14 Novembre 2019

Il Muro di Berlino: una follia che diventa strada

Riccardo D’Alessandro

La Germania Est, e Berlino suo bastione, hanno sempre preteso di seguire una via specifica al socialismo. Ma proprio per la loro collocazione particolare hanno anche conosciuto un altissimo numero di fughe. Come, dal Muro che le doveva bloccare, si è arrivati alla breccia che ha fatto crollare il regime.

Alle prime luci dell’alba di domenica 13 agosto 1961 venne costruito il famoso Muro che per ventotto anni divise Berlino in due mondi paralleli. Nato come strumento per controllare e rallentare gli enormi flussi migratori che portavano ogni anno centinaia di migliaia di persone a fuggire dalla Germania orientale, si trasformò nel segno tangibile di un sistema politico che aveva il controllo dei corpi e delle menti dei propri cittadini.

Un’intera generazione di tedeschi era cresciuta all’ombra del Muro e non l’aveva mai attraversato, accettandolo come un fatto della vita, come un qualcosa di inesorabile, incastonato nel paesaggio, per questo

«Quando l’abbiamo abbattuto, non sapevamo / quanto era alto / dentro di noi // C’eravamo abituati / a quell’orizzonte // E all’assenza di vento // Alla sua ombra nessuno / faceva ombra // Ormai siamo qui / senza più scuse» (Reiner Kunze, Il muro).

La lettura dell’articolo completo è riservata agli utenti abbonati, effettua il login o abbonati per accedere a tutti i contenuti del sito.

Riccardo D’Alessandro

Laureato in lingue all’Università di Bologna, insegna russo e spagnolo alle scuole medie e superiori. Fra i suoi interessi la letteratura russa, la storia della Chiesa ortodossa, l’arte religiosa medievale e le forme di dissenso nei paesi comunisti.

LEGGI TUTTI GLI ARTICOLI

Abbonati per accedere a tutti i contenuti del sito.

ABBONATI