22 Febbraio 2023

Russia-Ucraina: un anno che ci ha cambiato • 1

Redazione

Un anno di guerra, la più inimmaginabile e sconvolgente delle guerre, violentissima, nel cuore dell’Europa. Dal 24 febbraio 2022 il mondo è cambiato. Come siamo cambiati noi? Lo abbiamo chiesto ad alcuni testimoni. Oggi cominciamo con due italiani, padre Mauro Lepori e Mario Mauro; un bielorusso, Dmitrij Strocev e una russa, Elena Žemkova.

Come sempre accade, l’urto iniziale prodotto dall’invasione si è smorzato nel corso delle settimane e dei mesi; anche con la guerra riusciamo quasi a convivere, purché non ci inquieti troppo. Noi vogliamo invece tenere viva questa inquietudine che ci obbliga a porci delle domande. Per questo abbiamo ritenuto importante chiedere ad alcuni osservatori qualificati di iniziare almeno a tracciare un primo bilancio di un’esperienza unica, che dovrebbe toccare individualmente ciascuno di noi.

Bisogna che il cuore sanguini

P. Mauro-Giuseppe Lepori
Italia

LeporiIl 24 febbraio del 2022 ero in Brasile. Tornando ho trovato un’Europa profondamente cambiata rispetto a quella che avevo lasciato poche settimane prima. Cos’era successo di diverso da tante altre guerre e tragedie che costantemente feriscono l’umanità? È come se questa guerra ci colpisse tutti personalmente. Non basta e non serve più fare analisi geopolitiche. Questa guerra ci svela con cruda chiarezza il vero volto dell’odio, quello di essere, prima che il combattimento fra nemici, una lotta fra fratelli.

Questa guerra fa emergere dalla notte dei tempi la primissima «guerra mondiale», quando fra gli unici due fratelli esistenti sulla terra si è verificato il primo atto del cuore e della mano che ha fatto bere alla terra il sangue umano. E la terra, come una madre inorridita, ha gridato di dolore. «La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!» (Gen 4,10), disse Dio a Caino. Dio sa che Caino non può riparare il male che ha fatto, ma gli fa sentire «la voce del sangue» di suo fratello.

Da un anno ogni giorno mi chiedo:

ascolto questo grido che sale dal sangue dei miei fratelli su tutti i fronti di questa guerra e di tutte le guerre? Lo ascolto come Dio? Lo ascolto trasmessomi da Dio, come l’ultimo grido del Crocifisso? Ne faccio eco al Caino che è in me, perché anche quello che sta uccidendo Abele in Ucraina ne possa sentire nel cuore la voce, che non chiede vendetta ma amore?


Voglio ricreare la vita

Elena Žemkova
Russia (ora a Berlino)

ZemkovaÈ chiaro che un anno come questo non può non cambiarti. Non c’è nessuno che possa dire di non essere cambiato. Per me sono cambiate innanzitutto le circostanze esterne della vita, radicalmente cambiate. Le circostanze esterne pesano moltissimo ad esempio su quello che uno ritiene importante, su cosa si focalizza. La mia situazione esterna è cambiata radicalmente anche perché quest’anno hanno tolto la sede a Memorial e in pratica hanno chiuso l’attività. E questo è sicuramente legato alla guerra.

Anch’io, come molti altri, mi dicevo: «È impossibile!». Impossibile nel XXI secolo, un’epoca piena di mirabolanti progressi nella medicina, nel modo di comunicare che permette di parlarsi e di vedersi a migliaia di chilometri di distanza. Quello di oggi è un mondo dove tutto è a portata di mano, confortevole, dinamico… e all’improvviso scoppia la guerra!

Abbiamo toccato con mano e detto infinite volte quali danni ha causato all’umanità la Seconda guerra mondiale. Forse io me ne sono occupata in modo speciale per ragioni di lavoro, non tutti probabilmente sono così addentro, eppure non c’è persona al mondo che non sappia che c’è stata la Seconda guerra mondiale e quante vittime umane ha prodotto, e che proprio perché non si ripetesse l’umanità ha creato l’ONU, ha scritto la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Com’è possibile, dopo tutto questo, che la guerra torni? E una guerra come questa, totale, davvero una Terza guerra mondiale… ecco questo per me, come per molti altri, era semplicemente inconcepibile. Ad essere sincera, ancora adesso mi sorprendo a non credere che stia succedendo veramente!

