7 Marzo 2022

L’ortodossia russa, 30 anni dalla libertà alla crisi

Andrej Desnickij

Apriamo con questo articolo una panoramica sulla vita della Chiesa russa negli ultimi 30 anni. Una traiettoria duplice: da un lato normalizzazione dei rapporti con lo Stato, dall’altro un drammatico calo di fedeli. Il presente testo è stato scritto prima del 24 febbraio; da quel giorno molte cose sono cambiate, anche nella Chiesa, ma solo il tempo permetterà di valutarle appieno.

Per cominciare vorrei citare tre fatti recenti che mi sarebbero sembrati assolutamente impossibili solo 10 anni fa, e che invece oggi sembrano del tutto normali.

Primo: nell’estate del 2020, nel pieno della prima ondata della pandemia, fuori Mosca è stata consacrata un’enorme chiesa ufficialmente dedicata alla Resurrezione ma universalmente chiamata «chiesa centrale delle forze armate». All’interno si è fatto largo uso di simbologie sovietiche; in un mosaico inizialmente compariva Iosif Stalin (al posto d’onore, anche se non aveva l’aureola), ma dopo lo scandalo scoppiato sui media il ritratto è stato rimosso e trasferito nell’attiguo museo. In quello stesso museo si conservano reliquie e trofei della seconda guerra mondiale, tra cui il berretto di Adolf Hitler.

Pare che la cultura russa non abbia altra lingua per esprimere questi significati, né altro fondamento per i suoi valori, che quello evangelico. E questo ci infonde speranza.

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Andrej Desnickij

Biblista, traduttore, pubblicista, scrittore, dottore di ricerca in Lettere. Dal 1994 lavora all’Istituto di Studi orientali presso l’Accademia russa delle Scienze.

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