16 Dicembre 2021

Havel, campione dell’ideale e maestro di realismo

Sante Maletta

Dieci anni fa moriva Václav Havel, il più celebre esponente del dissenso cecoslovacco, primo dissidente a diventare politico di professione nella fase post-totalitaria. Dal sacrificio degli anni di resistenza alla prosa della politica ordinaria, cos’è rimasto del suo ideale?

Il 18 dicembre di dieci anni fa moriva Václav Havel, il più celebre esponente del dissenso anticomunista insieme ad Aleksandr Solženicyn e Andrej Sacharov. Nato a Praga nel 1936 da una famiglia benestante, a motivo di tale «peccato» sociale originario sin dai suoi studi superiori venne discriminato dal regime comunista che si instaurò in Cecoslovacchia nel 1948 con un colpo di Stato. Malgrado avesse una chiara predisposizione per gli studi letterari e filosofici, a Havel venne infatti impedito di approfondire questi suoi interessi durante gli anni universitari. Riuscì nel 1960 a entrare nel mondo del teatro dal gradino più basso, come macchinista, scoprendo una vena drammaturgica che lo rese nel giro di pochi anni un autore assai stimato anche nei circuiti culturali a Ovest della Cortina di ferro.

 

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Sante Maletta

Professore associato di Filosofia della politica presso l’Università di Bergamo. Fa parte dell’International Society for MacIntyrian Enquiry e della Società italiana di filosofia politica ed è segretario dell’Associazione Prologos. Tra le sue pubblicazioni, volumi sul pensiero di M. Heidegger, H. Arendt, A. MacIntyre, Il soggetto dif-ferente. Peripezie della responsabilità (Milano 2017).

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