2 Maggio 2018

Vittorio Strada e le domande infinite

Adriano Dell’Asta

In morte di Vittorio Strada, grande slavista italiano, umanista e uomo a tutto tondo. La storia esemplare del suo passaggio dal comunismo all’umanesimo mostra la forza di una coscienza libera che dà le ali all’intelligenza e alla cultura.

«Come dice un proverbio russo caro a Boris Pasternak: “Vivere una vita non è attraversare un campo”. Non c’è un retto cammino già tracciato e l’errare fa parte del camminare come l’errore fa parte della verità, se la si ricerca e non si presume che essa sia già in nostro possesso».
Così concludeva la sua autobiografia Vittorio Strada una quindicina d’anni fa, quando diceva di sentirsi «ormai in vista del confine estremo del suo campo di vita». Il confine, in realtà, era ancora lontano e quelli che vennero dopo furono ancora anni di creatività intensissima: libri, convegni, viaggi, incontri, amicizie, una vita ricca e attiva, fuor di ogni dubbio, fino agli ultimi mesi e persino alle ultime settimane, quando ancora era riuscito a pubblicare dei libri (Impero e rivoluzione. Russia 1917-2017, nel 2017 e Il dovere di uccidere. Le radici storiche del terrorismo, all’inizio di quest’anno) e quando ancora faceva altri progetti.

Ora questa vita è davvero arrivata al confine o, meglio, a un confine, perché, come diceva qualche giorno fa un anziano sacerdote al funerale di un’altra persona a me cara: «non piangete; voi credete che questo sia il passaggio dalla vita alla morte, e invece è il passaggio dalla morte alla vita».

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Adriano Dell’Asta

È docente di lingua e letteratura russa presso l’Università Cattolica. Accademico della Classe di Slavistica della Biblioteca Ambrosiana, è vicepresidente della Fondazione Russia Cristiana.

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