanti anni vivo in Occidente, ho guardato sotto tutti cespugli ma non ho trovato ombra di russofobia (di antiamericanismo sì invece, e tanto).
La guerra, che ci crediate o no, si combatte essenzialmente per l’amore, perché ci amino, perché da cattivi mezzi-russi diventino buoni, nostri, addomesticati. Loro hanno bombardato il Donbass, e noi adesso bombarderemo tutto per risvegliare in loro la coscienza.
Qui non si deve cercare una logica umana. Qua dietro si agita il caos.
Ricordo l’Achmatova:
«Non si può vivere al Cremlino – ha ragione la guardia imperiale
Là brulicano ancora i germi delle atrocità antiche;
La paura ferina di Boris e la perfidia di tutti gli Ivan,
E l’arroganza dell’impostore invece dei diritti del popolo».
(Stanze, 1940)
Questi germi nel sottosuolo non si sono dispersi, producono anche oggi le loro ideologie. L’ideologia è la sostituzione della realtà, un suo surrogato, prodotto da una società che è capace di vedere unicamente il proprio riflesso. Che vive nel suo mondo in bianco e nero e i suoi confini sono sottochiave. Che trasforma il sentimento patriottico insito in ciascuno in una bestia che cerca chi divorare.
Che ha sempre bisogno di un nemico, malvagio, infido, mostruoso, perché riconosce in esso la propria proiezione. Il diavolo è bravo a racchiudere frammenti di verità in una grande bugia. «Perché quando dice il falso, parla del suo…» (Gv 8,44).
E scatena le sue guerre.
Abbi pietà, Signore, di tutti coloro che sono caduti in questa guerra.