18 Marzo 2022

L’eresia, detonatore e volto della crisi

Redazione

Il testo che pubblichiamo, firmato da 65 teologi ortodossi di tutto il mondo, propone una riflessione di grande importanza per l’autocoscienza dell’ortodossia mondiale. Si parla di un’eresia che è penetrata nella Chiesa e che è tempo di affrontare.

Il testo che pubblichiamo, redatto e firmato da teologi ortodossi (e non solo) di tutto il mondo, si propone come un momento di riflessione di grande importanza non solo di fronte all’opinione pubblica globale, ma soprattutto come momento di autocoscienza dell’ortodossia mondiale.

Sebbene esso origini da quanto è accaduto dopo l’aggressione perpetrata dall’esercito della Federazione russa nei confronti dell’Ucraina – uno Stato sovrano la cui integrità la stessa Russia si era impegnata a garantire – la sua portata va ben oltre la situazione contingente, per quanto urgente e drammatica.

Se infatti la ricostruzione delle cause di quanto sta accadendo pone indubitabilmente l’accento sull’ideologia del Russkij mir (Mondo russo) sulla sua costante proposizione e applicazione da parte del Patriarcato di Mosca e del governo della Federazione russa, ricondurre tale ideologia all’eresia dell’etnofiletismo – condannato dalla Chiesa ortodossa nel 1872 e definito come l’esaltazione della «differenza delle razze e delle differenze nazionali nel seno della Chiesa di Cristo» – segnala un problema la cui trattazione – e l’eventuale, auspicabile ricerca di una soluzione – potrà competere unicamente all’autorità suprema della Chiesa ortodossa, ovvero al Grande e Santo Concilio che raduna tutte le diverse Chiese autocefale sparse in tutto il mondo.

Questo fatto mostra ancor più quanto si stia aggravando la spaccatura esistente all’interno della Chiesa ortodossa e polarizzata attorno ai Patriarcati di Mosca e di Costantinopoli. Accanto alla guerra combattuta sul campo tra l’esercito di occupazione russo e le forze di difesa ucraine, si staglia ormai chiaramente un altro conflitto di carattere religioso, nel quale sono in gioco nientemeno che il volto dell’ortodossia e la sua fedeltà alla dottrina evangelica. Due questioni di portata sostanziale, insieme al rapporto tra il cristianesimo ortodosso e il mondo moderno.


Dichiarazione dei teologi sulla dottrina del “mondo russo”

“Per la pace del mondo intero, per la stabilità delle sante chiese di Dio e per l’unità di tutti, preghiamo il Signore” (Divina Liturgia)

L’invasione russa dell’Ucraina il 24 febbraio 2022 è una minaccia di portata storica per un popolo di tradizione cristiana ortodossa. E, cosa ancora più preoccupante per i credenti ortodossi, i più alti gerarchi della Chiesa Ortodossa Russa hanno rifiutato di riconoscere questa invasione, rilasciando piuttosto generiche dichiarazioni sulla necessità della pace alla luce degli «eventi» e delle «ostilità» in Ucraina, mentre rimarcavano la natura fraterna dei popoli ucraino e russo come parte della «Santa Rus’», imputando la colpa delle ostilità al malvagio «Occidente», e persino indicando alle loro comunità di pregare in modalità che incoraggiano attivamente l’inimicizia.

Il sostegno di molti membri della gerarchia del Patriarcato di Mosca alla guerra del presidente Vladimir Putin contro l’Ucraina si radica in una forma di fondamentalismo religioso ortodosso etno-filetista, di carattere totalitario, chiamato Russkij mir o Mondo russo, una falsa dottrina che nella Chiesa ortodossa sta attirando molti e che è stata anche ripresa dall’estrema destra e dai fondamentalisti cattolici e protestanti.

