4 Febbraio 2019

«Nostalgia della cultura mondiale»: le letture di Osip Mandel’štam

Giovanna Parravicini

Nel dicembre 1938 il mondo perdeva uno dei suoi maggiori poeti, e non lo sapeva. In un lager dell’Estremo oriente sovietico moriva Osip Mandel’štam. Della sua memoria, sopravvissuta a stento, siamo debitori alla moglie Nadežda. Un patrimonio tutto da scoprire.

Il 12 ottobre 1938 il lager di smistamento Vladperpunkt, a pochi chilometri da Vladivostok, inghiottiva nei suoi cancelli uno dei tanti convogli di detenuti – settecento uomini destinati in gran parte ai campi della Kolyma. Tra essi c’era il poeta Osip Mandel’štam, che solo poche settimane dopo, il 27 dicembre, vi avrebbe trovato la morte. I suoi caustici versi su Stalin, ma più ancora la sua sete di «aria rubata», come definiva la poesia «non autorizzata», ovvero la parola libera, autentica – gli erano valsi una condanna a 5 anni di lager che scontò solo in piccola parte, travolto ben presto dagli ingranaggi del «tritacarne». I racconti dei sopravvissuti parlano di un uomo ridotto all’ombra di se stesso, in preda alla follia, che preferiva la fame piuttosto che accettare la razione statale perché ossessionato dall’idea di essere avvelenato, e in cambio di un boccone di pane si offriva di recitare ai suoi compagni i propri versi, venendone in genere respinto e deriso…

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Giovanna Parravicini

Ricercatrice della Fondazione Russia Cristiana. Specialista di storia della Chiesa in Russia nel XX secolo e di storia dell’arte bizantina e russa. A Mosca ha collaborato per anni con la Nunziatura Apostolica; attualmente è Consigliere dell’Ordine di Malta e lavora presso il Centro Culturale Pokrovskie Vorota. Dal 2009 è Consultore del Pontificio Consiglio per la Cultura.

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