6 Dicembre 2016

E la Chiesa in URSS si riscosse

Angelo Bonaguro

50 anni fa la Chiesa russa, fortemente sottomessa al regime, fu scossa dalla protesta di un gruppo di fedeli. Per la prima volta da decenni qualcuno difendeva la libertà religiosa. Autore dell’iniziativa il laico Boris Talantov.

Nel 1956 con il XX Congresso del PCUS, quello della cosiddetta «destalinizzazione», prese avvio un processo di revisione dell’epoca staliniana che nella società civile servì a ravvivare le braci della cultura sotterranea indipendente, ma che non durò a lungo, soprattutto in campo religioso. «Buona parte dei leader sovietici riteneva che, eliminati gli aspetti negativi dello stalinismo, si sarebbe finalmente potuto tradurre in pratica il “luminoso futuro dell’umanità” – ha scritto lo storico M. Škarovskij –. L’ideologia comunista appariva vitale, si riteneva che non avesse affatto esaurito le proprie potenzialità e che, una volta epurata dall’eredità staliniana, avrebbe potuto metterle in luce. E dal momento che aveva la vittoria assicurata, non le serviva nessun’altra alternativa, neppure quella religiosa», tanto più che i vertici del Partito erano preoccupati per la rinascita religiosa che si osservava proprio in quegli stessi anni.

Così l’offensiva antireligiosa riprese in modo sistematico: il regime impose alla Chiesa una «riforma» che consisteva nell’estromissione dei ministri del culto dalla gestione delle parrocchie, sostituiti dal «consiglio parrocchiale» la cui composizione era decisa dal comitato esecutivo locale del Partito, del tutto estraneo alla vita ecclesiale. Nell’estate 1962 fu introdotto un rigido controllo sui riti del battesimo, del matrimonio e delle esequie, poi fu la volta della campagna contro l’educazione religiosa che si voleva impedire ai genitori in quanto «non hanno il diritto di menomare spiritualmente i figli». Negli istituti di istruzione superiore fu introdotto l’insegnamento dei «Fondamenti di ateismo scientifico», all’interno dell’Accademia di scienze sociali sorse un apposito Istituto di ateismo scientifico mentre già dal ’59 usciva la rivista antireligiosa «Scienza e religione».
Queste ondate antireligiose – spiega Škarovskij – crearono una nuova situazione: da un lato «i vertici della gerarchia per la maggior parte tacevano», dall’altro nella Chiesa si misero in luce «sacerdoti e laici che, senza attendere permessi di agire da parte della gerarchia, cercarono di combattere con i propri mezzi contro la nuova ondata di “ateismo di Stato” (…), ed esprimevano sempre più apertamente il proprio scontento per la posizione passiva del patriarcato di Mosca».
È in questa situazione che si inserisce la vicenda del professor Boris Talantov (1903-1971), un fervente ortodosso, autore della Lettera aperta dei credenti che ebbe notevole risonanza all’epoca e di cui quest’anno cade il 50° anniversario.

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Angelo Bonaguro

È ricercatore presso la Fondazione Russia Cristiana, dove si occupa in modo particolare della storia del dissenso dei paesi centro-europei.

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