19 Novembre 2020

Qui si parla di persone, non di geopolitica

Tat'jana Krasnova

Docente presso la facoltà di Giornalismo dell’Università Statale di Mosca Lomonosov, coordinatrice dell’Istituto di beneficenza per bambini “Una busta per Dio“.

Guardate questa vecchia fotografia: c’è la nostra amica Natal’ja Klykova che abbraccia Anželika, che ha accanto i suoi genitori, Svetlana e Aršavir.

Pochi giorni dopo aver fatto questa foto abbiamo abbattuto un muro con la testa, siamo riusciti a raccogliere una somma inverosimile per mandare in Israele Anželika col suo tumore incurabile. Un gesto disperato. Aveva un cancro raro e incredibilmente maligno. Come ne capita uno ogni cento anni.

E abbiamo perso la battaglia. Anželika è morta. Però suo padre, un semplice poliziotto armeno di Stepanakert, è rimasto convinto che la sua bambina sia stata curata dai migliori medici del mondo.

E questo non è poco…

Lo ha aiutato a vivere e a crescere il figlio minore.

Questo papà mi telefonava a tutte le feste e mi invitava a casa sua.
Voleva farmi vedere l’Artsakh, ossia il Nagorno Karabakh. Ossia i monasteri armeni medievali di un territorio che «originariamente apparteneva»…

Stop, stop. Non devo continuare.
Perdonatemi ed abbiate pietà.

In breve: ora non stanno più a casa loro, se ne sono andati da Stepanakert. Adesso sono dei profughi. Il fratellino di Anželika, ormai cresciuto, è rimasto ferito. Dicono schegge di granata, le braccia hanno subito gravi danni. Speriamo che domani riescano ad arrivare a Erevan, all’ospedale.

È importante che capiate una cosa: se Aršavir chiede aiuto, è perché è proprio allo stremo.

Io e Irina Vajserberg abbiamo grattato il fondo del barile e abbiamo inviato al nostro volontario a Erevan tutti i soldi rimasti per aiutarli a sistemarsi, almeno temporaneamente.
Ve lo dico onestamente, speravo di non arrivare a vedere tutto questo…

Cari amici c’è bisogno di aiuto. Grazie se farete girare questo post. E grazie se non farete commenti su chi ha diritto al Karabakh.
Potrei non reggere…