Negli ultimi 20 anni, i discorsi del presidente Vladimir Putin e del patriarca Kirill (Gundjaev) del Patriarcato di Mosca hanno ripetutamente invocato e sviluppato l’ideologia del Mondo russo. Dal 2014, quando la Russia ha annesso la Crimea e ha iniziato una guerra per procura nel territorio ucraino del Donbass, fino all’inizio della guerra vera e propria contro l’Ucraina e anche successivamente, Putin e il Patriarca Kirill hanno usato l’ideologia del Russkij mir come giustificazione principale per l’invasione. Tale dottrina afferma l’esistenza di una sfera o civiltà russa transnazionale, chiamata Santa Russia o Santa Rus’ che include oltre a Russia, Ucraina e Bielorussia (a volte Moldavia e Kazachstan), anche i russi di etnia e i russofoni di tutto il mondo. Essa sostiene che questo «mondo russo» ha un suo centro politico comune (Mosca), un comune centro spirituale (Kiev come «madre di tutta la Rus’»), una lingua comune (il russo), una chiesa comune (la Chiesa ortodossa russa del Patriarcato di Mosca), e un patriarca comune (il Patriarca di Mosca), che opera in «sinfonia» con un comune presidente/leader nazionale (Putin) per governare il mondo russo, e preservare una comune e peculiare spiritualità, moralità e cultura .

Contro questo «mondo russo» (così spiega la dottrina) si schiera l’Occidente corrotto, guidato dagli Stati Uniti e dalle nazioni dell’Europa occidentale, e succube del «liberalismo», della «globalizzazione», della «cristianofobia», dei «diritti omosessuali» promossi nei raduni gay, e del «secolarismo militante». Di fronte all’Occidente e a quegli ortodossi traviati dallo scisma e dall’errore (come il Patriarca ecumenico Bartolomeo e altre chiese ortodosse locali che lo sostengono) si ergono i membri del Patriarcato di Mosca, assieme a Vladimir Putin, come i veri difensori dell’insegnamento ortodosso, da loro considerato nei termini della moralità tradizionale, della comprensione rigorosa e inflessibile della tradizione, e della venerazione della Santa Russia.

Sin dall’intronizzazione del Patriarca Kirill, avvenuta nel 2009, le personalità di spicco del Patriarcato di Mosca, così come i portavoce dello Stato russo, hanno continuamente attinto a questi principi per inficiare le basi teologiche dell’unità dell’ortodossia. Il principio dell’organizzazione della Chiesa su basi etniche è stato condannato al Concilio di Costantinopoli nel 1872. La falsa dottrina dell’etno-filetismo è la base dell’ideologia del «Mondo russo». Se riteniamo validi questi falsi principi, allora la Chiesa ortodossa cessa di essere la Chiesa del Vangelo di Gesù Cristo, degli apostoli, del Credo niceno-costantinopolitano, dei Concili ecumenici e dei Padri della Chiesa. L’unità diventa intrinsecamente impossibile.

Pertanto, noi rifiutiamo l’eresia del «Mondo russo» e le azioni vergognose del governo della Russia che hanno scatenato la guerra contro l’Ucraina, un conflitto scaturito proprio da questa vile e indifendibile dottrina con la connivenza della Chiesa ortodossa russa e che si rivela profondamente non-ortodosso, non cristiano e contro l’umanità, che invece è chiamata ad essere «giustificata… illuminata… e lavata nel Nome di nostro Signore Gesù Cristo e dallo Spirito di Dio» (Rito battesimale). Proprio come la Russia ha invaso l’Ucraina, così il Patriarcato di Mosca del Patriarca Kirill ha invaso la Chiesa ortodossa, per esempio in Africa, provocando divisioni e conflitti con innumerevoli vittime non solo nel corpo ma anche nell’anima, e mettendo in pericolo la salvezza dei fedeli.

Di fronte alla dottrina del Russkij mir che sta devastando e dividendo la Chiesa, siamo ispirati dal Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo e dalla Santa Tradizione del suo Corpo vivo, la Chiesa Ortodossa, a proclamare e confessare le seguenti verità:

1. «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». (Gv 18,36)

Noi affermiamo che lo scopo e il compimento divinamente stabilito della storia, il suo telos, è la venuta del Regno di nostro Signore Gesù Cristo, un Regno di giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo, un Regno attestato dalla Sacra Scrittura, così come autorevolmente interpretata dai Padri. Questo è il Regno a cui partecipiamo pregustandolo in ogni santa liturgia. «Benedetto il regno del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, ora e sempre e nei secoli dei secoli!» (Divina Liturgia). Questo Regno è il solo fondamento e la sola autorità per gli ortodossi e per tutti i cristiani. Per l’ortodossia, in quanto corpo del Dio vivente, non c’è altra fonte di rivelazione e non vi sono altri fondamenti per la comunità, la società, lo Stato, la legge, l’identità personale e l’insegnamento, se non ciò che è rivelato in, da e per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo e dello Spirito di Dio.

