2 Dicembre 2016

Non bisogna avere paura

Nijolė Sadūnaitė

Le grandi figure del dissenso conservano ancor oggi tutto il loro fascino e la loro verità. Al CMC di Milano, il 16 novembre scorso, è intervenuta Nijolė Sadūnaitė, protagonista della resistenza cattolica in Lituania.

Durante la serata sono stati presentati il libro e il docufilm che ricostruiscono la sua storia e l’epopea di una Chiesa e di un popolo indomabili. Proponiamo alcuni passaggi della testimonianza di Nijolė alla serata e un breve stralcio dal saggio di G.Parravicini Il canto di un popolo.

Come ho riconosciuto la misericordia di Dio nella mia vita? Il Signore è stato misericordioso non solo con me, fa così con tutti. Il Signore mi ha dato dei genitori molto buoni, che mi hanno sempre educato ad amare Lui e il prossimo. Il loro esempio è stato per me la migliore lezione su come amare il prossimo che è povero, che ha fame. Da noi si dice che con le parole puoi insegnare ma è solo l’esempio che può attrarre: loro, con cui ho condiviso la vita, mi hanno lasciato proprio questo esempio. Il dono più grande del Signore è stata la fede dei miei genitori che, come tanti intellettuali di quell’epoca, erano credenti e per questo sono stati inseriti nelle liste di deportazione. Ma proprio le persone povere e affamate di cui si prendevano cura li hanno avvertiti che quella notte alle 3 ci avrebbero arrestato per deportarci, e che quindi dovevamo fuggire. Allora mio padre ha lasciato il lavoro e ci siamo trasferiti in un’altra zona della Lituania, a circa duecento chilometri di distanza, come sapete la Lituania è piccola. Siamo andati ad abitare in un posto completamente diverso, mio padre si è fatto assumere come agronomo e tutte le domeniche andava a messa, mentre gli altri avevano paura di farlo.
Per dieci anni i lituani hanno combattuto apertamente contro il regime, gli anni tra il 1945 e il 1947 sono stati davvero anni di grande terrore per il paese, perché sono morti circa 23mila giovani partigiani. I loro cadaveri venivano esposti nelle piazze dei villaggi, e i poliziotti sovietici stavano a vedere come reagiva la gente che passava di lì. Perché se qualcuno mostrava compassione per quei corpi, veniva subito convocato per un colloquio e magari poteva anche essere deportato. I peggiori nemici erano coloro che amavano Dio e il proprio popolo, quindi, per dieci anni, le famiglie, gli amici di questi giovani partigiani, sono stati deportati anch’essi… Trascorsi questi dieci anni di grande terrore, è cominciato un periodo, per così dire, di silenzio. Entrambi gli occupanti, sia i nazisti che i sovietici, vedevano il peggior nemico nella religione, in particolar modo nella fede cattolica. Per «propaganda religiosa», come dare a qualcuno una Bibbia da leggere, si veniva condannati a due anni di prigione. Sono stati chiusi tutti i seminari e i monasteri. Solo un seminario, a Kaunas, è rimasto aperto, per far vedere all’estero che c’era la libertà di fede, di pensiero, e che le chiese chiudevano solo perché la gente non le frequentava: nessuno andava in chiesa e quindi non ce n’era più bisogno.
Era il periodo in cui un prete su tre veniva arrestato; tutti i vescovi, tranne uno, erano stati arrestati, e per entrare in seminario si doveva passare una selezione fatta dal KGB, che sceglieva i ragazzi più deboli per poterli convincere a collaborare con loro. (…) Venivano ammessi al seminario cinque seminaristi l’anno, mentre i preti che dopo la deportazione tornavano in Lituania morivano perché la loro salute ormai era distrutta; ne morivano circa venti o trenta all’anno, e in breve tempo hanno iniziato a mancare i sacerdoti. Allora il Signore ci ha fatto venire in mente di fondare un seminario clandestino, dove venivano a studiare i ragazzi migliori, i più coraggiosi, che poi venivano ordinati sacerdoti clandestinamente dai vescovi e andavano nei paesi più piccoli, dove però c’erano dei parroci coraggiosi che permettevano loro di lavorare. In quel periodo c’erano due vescovi, ma anche loro erano stati arrestati, perciò non potevano svolgere il loro ministero; ciononostante, c’erano anche tanti nuovi preti clandestini, allora gli agenti del KGB hanno avvicinato uno di questi vescovi dicendogli che i nuovi preti non avevano frequentato il seminario, e bisognava farli smettere di lavorare. Il vescovo aveva risposto: «Non so bene come comportarmi con questo seminario clandestino, perché, guarda caso, anche Giovanni Paolo II ha frequentato un seminario clandestino in Polonia, e questo non gli ha impedito di svolgere l’umile servizio di papa». A quel punto, gli agenti del KGB lo avevano lasciato in pace, però, dopo questa conversazione, il numero di giovani ammessi al seminario è stato aumentato.

