2 Marzo 2016

I chioschi demoliti e il falso patriottismo

Tat'jana Krasnova

Docente presso la facoltà di Giornalismo dell’Università Statale di Mosca Lomonosov, coordinatrice dell’Istituto di beneficenza per bambini “Una busta per Dio“.

Vogliamo continuare a parlare di patriottismo?
All’inizio degli anni Duemila vicino a casa mia hanno costruito un centro commerciale Ramstore. Uno dei primi di Mosca. Era un edificio modesto (per gli standard odierni) di due piani: al piano inferiore vendevano gli alimentari, mentre al primo piano c’era una decina di piccoli negozietti di scarpe, rossetti e cose simili.
Uno di questi negozietti vendeva bottoni, fili per ricamo, lana e ferri da maglia. Dietro al banco stava seduta una rassicurante signora di una certa età, con in mano un telaio da ricamo. Ricamava il cielo con le nuvole, lo stagno con i cigni, i fiori, le farfalle. Inoltre la signora dava a tutti quelli che si fermavano dei consigli su quante matassine occorrevano per ricamare un gilet, quali bottoni andavano bene con quel cappotto e quali invece non ci andavano per niente.
Mi piaceva andare da quella signora, osservare il canovaccio e i fili colorati, ammirare i cigni e lamentarmi del brutto tempo.
Sempre poco lontano da casa mia c’era un fruttivendolo.
Ci lavorava un’allegra moldava, Katja, e il suo aiutante, un ragazzo uzbeko silenzioso, mi portava sempre fino alla macchina i pesanti sacchetti di patate e cipolle. Con Katja parlavamo dei nostri figli, delle loro difficoltà a scuola, e ancora sempre del brutto tempo.
Ora tenterò di spiegare perché mi è dispiaciuto così tanto che abbiano demolito il Ramstore, e quindi sia sparita nel nulla la signora con i cigni ricamati, e che abbiano distrutto con i bulldozer il chiosco dove mi sorrideva sempre Katja.
Mi scuserete se lo faccio in modo un po’ brusco.
State dicendo una bugia bella e buona se parlate di amor di patria e al tempo stesso ve ne fregate di dove giocano i vostri bambini e quelli degli altri; se per voi è indifferente quali cigni ricami la vostra vicina e come stia Katja che vi vende i mandarini. Non riuscirete mai ad amare il Paese, il Popolo, la Galassia se non amerete loro. Se non prenderete l’abitudine la mattina di bere il caffè nel barettino vicino alla stazione. Se per trent’anni di fila non comprerete il pane dalla fornaia che si alza alle cinque di mattina per far sì che voi, usciti alle sei in una fredda e umida mattina invernale, possiate sentire il profumo di dolci che proviene dalle sue vetrine.
Non ingannerete nessuno con la vostra falsa grandezza, se non apprezzate e non amate il piccolo. Se non vi è cara la vita semplice, onesta, tranquilla, piena di lavoro e di rispetto per sé e per il luogo in cui vivete.
Non tratterrete nelle vostre mani nessuna Vittoria, neanche la più grande, se non imparerete ad apprezzare la normale e bellissima vita quotidiana. Piena di abitudini e affetti umani, con i quali, come con dei mattoncini, si costruisce l’amore per le grandi cose e le idee grandiose. Solo in questo modo e non altrimenti, credetemi.
Ecco perché oggi mi sono quasi messa a piangere leggendo dei chioschi di Mosca demoliti in una notte.
Sono sicura che molti di loro fossero in cattivo stato e non troppo belli. Ma questo poteva significare solo una cosa: questi chioschi, che davano da mangiare a centinaia e migliaia di persone, dovevano essere migliorati e abbelliti. È una logica molto semplice. Se vi fa male un dente, ve lo curano, non vi tagliano la testa. E se fossero riusciti a migliorarli e abbellirli, pian piano si sarebbero potuti trasformare nelle stesse straordinarie panetterie in cui si preparano i krapfen secondo una ricetta antica di cent’anni, o nelle farmacie in cui si vedono sugli scaffali i bilancini di ottone del bisnonno.
Proprio queste cose fanno sì che valga la pena vivere. Proprio a questa vita si attacca con le proprie radici l’uomo. Proprio in questo modo crescono dei bambini sani, intelligenti e che amano lavorare.
Vogliamo continuare a parlarne?

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