Pertanto, condanniamo come non ortodossa e rifiutiamo ogni dottrina che voglia sostituire il Regno di Dio, visto dai profeti, proclamato e inaugurato da Cristo, trasmesso dagli apostoli, ricevuto come sapienza dalla Chiesa, teorizzato come dogma dai Padri e sperimentato in ogni Divina Liturgia, con un regno di questo mondo, sia esso la Santa Rus’, la Sacra Bisanzio, o qualsiasi altro regno terreno, usurpando in questo modo l’autorità dello stesso Cristo di consegnare il Regno a Dio Padre (1 Cor 15,24), e negando il potere di Dio di asciugare ogni lacrima da ogni occhio (Ap 21,4). Noi condanniamo fermamente ogni forma di teologia che nega che i cristiani sono migranti e rifugiati in questo mondo (Eb 13,14), cioè, che nega il fatto che «la nostra patria è nei cieli, e di là aspettiamo come Salvatore, il Signore Gesù Cristo» (Fil 3,20) e che i cristiani «vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera» (Epistola a Diogneto, 5).

L’eresia, detonatore e volto della crisi

Il cartello dice: “Viva il Mondo russo”.

2. «Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio» (Mt 22,21)

Noi affermiamo, in previsione del trionfo finale del Regno di Dio, di riconoscere l’unica e ultima autorità di nostro Signore Gesù Cristo. Nella nostra epoca, i governanti della terra assicurano la pace così che il popolo di Dio possa vivere «una vita calma e ordinata, in fede e santità» (Divina Liturgia). Eppure, non ci sono nazioni, Stati o regole di vita che possano avere su di noi una pretesa più grande di Gesù Cristo, al cui nome «ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra» (Fil 2,10).

Perciò condanniamo come non ortodossa e rifiutiamo qualsiasi dottrina che intenda subordinare il Regno di Dio, manifestato nell’unica Santa Chiesa di Dio, a un qualsiasi regno di questo mondo, cercando altri padroni ecclesiastici o laici capaci di giustificarci o redimerci. Noi rigettiamo fermamente ogni forma di governo che deifica lo Stato (teocrazia) e assorbe la Chiesa, privandola della sua libertà di essere profeticamente contro ogni ingiustizia. Rimproveriamo anche tutti coloro che sostengono il cesaropapismo, rimpiazzando la loro obbedienza ultima al Signore crocifisso e risorto con quella a qualsiasi leader investito di poteri di governo che si dichiara l’unto del Signore, sia esso conosciuto col nome di «Cesare», «Imperatore», «Zar» o «Presidente».

3. «Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28)

Noi affermiamo che la divisione dell’umanità in gruppi fondati su razza, religione, lingua, etnia o qualsiasi altro attributo secondario dell’esistenza umana è una caratteristica di questo mondo imperfetto e peccatore e che, seguendo la tradizione patristica, le differenze sono da ritenere come «distinzioni della carne» (San Gregorio di Nazianzo, Orazione 7,23). L’affermazione della superiorità di un gruppo sugli altri è un male tipico di tali divisioni che sono completamente contrarie al Vangelo, dove tutti sono uno e uguali in Cristo, dove tutti devono rispondere a lui delle loro azioni, e tutti hanno accesso al suo amore e al suo perdono, non come membri di particolari gruppi sociali o etnici, ma come persone create e nate allo stesso modo a immagine e somiglianza di Dio (Gen 1, 26).

Noi pertanto condanniamo come non ortodossa e rifiutiamo ogni dottrina che attribuisca istituzione o autorità divina, sacralità o purezza speciali a una qualsiasi singola identità locale, nazionale o etnica, o valuti qualsiasi cultura particolare come speciale o divinamente ordinata, sia essa greca, rumena, russa, ucraina o qualsiasi altra.

4. «Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste» (Mt 5, 43-45)

Seguendo il comandamento di nostro Signore, affermiamo che, come dichiara san Silvano del monte Athos, «la grazia di Dio non abita nell’uomo che non ama i suoi nemici», e che non possiamo conoscere la pace finché non amiamo i nostri nemici. In tal modo, fare la guerra è l’estremo fallimento della legge dell’amore di Cristo.