Alcuni numeri della rivista clandestina «Cronaca della Chiesa cattolica in Lituania».

Ogni opera che facevamo ha portato comunque il suo frutto, quindi non bisogna aver paura di lottare contro l’ingiustizia. Nel 1972 ci era venuta l’idea di iniziare a pubblicare la «Cronaca della Chiesa cattolica in Lituania», per documentare le menzogne dell’ateismo, perché si diceva che tutti sono uguali, che tutti hanno gli stessi diritti, mentre di fatto venivamo perseguitati, e magari qualcuno perdeva il lavoro perché andava in chiesa, o perché era battezzato. Insomma erano in atto molte repressioni e intimidazioni per allontanarci dalla fede. Siccome venivamo sempre perseguitati, sapevamo che dopo l’uscita di due o tre numeri della rivista saremmo stati arrestati e tutto sarebbe finito. Tuttavia, abbiamo deciso di farlo lo stesso: la «Cronaca» conteneva i fatti nudi e crudi, ad esempio scrivevamo che in una certa scuola era successo il tal fatto, indicando nome e cognome delle persone coinvolte e la data; o che in una certa parrocchia era successo un altro fatto; non scrivevamo commenti, solo i puri fatti che comunque parlavano da sé.
Qui la Misericordia di Dio è veramente entrata in azione, perché questa rivista è riuscita ad uscire ogni due mesi per ben diciotto anni, ed è arrivata anche fuori dall’Unione Sovietica: in Europa, in America; è stata trasmessa anche per radio, ad esempio da Radio Vaticana; insomma il nostro lavoro ha portato frutti. La cosa più importante era che la verità su quello che succedeva in Lituania si risapesse anche all’estero. Mentre di regola all’estero ci potevano andare solo le persone che davano false informazioni sulla libertà religiosa affermando: «Certo che possiamo andare in chiesa, ma non ne abbiamo più bisogno».
Certo, ogni lotta esige le proprie vittime, ed è successo anche a noi: di vittime ce ne sono state. Il KGB ha costituito una rete di informatori appunto per arrestare tutti i redattori della «Cronaca». Il loro metodo principale era cercare di spaventare le persone per allontanarle. L’arresto era il primo metodo, poi c’era anche la deportazione. Inoltre sono stati simulati degli incidenti stradali per eliminare alcune persone, delle squadracce di teppisti ne hanno uccise altre. Un’altra cosa di cui avevamo molta paura, era venire rinchiusi negli ospedali psichiatrici, dove si cercava di «guarirci» dalla fede.
C’è un episodio che per me è un grande esempio di come il Signore viene in aiuto dei più deboli. Avevano programmato di arrestare il capo redattore di «Cronaca», che in quel periodo era padre Tamkevičius, ora vescovo in Lituania. Allora era parroco di un piccolo villaggio, e gli agenti del KGB hanno fermato delle ragazze di 14-16 anni che frequentavano la chiesa, le hanno portate una ad una alla sede della polizia per costringerle a firmare un documento in cui sostenevano che il parroco dava loro delle informazioni antisovietiche. Ma le ragazze non hanno firmato, allora gli agenti hanno cercato di spaventarle: «Adesso vi mettiamo per quindici anni in una prigione dove ci sono tanti ratti affamati, e quando i ratti avranno assaggiato le vostre ossa, vedrete che imparerete a firmare». Le ragazze comunque non hanno firmato, ed erano lì da sole, senza i genitori, senza gli insegnanti. Noi adulti avevamo paura della prigione, delle torture, mentre loro sono state decise nel rifiutarsi di firmare quei documenti.

