3 Maggio 2016

Preghiera e tormento

Vladimir Zelinskij

Sacerdote ortodosso (del Patriarcato di Mosca) è filosofo, teologo e traduttore. Dal 1991 vive in Italia, ha insegnato lingua e civiltà russa all’Università cattolica di Brescia e di Milano. Ha al suo attivo numerosi testi di teologia e spiritualità.

«Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni», dice Gesù. «Predicate il Vangelo ad ogni creatura…». E create per esso una lingua speciale, alta, non quella in cui vivete, vi muovete, pensate, vi urtate, scambiate parole. Una lingua che sia quasi l’anticamera del Regno di Dio con i suoi significati e messaggi. Che importa se riuscite a cogliere ben pochi di questi significati, e se quelli che cogliete rimangono sempre a rispettosa distanza dai significati a voi familiari. La forma verbale veicola anche un suo contenuto, che più si distacca dal contenuto della vita più è pio e salvifico.

Ricordo il mio primo Giovedì Santo nel 1971, nella cattedrale di Riga, durò più di quattro ore; noi accendevamo candele, cadevamo in ginocchio e non capivamo quasi nulla. Tutto era misterioso, meraviglioso, soffuso di grazia, un tormento. Ma già allora mi colse un pensiero: se mai diventerò prete, non potrò sottoporre i miei parrocchiani a un simile tormento.
Perdonate, fratelli miei nel sacerdozio, ancora oggi non posso.