24 Agosto 2018

Cosa è avvenuto nel nostro spazio pubblico

Ol'ga Sedakova

Poetessa, scrittrice e traduttrice moscovita, è docente alla Facoltà di Filosofia dell’Università Statale Lomonosov. Erede della tradizione della grande cultura russa, la sua opera è tradotta in numerose lingue e ha ottenuto riconoscimenti, quali il premio Solov’ëv e il premio Solženicyn.

Tempo fa ho scritto un saggio, La mediocrità come pericolo sociale.
Mi sbagliavo. Il pericolo è un altro. Quello che si presenta sulla nostra scena storica non è neanche più la mediocrità ma qualcosa che sta molto più in basso. La mediocrità è la protagonista del totalitarismo «canonico». Quello, cioè, che giustifica la propria violenza con le «idee» globali, e che rispetta una certa etichetta.
La mediocrità non auspica l’arroganza spropositata e impudente, né la stupidità ostentata.

Quello che si fa sentire ora nel nostro spazio pubblico non è la mediocrità ma qualcosa di talmente infimo – sul piano culturale, psicologico, storico, linguistico – che di rado si è visto qualcosa di simile alla luce del sole. È venuto fuori strisciando dalle profondità telluriche. E si presenta davanti a tutti così com’è. Senza imbarazzo. Perché mai dovrebbe fingere? Denudiamoci come nel racconto Bobok [una novella di Dostoevskij – ndr].
Parlare con la mediocrità è difficile. Ma con questa feccia è semplicemente insensato. Questa feccia per sua natura odia la lingua e volentieri si accontenterebbe di latrare o ringhiare. E lo fa, in forma verbale. Della lingua intera sceglie ciò che più assomiglia alla violenza fisica, ossia l’insulto. Le altre parole le usa solo «per dovere d’ufficio».

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Riguardo alla famosa triade «arroganza, prepotenza, forza» di cui tanto si parla come della nostra idea nazionale, gli equivoci nascono laddove si interpreta quest’«idea» come la summa delle caratteristiche del popolo. In realtà si tratta di altro. È una sorta di progetto ideologico, vincolante per tutti, che ha preso il posto della vecchia «idea di classe».
Fra l’altro, un progetto che viene attivamente messo in pratica.
Anche i fautori di questo progetto amano la parola «forza», non li offende affatto. Il concetto di forza che hanno è mostruoso, ma le parole «forza», «forte» in quanto tali restano altamente lodevoli.

Invece le parole «prepotenza» e «arroganza» loro non le userebbero mai. Probabilmente non si rendono conto che è esattamente questo il loro stile. Questo è il messaggio che trasmettono coi bambini nelle carrozzine a forma di carro armato, o quando affermano che gli altri sono tutti nemici, e subumani, che noi «gliela faremo vedere», e che «possiamo farlo ancora», eccetera. Che si può – e anzi è meritorio – reagire con qualsiasi mezzo, e così via.
Questa la loro pedagogia.