30 Settembre 2016
L’arte contemporanea non è quel che crediamo
Ol'ga Sedakova
Poetessa, scrittrice e traduttrice moscovita, è docente alla Facoltà di Filosofia dell’Università Statale Lomonosov. Erede della tradizione della grande cultura russa, la sua opera è tradotta in numerose lingue e ha ottenuto riconoscimenti, quali il premio Solov’ëv e il premio Solženicyn.
L’arte è «diagnostica», anche se non è questo il suo unico compito.
Noi possiamo immaginarci un periodo in base alle opere d’arte non perché l’arte studi il suo tempo, ma perché semplicemente ne registra quasi involontariamente i ritmi, agendo come un sensibilissimo rilevatore. Anche l’arte mediocre svolge questa «registrazione del tempo». Ma la grande arte ha un rapporto più complesso con il «suo tempo». Risponde alle sue recondite profondità, a ciò che nasconde di realmente nuovo come opportunità speciale, inedita, come ciò che tende al futuro. Ma avviene così solo se l’artista è autonomo, e soprattutto se è indipendente da ciò che il benpensante chiama «il nostro tempo», di cui millanta di sapere tutto.
Come diceva Sergej Averincev, al tempo non servono quelli che gli dicono sempre di sì, ma «interlocutori completamente diversi». Fate attenzione: non polemisti, interlocutori. Mi sembra uno spiacevole equivoco la massima corrente secondo cui «la verità si trova discutendo». Di solito discutendo non si arriva a niente del genere.
La verità nasce in un altro luogo. Gli artisti indipendenti sono sempre merce rara. Per le più svariate ragioni, molti di quelli che scelgono l’arte come proprio campo d’azione sono sempre consenzienti col tempo, cioè vanno a rimorchio di ciò che considerano più richiesto e «attuale», dello stile mediatico del presente. In questo senso, a mio parere, la cosa meno indipendente di tutte è quello che chiamano «arte attuale».
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