8 Novembre 2019

Gettare semi perché altri raccolgano. Padre Luigi Peano

Redazione

Ci ha lasciati un altro di quei sacerdoti generosi che negli anni ’50 avevano scelto di dedicare la vita alla Russia e alla sua fede cristiana.

Don Luigi Peano (Ozieri 1924-2019), aveva lasciato da giovane la Sardegna per studiare a Roma presso il Collegio Russicum, nato nel 1929 per volontà di papa Pio XI con lo scopo di preparare sacerdoti da inviare in Unione Sovietica. Al Russicum in quegli anni si era raccolto un gruppo di giovani sacerdoti dalla personalità considerevole, che avrebbero lasciato un’impronta forte nella Chiesa cattolica quanto a conoscenza e rapporti con l’ortodossia russa. Ricordiamo, fra i tanti, padre Egon Sendler, Gino Piovesana, Romano Scalfi, Pietro Modesto, Antonij Ilc, Miguel Arranz, Ulisse Floridi. Ognuno di loro sarebbe diventato, in settori diversi, uno studioso di prima grandezza, un conoscitore eccellente della lingua, della liturgia, della cultura russe. Dalle loro fila sono venuti docenti, editori, iconografi, liturgisti, teologi.

Anche padre Luigi, ordinato sacerdote nel 1949, al Russicum aveva imparato alla perfezione la lingua russa, e acquisito una conoscenza della teologia ortodossa russa che pochi, allora, potevano vantare. In Italia, in quegli anni, l’ortodossia russa era pressoché terra incognita e studiare la teologia orientale voleva dire iniziare a dissodare un campo nuovo. Padre Peano si era laureato nel ’53 con una tesi di laurea sull’ecclesiologia di Chomjakov, uno dei maggiori filosofi e teologi russi che in Occidente molti conoscevano solo attraverso le traduzioni francesi. Padre Luigi era andato invece ai testi originali, descrivendo con puntualità la coscienza che l’ortodossia aveva di sé, e che la rivoluzione aveva oscurato; il suo lavoro, poi condensato in un libro, La Chiesa nel pensiero russo slavofilo (Morcelliana, 1964) si inseriva proprio nella fase in cui in Occidente, col Vaticano II, si cominciava a sentire l’urgenza di una conoscenza più autentica dell’ortodossia, come componente essenziale della cristianità.

È grazie a studiosi come lui che il pubblico cattolico ha cominciato a conoscere la profondità del pensiero teologico russo, a intuire che il problema ecumenico è attuale e scottante, e a concepire la divisione come una sofferenza.

Dopo la laurea padre Peano si era trasferito in Germania, dove aveva insegnato filosofia e scienze religiose per oltre dieci anni all’Istituto superiore di filosofia e teologia di Königstein; in quel periodo aveva approfondito tra gli altri il tema dell’ateismo e della pedagogia sovietica, oltre a impadronirsi della lingua tedesca.

Padre Luigi (secondo da sn.) a villa Ambiveri, con alcuni collaboratori di Russia Cristiana, negli anni ’60.

Intanto, dal 1961 fino al 1964 aveva collaborato con entusiasmo alle prime attività di Russia Cristiana, come docente alle «Settimane estive sulla Russia e l’ecumenismo» tenute a Seriate a partire dal 1958 per un pubblico di sacerdoti e chierici. Le sue lezioni, che poi si traducevano in articoli per la rivista del Centro, spaziavano dai Principi di educazione marxista e La pedagogia di Makarenko alle Figure rappresentative della mistica russa.

Nel 1965 era infine partito per gli Stati Uniti, per andare a insegnare al Merrimack College di North Andover, fondato dagli Agostiniani nel 1947 non lontano da Boston; ci sarebbe rimasto per quasi trent’anni, dividendo la vita tra il College e la comunità di melchiti di Methuen, dove viveva. Nel lungo periodo americano aveva formato generazioni di studenti, seminando anche lì la conoscenza del pensiero religioso e della filosofia cristiana.

Con padre Scalfi a Seriate.

Dopo il pensionamento era tornato in Italia, e aveva soggiornato per un paio d’anni presso Russia Cristiana, riprendendo la vecchia collaborazione. Infine, aveva scelto di trascorrere gli ultimi anni nella sua città natale, donando all’ospedale locale tutti i risparmi e la liquidazione di una vita di lavoro perché, aveva detto: «Quei soldi sono un dono di Dio, che potevo usare solo per opere di beneficenza».

E questo non vale soltanto per i soldi ma, evidentemente, per tutta la sua persona: le sue energie e l’intelligenza spese generosamente per la Chiesa.

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