24 Ottobre 2019

Da Bergamo al Meeting di Rimini: la bellezza, il lavoro e la domanda di senso

Svetlana Mart'janova

Quest’anno lo stage per studenti russi organizzato da Russia Cristiana in collaborazione con l’Università di Vladimir ha avuto due novità: la presenza di un gruppo di seminaristi ortodossi e l’incontro con il Meeting di Rimini. Per tutti una grande occasione di sfatare i pregiudizi sull’Occidente. Il racconto della docente che li ha accompagnati.

Nell’ambito del progetto iniziato alcuni anni fa con un accordo fra l’università di Vladimir e la Fondazione Russia Cristiana e con il sostegno di Aiuto alla Chiesa che soffre, anche quest’anno, dal 15 al 26 agosto, con alcuni studenti di lettere dell’Università statale di Vladimir abbiamo partecipato a uno stage nell’Italia settentrionale che ha toccato la Valle Imagna (Roncola San Bernardo), Rimini, Ravenna e Bergamo.

Con tutte le possibilità che ci sono di visitare l’Italia, perché scegliere proprio Russia Cristiana? Di fatto, sono stati i collaboratori della Fondazione a far conoscere l’Italia in modo profondo e attuale ai nostri studenti, che oggi in Russia devono confrontarsi con nuovi stereotipi e miti sull’Europa, l’Occidente e la Chiesa cattolica.

Se i primi due stages (Le radici comuni della lingua letteraria del Medioevo e dell’età moderna e Identità e incontro con il «diverso» in un’Italia poco conosciuta), avevano a tema la cultura e la sua diffusione, l’anno scorso i ragazzi sono venuti a studiare l’italiano.

Il progetto si è sviluppato, e i frutti non si sono fatti attendere: abbiamo cominciato a capire che la cultura russa e quella italiana hanno origini comuni, e ad interessarci ai metodi educativi di alcune scuole non statali italiane, come pure ai movimenti e alle iniziative della Chiesa cattolica. Molti studenti sono diventati ospiti fissi di questi stages, ma quest’anno abbiamo avuto anche delle novità: al nostro gruppo si sono aggiunti dei seminaristi ortodossi dei seminari di Smolensk e di Mosca, e insieme abbiamo visitato la quarantesima edizione del Meeting di Rimini.

Una studentessa ha confessato di aver conosciuto durante lo stage persone che difficilmente avrebbe mai incontrato in Russia, e un’altra di aver imparato di più sulla storia della Chiesa ortodossa in queste due settimane che neanche in tutta la sua vita. D’altra parte anche i seminaristi, nella convivenza con i nostri studenti, hanno potuto conoscere da vicino dei possibili futuri parrocchiani, smettendo di vedere in loro solo dei «peccatori». Vivere gomito a gomito ha fatto emergere delle differenze: mentre il punto di forza degli studenti erano le doti intellettuali, i seminaristi hanno dato il meglio di sé aiutando in cucina e facendo fronte alle necessità quotidiane.

Ma ci è anche capitato di scontrarci con dei problemi comuni, come quello dell’educazione all’indipendenza. Gli organizzatori non volevano fare del nostro gruppo un «gregge ubbidiente», ma avere a che fare con persone libere e responsabili.

Abbiamo dedicato la nostra prima settimana italiana al corso di lingua, accompagnati dalle nostre amiche e insegnanti Anna Reseghetti ed Emanuela Bossi. Non si è trattato solo di imparare vocaboli e regole grammaticali: è stato importantissimo anche incontrare dei volti concreti. Lo studio della lingua e della cultura ha dato occasione ai ragazzi di conoscere persone con il cuore pieno di bellezza e di luce: don Francesco Braschi, Giovanna Parravicini, Adriano e Marta Dell’Asta, Delfina Boero, monsignor Daniele Rota, don Andrea, parroco della chiesa di San Bernardo a Roncola, don Paolo Polesana e altri. Dopo cena c’erano sempre lezioni o incontri: monsignor Rota ci ha parlato della poesia di Petrarca, Adriano e Marta Dell’Asta della storia di Russia Cristiana, Giovanna Parravicini di come è nato il Meeting di Rimini per l’amicizia fra i popoli, a cui lei stessa ha partecipato fin dalle prime edizioni.

E dietro a tutto questo non abbiamo percepito un «dogmatismo» religioso, ma un vivace movimento di pensiero e delle domande: Adriano Dell’Asta ci ha parlato dell’idea della «conoscenza integrale» che lo ha tanto affascinato da fargli dedicare praticamente tutta la vita allo studio della filosofia e della letteratura russe. Emanuela Bossi ha trattato il tema della Natività in letteratura, che secondo lei ha trovato la sua espressione più autentica solo nel XX secolo, nell’opera del poeta e premio Nobel irlandese Séamus Heaney. Don Daniele Rota, il più ricco di anni e di esperienza, ci ha augurato di vivere «volando alto».

Siamo così approdati al Meeting abbastanza preparati. Nel giro di due giorni, grazie agli sforzi titanici del nostro traduttore Jean-François Thiry, direttore del centro culturale Pokrovskie vorota di Mosca, siamo riusciti a partecipare a una decina di iniziative, fra visite alle mostre e incontri. Il primo è stato con Andrea Monda, fino a pochi mesi fa critico letterario e insegnante di religione, oggi direttore de «L’Osservatore Romano», che ci ha sorpreso rivelandoci che il senso del giornalismo e della letteratura è usare le parole per fare luce sulla realtà e offrire al lettore delle chiavi interpretative dei tempi e del mondo in cui viviamo.