A Bogučany, in Siberia, nel 1979 durante l’esilio.

(…) Oggi che la Lituania è libera da 26 anni, ed è una repubblica democratica, è in corso un dialogo con gli ex agenti del KGB. Noi abbiamo chiesto loro di ammettere che sono stati usati metodi illegali, ma loro negano di aver utilizzato droghe, sostanze radioattive, torture. Negano tutto questo e affermano di avere agito secondo la legge dell’epoca. Anche i nazisti agivano in base alle leggi in vigore al tempo, però poi sono stati condannati, ci sono stati dei processi. Io non voglio che quelle persone adesso vadano in prigione, voglio solo che ammettano la verità su quello che ci è stato fatto.
Ho una richiesta: stasera tutti noi che siamo qui diciamo un’Ave Maria per le persone che non riconoscono il male che hanno fatto, perché senza la penitenza la porta del paradiso resta chiusa per loro, mentre io vorrei che tutti quanti potessimo incontrarci in paradiso. Proprio oggi in Lituania si celebra la festa di Maria Madre di Misericordia, a Vilnius c’è un’immagine miracolosa con questo nome, di cui oggi ricorre la festa.

Domanda: Con tutto quello che ha vissuto e ha sofferto, non è mai stata tentata di odiare o di avere rancore per quelli che vi hanno fatto tanto male e che ancora oggi non riconoscono il male che hanno commesso?
Sadūnaitė: Quelle persone sono molto infelici e mi fanno veramente compassione. Proprio per loro Gesù si è incarnato ed è morto. E se il Signore le ama tanto, chi sono io per odiarle? Dobbiamo combattere il male, ma le persone dobbiamo aiutarle.

D.: le è capitato qualche volta di avere la grazia di sentire qualcuno dei persecutori, degli aguzzini riconoscere il male fatto, chiedere perdono o comunque mostrare di aver capito il male che aveva commesso?
Sadūnaitė: Mi è successo quand’ero in Siberia: c’erano due poliziotti ucraini che sono stati veramente molto buoni con me. Credo che in fondo anche loro stessero soffrendo per la tragedia del proprio paese, perché in Ucraina si sono verificati degli orrori ben peggiori che da noi. Invece tanti lituani che hanno collaborato con il KGB non riconoscono le proprie responsabilità. Anzi, proprio ieri ho ricevuto una lettera in cui scrivevano che li sto calunniando. D’altro canto, neppure gli agenti del KGB sono liberi di agire perché hanno a loro volta paura; infatti, ascoltando il telegiornale russo ho sentito dire: «Non esiste un ex agente del KGB, perché, o ci lavora ancora, o è morto». Ma siccome niente è impossibile al Signore, dobbiamo chiedere per quelle persone che, almeno nell’ultima ora di vita possano convertirsi, possano, come il buon ladrone, andare in paradiso almeno per quell’ultimo istante in cui si sono ravvedute. E allora saremo grati, tutti noi e i nostri fratelli del KGB, ringrazieremo il Signore per la Sua misericordia.

APPROFONDIMENTI
• Leggi dal saggio di G.Parravicini Il canto di un popolo (pdf)
• Acquista il libro Il cielo nel lager, a cura di G. Parravicini e P.I. Orlandi, con un docufilm di R. Denaro – coedizione Itaca-La Casa di Matriona
• Ascolta la registrazione integrale dell’incontro al Centro Culturale di Milano, il 16 novembre 2016:

Nijolė Sadūnaitė

Religiosa lituana, redattrice della rivista samizdat Cronaca della Chiesa cattolica in Lituania, condannata nel 1974 a 3 anni di lager e 3 di confino.

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