20 Luglio 2018

Uniti già nel cammino e nella conversione

Francesco Braschi

A Ginevra papa Francesco rilancia il cammino verso l’unità come modo di unire vocazione e missione, amore per il mondo e per Cristo. No a un ecumenismo che sia solo «strategia mondana».

Il 21 giugno 2018 papa Francesco si è recato in «pellegrinaggio ecumenico» a Ginevra, in Svizzera, presso la sede del Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC ), una istituzione fondata nel 1948 con lo scopo di promuovere il dialogo e l’unità tra i Cristiani. I due discorsi da lui pronunciati per l’occasione – il primo durante un incontro ecumenico di preghiera, il secondo durante un incontro con la leadership del CEC – ci offrono una sintesi interessante di ciò che il Pontefice pensa e insegna riguardo al cammino verso l’unità, e su quali siano gli atteggiamenti di fondo cui invita tutti i credenti in Cristo, ma che rivestono un valore tutto particolare per i cattolici.
Vale dunque la pena di rileggere insieme questi due discorsi, perché possano diventare occasione di riflessione e di paragone per ciascuno di noi, chiamati a vivere un cammino che ha come meta l’unità, nella concretezza delle circostanze in cui siamo posti.

Nel primo discorso, tenuto la mattina durante un incontro dedicato alla preghiera ecumenica, papa Francesco ha esordito commentando un brano del c. 5 della Lettera di Paolo apostolo ai Galati:

«Cari fratelli e sorelle, abbiamo ascoltato le parole dell’apostolo Paolo ai Galati, che sperimentavano travagli e lotte interne. Vi erano infatti gruppi che si affrontavano e si accusavano a vicenda. È in questo contesto che l’Apostolo, per ben due volte nel giro di pochi versetti, invita a “camminare secondo lo Spirito” (Gal 5,16.25)».

Non possiamo non notare come papa Francesco, molto realisticamente, scelga di partire dall’evidenza più concreta, segnalandola in tutto il suo stridore: egli, infatti, non si limita a ricordare la causa stessa dell’esistenza del CEC, ovvero la divisione tra i cristiani, ma sottolinea – partendo dal passo di Galati 5 – che Paolo si trova davanti a «travagli e lotte interne» tra gruppi che «si accusavano a vicenda». In questo modo capiamo che attraverso il passo biblico viene messa a tema l’attualità, sia quando si parla di questioni tra le diverse Chiese, sia quando si guardano le situazioni all’interno delle varie Chiese o «famiglie ecclesiali» (difficile, infatti, non pensare alle difficoltà e alle divergenze che agitano oggi, ad esempio, le Chiese appartenenti alla Comunione anglicana, oppure alcune Chiese ortodosse relativamente alla questione Ucraina, ma anche alle diverse posizioni che si confrontano, talora acutamente, anche all’interno della Chiesa cattolica).
Davanti a questa situazione l’invito dell’apostolo a «camminare secondo lo Spirito» offre lo spunto per una riflessione sul significato di questo verbo, che viene riconosciuto come il paradigma di tutta la vita umana:

«Camminare. L’uomo è un essere in cammino. Per tutta la vita è chiamato a mettersi in cammino, in continua uscita da dove si trova: da quando esce dal grembo della madre a quando passa da un’età della vita a un’altra; dal momento in cui lascia la casa dei genitori fino a quando esce da questa esistenza terrena. Il cammino è metafora che rivela il senso della vita umana, di una vita che non basta a sé stessa, ma è sempre in cerca di qualcosa di ulteriore. Il cuore ci invita ad andare, a raggiungere una meta.
Ma camminare è una disciplina, una fatica, servono pazienza quotidiana e allenamento costante. Occorre rinunciare a tante strade per scegliere quella che conduce alla meta e ravvivare la memoria per non smarrirla. Meta e memoria. Camminare richiede l’umiltà di tornare sui propri passi, quando è necessario, e la cura per i compagni di viaggio, perché solo insieme si cammina bene. Camminare, insomma, esige una conversione continua di sé.
Per questo tanti vi rinunciano, preferendo la quiete domestica, dove curare comodamente i propri affari senza esporsi ai rischi del viaggio. Ma così ci si aggrappa a sicurezze effimere, che non danno quella pace e quella gioia cui il cuore aspira, e che si trovano solo uscendo da sé stessi».

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Francesco Braschi

Sacerdote, dottore in Teologia e Scienze Patristiche, dottore della Biblioteca Ambrosiana di Milano e direttore della Classe di Slavistica dell’Accademia Ambrosiana. È consultore della Congregazione del Rito ambrosiano e docente a contratto di Teologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

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