Di papa Francesco, con cui lavora a stretto contatto, lo colpisce la serenità, frutto della sua grande fede nella vittoria, già avvenuta, di Gesù sul mondo. Quando, di fronte agli attacchi di alcuni mass media alla Chiesa e ai suoi ministri, il giornalista Monda vorrebbe rispondere colpo su colpo, il papa lo guarda come a dire: «Rilassati, Dio esiste e non sei tu: il protagonista della realtà è un Altro».

Ci siamo stupiti anche quando il direttore ha raccontato di avere scoperto, lavorando all’«Osservatore», un respiro veramente universale, per cui il centro del mondo non sono più l’Italia, l’Europa e nemmeno l’America: l’incontro quotidiano con le storie di persone provenienti dagli angoli più sperduti della terra lo aiuta a dilatare lo sguardo e a deporre i pregiudizi.

Fra le mostre che abbiamo visitato, una era su madre Marija Skobcova, una santa ortodossa del XX secolo: della sua figura e della sua vita all’insegna della carità i nostri studenti russi hanno sentito parlare per la prima volta proprio al Meeting. Un’altra mostra ci ha fatto conoscere Sandra Sabbatini, morta a 22 anni in un incidente. Fin da giovanissima Sandra aveva cercato appassionatamente la propria vocazione cristiana, e l’aveva trovata nel rapporto con il suo fidanzato e nel volontariato con i disabili della Comunità Papa Giovanni XXIII di don Oreste Benzi. La sua figura ci ha fatto capire quanto sia ancora chiusa la nostra società: non abbiamo mai conosciuto esempi come questi.

Delle mostre ci hanno colpito anche l’ottima organizzazione dello spazio e il prezioso lavoro delle guide. Inoltre, alla mostra sui mosaici di Monreale abbiamo potuto ammirare degli autentici pezzi rari, come icone e libri antichi.

Ed ecco le testimonianze dirette di alcuni studenti sulle due giornate al Meeting:

Egor Konstantinov:

«Non sono religioso, per cui tutte le volte che mi capita di avere a che fare con la religione mi innervosisco. L’unico cristianesimo di cui finora ho avuto esperienza è stato quello della chiesa sotto casa. Qui al Meeting mi sono reso conto di quanto invece il cristianesimo si sia evoluto e diffuso in tanti ambiti della vita, in nuove forme e attività. Non è rimasto fermo al Medioevo, ma si è integrato nella vita contemporanea. È fiorito nell’opera dell’uomo, nell’arte moderna, nel giornalismo. Questo sono riuscito a capirlo al Meeting».

Aleksandra Fomina: «Tutte le mostre che abbiamo visitato sono un tentativo di prendere coscienza di sé in questo mondo, di ciò che accade attorno a noi, attraverso il prisma dei propri sentimenti e di quelli di milioni di persone; di guardare gli eventi e i fenomeni mondiali dal punto di vista di un umanesimo cristiano, attraverso l’amore e la compassione reciproca».

Anastasija Ermakova: «L’incontro sulla Siria e sul progetto “Un nome e un futuro”, che vede cristiani e musulmani impegnati a dare un avvenire ai bambini nati dagli abusi sessuali dei jihadisti, ha mostrato con chiarezza come la fede, indipendentemente dalla religione che si professa, permetta di lavorare anche nelle situazioni più buie della storia».

Sofija Krymskaja: «A tutti i volontari che lavoravano al Meeting avrei voluto chiedere: Perché siete qui? Cosa significa per voi ciò che sta accadendo? Perché i loro volti, nonostante la stanchezza e il caldo estenuante, erano luminosi, e sembrava conoscessero ciò che li ha mossi e accompagnati a impegnarsi, da quarant’anni a questa parte, in quest’opera grande e indubbiamente necessaria».

Abbiamo concluso lo stage con le visite a Ravenna e a Bergamo Alta, entrando in contatto con la bellezza eterna di queste due antiche città e facendo memoria delle nostre radici comuni e della gioia della Resurrezione. Siamo capitati a Bergamo Alta proprio il giorno della festa patronale di Sant’Alessandro, e sulla piazza principale della città, dopo la Messa, abbiamo assistito a dei balli in costume tradizionale.

Passando in rassegna le impressioni degli studenti, leggo parole di gratitudine per gli organizzatori, descrizioni entusiaste degli ospitali vicoli italiani dove sembra che il tempo si sia fermato, del sole splendente e di persone radiose. Ma i racconti che preferisco sono quelli in cui traspare una commozione profonda e la ricerca di nuovi orizzonti personali, in cui sorgono delle domande. Questo, ad esempio: «È come se lo stage mi avesse cambiato tutta l’estate. Mi ha costretta, per esempio, a pensare al lavoro. Il mio lavoro mi dà del denaro, ma non un senso. Dopo questo stage non si può e non bisogna più vivere come prima».

Se è così, significa che abbiamo raggiunto il nostro obiettivo, perché la crisi che stiamo attraversando non è tanto economica quanto personale e di senso.

Una protagonista del film La grande bellezza di Paolo Sorrentino, dice che «le radici sono importanti». Ringrazio tutti coloro che durante lo stage ci hanno aiutato ad accorgerci di queste radici.

Svetlana Mart'janova

Candidato di filologia, ordinario di letteratura russa e straniera all’Università Statale di Vla­dimir.

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