D’altro canto, sin dall’inizio ho capito che sarebbe durata a lungo, almeno per tutta la vita che mi resta da vivere. Ho capito che la nostra vita è distrutta, perché per tutto questo la Russia dovrà pagare, riflettere, soffrire, essere emarginata. Non solo la Russia ma ogni singolo russo, personalmente. E questo non per anni, ma decenni. Non so come ce la caveremo, e se ce la caveremo; sarà difficile e lungo.

Per lo meno la mia vita è andata in pezzi. Mi spiego: la mia città natale è Odessa, che amo molto. Anche se vivevo a Mosca ci tornavo ogni anno, per vedere la famiglia e gli amici; era il mio regalo di compleanno, un viaggio distensivo e felice. Ed ora mi chiedo come potrò io, cittadina russa, con passaporto russo, tornare in Ucraina. La guerra finirà a un certo punto, ma io alla frontiera con che coraggio mostrerò il passaporto? Non lo credo possibile. Questa è una grossa ferita nella mia vita: non poter più tornare nella mia città natale…

In generale, quello che fa la guerra è distruggere la vita.

E poi, una conseguenza direttamente collegata: la guerra ha distrutto Memorial. Tuttavia a proposito di Memorial non sono così disperata, perché noi siamo ancora insieme e rimetteremo in piedi l’organizzazione, il lavora andrà avanti.

Proprio qui sta la consolazione: che si può continuare a lavorare, che in qualche modo si può cercare di ricreare la vita, e non semplicemente stare a guardare come la distruggono, senza poter intervenire. Creare la vita, fare qualcosa. Perché quel che facciamo è utile alle persone.

Credo che nella situazione attuale l’unica cosa che si può fare, in cui si può trovare consolazione è essere utili alle persone.


Russia-Ucraina: un anno che ci ha cambiato

Vivere con la consapevolezza degli ucraini

Mario Mauro
Italia

MauroPurtroppo, e lo dico con sincero rammarico, il 24 febbraio del 2022 non ha rappresentato per me in nessun modo una sorpresa. Già nella primavera del 2013 (sì proprio il 2013) intervenendo al senato della repubblica avevo sottolineato gli elementi chiave della strategia dì Vladimir Putin. Non una nuova Jalta come potrebbe essere nelle aspirazioni dei grandi giganti asiatici di oggi come Cina e India, e che nel 1945 erano tutto tranne che grandi potenze. Ma «nuovamente» Jalta e cioè una spartizione delle aree di influenza nel mondo che riconsideri il ruolo della Russia quale erede naturale non solo della storia sovietica ma soprattutto della volontà imperialista che aveva accomunato Stalin e i successori agli zar.

L’Ucraina è vittima, come la Georgia nel 2008 e in prospettiva i Paesi baltici e forse il Kazachstan, del risiko del Cremlino che mira a pareggiare i conti con la storia e non ha esitato a piegare a questo progetto di potere la Chiesa ortodossa del Patriarcato di Mosca finendo col prendere in ostaggio contro i fratelli ucraini lo stesso nome di Dio. E quanta ironia in Europa, e quante reazioni scomposte contro le avvisaglie fornite nei mesi precedenti dai vertici militari e politici statunitensi sulle reali intenzioni dei russi. Ma possiamo veramente ritenere una sorpresa il discorso della notte tra il 23 ed il 24 febbraio di Putin quando riscrive la storia negando l’identità e la statualità ucraina e articolando il teorema dello spazio vitale russo?
No, la vera sorpresa di questa guerra è nella reazione del popolo ucraino. Ma non solo o non tanto la reazione militare che ha in parte spiazzato gli alti gradi della armata russa. A cosa dovremmo guardare infatti noi che viviamo il conflitto quasi come lo sfondo di giochi di potere incomprensibili, in cui temiamo di rimetterci per il peso delle sanzioni? A cosa dovremmo guardare e cosa dovrebbe sorprenderci se non l’amore, la dignità, il coraggio dei tanti che hanno deciso di restare e combattere?

A cosa dovremmo guardare e cosa dovrebbe sorprenderci se non l’amore, la dignità ed il coraggio di coloro che a milioni hanno dovuto abbandonare la patria e gli affetti perché costretti dall’invasore che ha messo a ferro e fuoco la loro esistenza?

