23 Settembre 2022

L’umiltà luminosa di padre Nikolaj

Vladimir Zelinskij

Sacerdote ortodosso (del Patriarcato di Mosca) è filosofo, teologo e traduttore. Dal 1991 vive in Italia, ha insegnato lingua e civiltà russa all’Università cattolica di Brescia e di Milano. Ha al suo attivo numerosi testi di teologia e spiritualità.

Il 9 giugno 2020, alla vigilia del suo novantaduesimo compleanno, moriva padre Nikolaj Vedernikov.

Ricordo di averlo letto sul giornale, e il suo nome mi ha subito riempito di calore e gratitudine, oltre che ovviamente di tristezza. Tristezza non solo per la sua morte ma, a dire il vero, anche per me stesso, perché era forse dagli anni ’80 che non lo frequentavo più, anche se negli ultimi anni lui celebrava nella chiesa di San Giovanni il guerriero in via Jakimanka di fronte all’ambasciata francese, non molto distante dalla mia casa di Mosca.

Tutti i miei ricordi di padre Nikolaj risalgono agli anni ‘70, il periodo del mio inatteso e fondamentale incontro con la Chiesa, di cui lui allora fu sentinella e padre spirituale tra i primi, fors’anche il migliore. Aveva un’esperienza di fede penetrante e profonda, la capacità attenta ed eccezionalmente acuta di ascoltare l’altro, la disponibilità a dare tutto se stesso nella conversazione a quattr’occhi.

Vivere e amare sono un lavoro

Leggi la storia della famiglia Vedernikov nel volume “Insieme“.

Ricordo che nella sua casa, vicino alla fermata del metro Jugo-Zapadnaja, si svolgevano sempre gli incontri con il metropolita Antonij, a cui lo stesso padre Nikolaj somigliava molto nell’aspetto esteriore, ma non nel carisma. Padre Nikolaj univa in sé apertura e riservatezza, era equilibrato, di poche parole, uno di quelli che di solito vengono definiti introversi. Il suo nome non era famoso negli ambienti ecclesiastici, non si imponeva nelle discussioni, non si associava a questioni problematiche, non era circonfuso di particolare gloria, anche se, leggendo l’enciclopedia, ho saputo che era un compositore di musica sacra piuttosto fecondo, autore di due sinfonie.
Ma proprio quell’umiltà senza un carisma visibile, percepibile, che fa parlare di sé, era appunto il suo carisma che è sempre rimasto nascosto, e che proprio allora ho percepito con tanta chiarezza.

Lo stile delle biografie ortodosse è questo: si elencano tutte le chiese dove il defunto ha celebrato, tutti i canti da lui composti, tutte le (poche) onorificenze che ha ricevuto, e neanche una parola sulla sua famiglia. Invece, parlando di padre Nikolaj, ricordo che ha avuto tre figlie e che è stato forse il marito più innamorato che io abbia mai visto. Era come se irradiasse continuamente amore per sua moglie Nina: tutti percepivano questo, e sentivano che proprio la santità dell’amore, essendo parte integrante del suo sacerdozio, gli dava un particolare accento, lo portava persino dentro di sé. Quando matuška Nina, come tutti la chiamavano, è morta quindici anni fa, ho continuato a pensare come avrebbe potuto vivere senza di lei. Ma dopotutto l’amore non finisce con la morte.

Non starò a parlare della musicalità irripetibile – ma senza alcun affettato virtuosismo – delle sue liturgie: semplicemente non ne ricordo altre come le sue.

È stato uno degli incontri più luminosi della mia vita.

Tags: