24 Marzo 2016

Venerdì Santo, la nostra vittoria è evidente

Tat'jana Krasnova

Docente presso la facoltà di Giornalismo dell’Università Statale di Mosca Lomonosov, coordinatrice dell’Istituto di beneficenza per bambini “Una busta per Dio“.

Nel monastero delle Carmelitane all’estremo confine di Venezia sta morendo la mia suor Eliana. Una forma di cancro fulminante che i medici non sono riusciti a debellare, e ora non si può fare più nulla se non pregare… Eliana non vuole essere compianta. Ha più di settant’anni, ha trascorso tutta la vita sotto quel lembo di cielo veneziano, ai confini col mare, fra quelle mura dove ormai da venticinque anni porto tutte le mie sconfitte e le mie vittorie, il mio dolore e le mie gioie.
È pronta a incontrare Colui che ha amato e a cui ha affidato tutta la vita. Credo senza ombra di dubbio che Lui accoglierà Eliana come una figlia amata. Ci credo, ma non posso fare a meno di piangere, la mia fede è piccola e debole. Non sono capace di affidarmi come le mie suore: serenamente e senza riserve.
Così, chiudendo gli occhi, si lascia cadere supino fra le braccia degli amici il paziente che lo psicologo cerca di guarire dal panico e dalla diffidenza. Così un bambino avanza sul ghiaccio più scivoloso seguendo la mano tesa del papà: «Non aver paura, ti tengo io!».
Io è tutta la vita che lavoro, faccio progetti, «tengo sotto controllo la situazione» e «guardo le cose con realismo».
Eliana, mi sembra, tutta la vita ha riso.

Quando è entrata in monastero era una bella ragazza, ed è rimasta bellissima fino agli ultimi giorni. Aveva un incredibile talento musicale, e durante le nostre messe abbiamo sempre cantato accompagnate all’organo suonato da lei. Adorava i fiori, e fra poco il suo giardinetto fiorirà al vivo sole di primavera. Era allegra, molto felice, e la regola di uno degli ordini monastici più rigorosi non le ha impedito, anzi l’ha aiutata, ad essere così.

Ora la mia Chiesa sta vivendo la Settimana Santa, il tempo in cui vita e morte si incontrano in un unico punto: presso la croce del Golgota. La morte è impegnata a preparare i suoi strumenti, che ben poco sono cambiati da duemila anni a questa parte. Opera della morte è uccidere, mutilare, seminare terrore e togliere la speranza, non importa dove. In guerra, in una corsia d’ospedale, su una pista di decollo. In Israele sempre in guerra e nella pacifica Bruxelles. A Mosca, Parigi, Gerusalemme…

La vita, come al solito, ama, soffre, piange, ha paura, chiede che passi questo calice, crede e… continua a vivere. Abbiamo paura, siamo solo esseri umani, abbiamo davvero poca fede. Ma io e la mia suor Eliana sappiamo un segreto. Passerà qualche giorno, e a noi, schiacciati dall’«inevitabile» vittoria del male, a noi, piccoli e uccisi dalla disperazione, l’Angelo dirà: «Perché cercate fra i morti Colui che è vivo? Non è qui».
La nostra situazione è senza via d’uscita.
La nostra vittoria è evidente.