17 Agosto 2023

Boris e Gleb e la teologia di Svjatopolk

Vladimir Zelinskij

Sacerdote ortodosso (del Patriarcato di Mosca) è filosofo, teologo e traduttore. Dal 1991 vive in Italia, ha insegnato lingua e civiltà russa all’Università cattolica di Brescia e di Milano. Ha al suo attivo numerosi testi di teologia e spiritualità.

In questi giorni la Chiesa ortodossa russa ha celebrato la memoria di Boris e Gleb, i primi
santi russi, che accettarono la passione per non spargere sangue fraterno.

Sullo sfondo dei nostri giorni, come non farne memoria?… La loro scelta fu davvero sconvolgente.

Ma io ricordo sempre anche il loro fratello maggiore Svjatopolk, che da 10 secoli si porta dietro il marchio di Maledetto. E non c’è modo di attenuarlo con sottigliezze storiche o di sbiancarlo con la scienza. Era Maledetto e tale resta.

Ma che cosa aveva di tanto maledetto? Non aveva forse fatto quello che avevano fatto prima di lui e avrebbero fatto in seguito, e di cui anche suo padre – poi divenuto santo alla pari degli apostoli – si era reso colpevole prima del Battesimo?
Eppure nessuno si è portato dietro una particolare marchio maledetto, tutti gli epiteti si sono persi nella sanguinosa bolgia delle guerre fratricide, dove baciare la croce e conficcare la spada nella schiena andavano quasi di pari passo.

E invece a Boris e Gleb successe una cosa diversa. Un raggio di luce celeste, divina all’improvviso cadde su uno degli innumerevoli delitti di «questo mondo» e attraverso la loro santità mise a nudo questo mondo. E proprio a Svjatopolk toccò, tra molti, sia pur meritatamente, di scontare la sua orrenda nudità.

Mi è tornato alla mente ieri, leggendo la giustificazione teologica dell’«Operazione militare speciale», e dalle prime righe mi è stato evidente che siamo davanti alla teologia di Svjatopolk.

L’autore è professore di importanti istituzioni ecclesiastiche, dottore di varie discipline scientifiche, e probabilmente l’ha scritto su richiesta dall’alto, ma sarebbe ingenuo e vano dubitare della sua personale sincerità. È la sincerità del sistema che in lui parla e filosofeggia, che sceglie le citazioni ad hoc, e costruisce tutto secondo una logica irresistibile. Non farà fatica a convincere quelli che vogliono crederci, che uccidendo qualcuno, sia pure dei bambini, l’importante è non usare mai in nessun caso questo verbo. Altrimenti verrai duramente bacchettato.
Non si deve mai menzionare la morte altrui, se non mascherata da amore di chi corre a dare la vita per il suo prossimo. Sotto la maschera però si sente gemere l’amore davvero ferito per l’impero/la Santa Rus’ perduto, mentre in superficie abbiamo la guerra con l’Occidente e tutto quel che volete…

Di sicuro anche Svjatopolk amava l’ambito potere, che era destinato a detenere. Ma  Svjatopolk non ha lasciato memorie. Altrimenti, avrebbe spiegato molto chiaramente perché la colpa in realtà era di questi suoi ostinati fratelli, Boris e Gleb, i preferiti del padre… Perché allora la situazione era così, e poi durante l’infanzia lo avevano pure offeso come figlio illegittimo. E avrebbe trovato dei pii sostenitori, perché no? Perfino oggigiorno.


(foto d’apertura: V. Šeremet’ev, Svjatopolk il Maledetto, part. – wikipedia)

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