20 Maggio 2020

Incontrare un santo

Ol'ga Sedakova

Poetessa, scrittrice e traduttrice moscovita, è docente alla Facoltà di Filosofia dell’Università Statale Lomonosov. Erede della tradizione della grande cultura russa, la sua opera è tradotta in numerose lingue e ha ottenuto riconoscimenti, quali il premio Solov’ëv e il premio Solženicyn.

Ho avuto la fortuna di incontrarmi varie volte, e a lungo con Giovanni Paolo II.
Erano gli «incontri di Solov’ëv» che tenne annualmente nei suoi appartamenti tra il 1996 e il 1999. Dopo ogni incontro mi restava a lungo la sensazione di essere stata al centro del mondo, forse al cuore del mondo, e che questo cuore era cristiano. Tutto il resto al confronto appariva provincia.

Un grande papa, dicevano di lui in vita. Con le parole «Santo subito!» lo hanno accompagnato alla sepoltura. Non ho mai più visto in nessuno quell’atteggiamento verso la persona che in lui era limpido come il giorno.

In una poesia di Karol Wojtyła il Figlio dice al Padre:

«lascio il Tuo sguardo pieno di un immenso fulgore,
scelgo gli occhi degli uomini
colmi di un bagliore di grano».

È probabile che lui vedesse in tutti quelli che incontrava proprio questo bagliore che gli era caro. Era come se si aspettasse seriamente qualcosa da chi incontrava, e lo salutava sempre con riconoscenza. Così, penso, è lo sguardo della santità.
Ti senti visto fino in fondo e questo non spaventa come ci si potrebbe aspettare (non a caso l’uomo evita di lasciarsi vedere e si nasconde dallo sguardo onniveggente, come fece Adamo), ma al contrario ti incoraggia infinitamente.

A quanto pare là, nel profondo di noi vede qualcosa che si può amare, che è «cosa molto buona» e che noi stessi difficilmente ci immaginiamo. È una cosa che sorprende. «Non aver paura di te stesso! Non avere paura di nulla!», dice questo sguardo. Com’è noto, fu proprio con l’appello «Non abbiate paura!» che Giovanni Paolo II iniziò il suo lungo pontificato.

Speranza e coraggio sono probabilmente le parole principali che rivolse a un mondo che lui vedeva come la «civiltà della paura», la «civiltà della disperazione». «Non abbiate paura!», con queste parole nel Vangelo si annunciano gli angeli. In questo senso il santo è un messaggero. Viene a portare la buona novella. La comunica più che a parole con se stesso, perché lui è appunto «la nostra lettera» al mondo, come dice san Paolo.

Accanto al santo noi ci sentiamo al centro del mondo, come ho detto, ed è un sentimento sorprendente: è la percezione che tutto è salvato e niente si perde. Che tutti e tutto sono insieme. L’unità è un’altra delle parole principali di Giovanni Paolo II: l’unità cristiana e l’unità del genere umano.

Lui amava la Russia, la cultura russa, l’ortodossia e sperava che saremmo stati insieme. «Prego ogni giorno per la Russia», mi disse al primo incontro. E per me era penoso e imbarazzante che in Russia non lo capissero.
Grazie a lui ho visto cosa sia la disponibilità ad amare senza limite alcuno.