15 Luglio 2019

I cechi in piazza. Macek: «La democrazia non è una cosa scontata»

Angelo Bonaguro

A quasi 30 anni dalla «rivoluzione di velluto» del novembre ’89, in Repubblica ceca si sono svolte diverse manifestazioni antigovernative che hanno raccolto in piazza decine di migliaia di persone.

È già da un paio d’anni che un gruppetto di cittadini, perlopiù giovani, si sono mossi pubblicamente chiedendo al premier Andrej Babiš (1954) di fare chiarezza sul suo passato di informatore della polizia politica comunista, e soprattutto sull’intricata vicenda dell’utilizzo fraudolento di fondi europei a proprio vantaggio, nonché del relativo conflitto d’interesse una volta acquisite cariche pubbliche.
Fondatore e leader del partito ANO (acronimo di «Azione dei cittadini insoddisfatti», ma significa anche «sì» in ceco), che si prefigge proprio di combattere la corruzione, Babiš controlla anche alcuni media ed è a capo di un governo di minoranza che per la prima volta dall’89 deve necessariamente appoggiarsi al Partito comunista per sopravvivere, oltre ad essere spalleggiato dal presidente Zeman. Una situazione che a molti cechi ha fatto perdere la pazienza.

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Angelo Bonaguro

È ricercatore presso la Fondazione Russia Cristiana, dove si occupa in modo particolare della storia del dissenso dei paesi centro-europei.

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