Perciò, condanniamo come non ortodossa e rifiutiamo qualsiasi dottrina che incoraggi la divisione, la sfiducia, l’odio, e la violenza fra i popoli, le religioni, le confessioni, le nazioni o gli Stati. Inoltre, condanniamo come non ortodossa e rifiutiamo qualsiasi dottrina che demonizzi o incoraggi la demonizzazione di coloro che lo stato o la società considerano «altri», compresi gli stranieri, i dissidenti politici o religiosi e le altre minoranze sociali stigmatizzate. Rifiutiamo qualsiasi divisione manichea e gnostica che intenda elevare una santa cultura ortodossa orientale coi suoi popoli ortodossi al di sopra di un «Occidente» debosciato e immorale. È particolarmente malvagio condannare altre nazioni per mezzo di speciali preghiere liturgiche della Chiesa, elevando i membri della Chiesa ortodossa e le sue culture come spiritualmente santificati in confronto agli «eterodossi» carnali e secolari.

L’eresia, detonatore e volto della crisi

5. «Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 9,13, cfr. Os 6,6 e Is 1, 11-7)

Affermiamo che Cristo ci chiama ad esercitare la carità personale e comunitaria verso i poveri, gli affamati, i senzatetto, i rifugiati, i migranti, i malati e i sofferenti, e a cercare la giustizia per i perseguitati, gli afflitti e i bisognosi. Se rifiutiamo l’appello del nostro prossimo; o se, invece, lo picchiamo e derubiamo, e lasciamo il nostro prossimo a soffrire e morire sul ciglio della strada (Parabola del buon Samaritano, Lc 10, 25-37), allora non siamo nell’amore di Cristo sulla via del Regno di Dio, ma ci siamo fatti nemici di Cristo e della sua Chiesa. Siamo chiamati non a pregare semplicemente per la pace, ma a levarci in piedi per condannare attivamente e profeticamente l’ingiustizia, per fare la pace anche a costo della nostra vita. «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio». (Mt 5,9). Offrire il sacrificio della liturgia e della preghiera mentre si rifiuta di agire in modo sacrificale e oblativo rende il nostro sacrificio eucaristico la nostra condanna, poiché in contrasto con ciò che viene offerto in Cristo (Mt 5,22-26 e 1 Cor 11,27-32).

Pertanto condanniamo come non ortodosso e rifiutiamo qualsiasi promozione di un «pietismo» spirituale tra i fedeli e il clero della Chiesa, dal più alto patriarca fino al più umile laico. Rimproveriamo coloro che pregano per la pace mentre mancano di fare attivamente la pace, sia per paura che per mancanza di fede.

6. «Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8,31-32)

Noi affermiamo che Gesù chiama i suoi discepoli non solo a conoscere la verità, ma a dire la verità: «Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno» (Mt 5,37). Un’invasione su larga scala di un paese vicino da parte della seconda potenza militare del mondo non è solo una «operazione militare speciale», non sono solo degli «eventi» o un «conflitto» o qualsiasi altro eufemismo scelto per negare la realtà della situazione. È piuttosto, e nei fatti, un’invasione militare su larga scala che ha già provocato numerose morti civili e militari, lo sconvolgimento violento della vita di oltre quarantaquattro milioni di persone, il trasferimento e l’esilio di più di due milioni di persone (al 13 marzo 2022). Per quanto dolorosa possa essere, questa verità va detta.

Noi pertanto condanniamo come non ortodossa e rifiutiamo qualsiasi dottrina o azione che rifiuti di dire la verità, o che taccia attivamente la verità sui crimini perpetrati contro il Vangelo di Cristo in Ucraina. Condanniamo in toto ogni discorso di «guerra fratricida», «ripetizione del peccato di Caino, che uccise il proprio fratello per invidia» se non riconosce esplicitamente l’intento omicida e la colpevolezza di una parte sull’altra (Ap 3,15-16).

Dichiariamo che le verità che abbiamo affermato e gli errori che abbiamo condannato come non ortodossi e dunque rifiutato sono fondati sul Vangelo di Gesù Cristo e sulla Santa Tradizione della fede cristiana ortodossa. Invitiamo tutti coloro che accettano questa dichiarazione ad essere consapevoli di questi principi teologici nelle loro decisioni di politica ecclesiastica. Preghiamo tutti coloro che sono interpellati da questa dichiarazione di ritornare «all’unità dello Spirito col vincolo della pace» (Ef 4,3).

13 marzo 2022 – Domenica dell’Ortodossia

 

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