Vivere con la consapevolezza degli ucraini, vivere da un anno a questa parte con la coscienza che la pace senza verità e giustizia è una resa infeconda, che la libertà non è gratis, che la sola speranza è il perdono: questo ci sorprende, ci spiazza, ci ferisce. Mi commuove e mi determina a stringermi quotidianamente al destino di questa gente. Che è proprio anche il nostro destino perché senza verità, senza libertà, senza giustizia in Ucraina non ci sarà pace mai nemmeno per noi.


Marjupol

Canto la resistenza

Dmitrij Strocev
Bielorussia (ora a Berlino)

StrocevIl 4 marzo 2022 ho lasciato la Bielorussia, e attraverso la Russia ho raggiunto la Lettonia. La mia partenza era dovuta sia a problemi di sicurezza personale sia alla consapevolezza che, con l’inizio dell’invasione dell’Ucraina, il mio lavoro sarebbe stato più produttivo in Europa che in patria.
A causa del lockdown, dal 2020 avevo dovuto rimandare molte tournée poetiche. Per questo ho iniziato a contattare i colleghi e ho organizzato molto rapidamente un itinerario di performances che ha toccato una decina di paesi.

Dal 2008, dopo l’invasione della Georgia da parte dell’esercito russo, ho testimoniato l’espansione militare della Federazione russa nei paesi vicini. Ho invitato tutti a considerare l’invasione della Georgia, l’annessione della Crimea e l’occupazione delle regioni orientali dell’Ucraina nel 2014, la distruzione della società civile in Bielorussia nel 2020 e infine l’invasione su larga scala dell’Ucraina nel 2022, come le fasi di un unico progetto geopolitico del governo russo, per ripristinare un impero secondo i confini dell’ex Unione Sovietica.

Da quindici anni scrivo poesie in un genere mio personale che chiamo «reportage poetico», come risposta agli eventi catastrofici di cui sono testimone. Tra il 2008 e il 2019 ho cercato di rivolgermi al pubblico russo, approfittando del fatto che scrivo in russo e sono un poeta noto tra i russi; facevo appello alla coscienza dei cittadini di un paese che si stava militarizzando sotto i nostri occhi e che di conseguenza, passo dopo passo, accettava la totalità della guerra come culmine della sua vita sociale e politica. Ma già dal 2020, testimoniando la rivolta bielorussa, ho cambiato l’angolo visuale e parlo in primo luogo alla Bielorussia e, in secondo luogo, all’Europa. Oggi per me è fondamentale informare gli europei su ciò che sta accadendo in Bielorussia, preda del terrore, e in Ucraina devastata dalla guerra.

In dieci mesi di viaggi quasi ininterrotti ho acquisito una notevole esperienza. Quando facevo le performances nelle città dell’Europa orientale confinanti con Bielorussia e Ucraina il pubblico non necessitava di ulteriori commenti alle poesie, bastava la semplice lettura poetica.
Invece davanti agli uditori dell’Europa occidentale – in Norvegia, Francia, Italia – bisognava dedicare un terzo o addirittura la metà del tempo a commenti dettagliati.

Più le persone vivono lontano dalla zona del disastro militare e politico, più hanno bisogno di affinare l’ottica e l’acustica della loro attenzione.

Per esempio, per chi vive nei paesi dell’Europa occidentale non è scontato capire che il terrore di Stato in Bielorussia, iniziato nell’agosto 2020 e tuttora in corso, è direttamente collegato ai piani delle autorità russe e bielorusse di attaccare Kiev nel febbraio 2022 proprio attraverso la Bielorussia. La distruzione della società civile bielorussa era necessaria per rimuovere gli ultimi ostacoli all’attuazione di questo piano criminale.

Sta già prendendo forma il programma dei miei viaggi e delle letture poetiche per il 2023, e mi sono coinvolto nelle attività della diaspora bielorussa all’estero. Inoltre, ho aperto una casa editrice indipendente a Berlino che ha già pubblicato le prime tre raccolte di poeti bielorussi. È stato necessario farlo perché in Bielorussia sono state chiuse quasi tutte le case editrici indipendenti che pubblicavano la letteratura bielorussa moderna.
Di fronte alla catastrofe in Bielorussia e Ucraina non possiamo restare inerti.

Un anno che ci ha cambiato • 2
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(immagini: social, Telegram)

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