2 Marzo 2022

Nuovi tentativi di far tacere i russi

Redazione

Dalla Russia giungono messaggi di vergogna e angoscia, mentre la polizia continua a smantellare l’informazione e la libertà personale. Sembra che la violenza di questi giorni condensi lo sviluppo degli ultimi anni, sia come crescita dell’autoritarismo che della responsabilità civile.

C’è un silenzio strano a Mosca, in alcune ore spettrale. La paura dell’isolamento, di non poter fare la spesa a causa della forte svalutazione del rublo, di non rivedere chissà per quanto tempo amici e parenti fuori dalla Federazione, di restare in balìa di chi ha deciso che questa non può essere chiamata «guerra», ma deve essere definita «operazione speciale». «Stiamo cadendo in una fossa che di ora in ora diventa più profonda», scrive una ragazza moscovita che non riesce più a svolgere il suo lavoro come prima «per la vergogna e l’angoscia»:

«Per favore, chiedi a chi conosci di non odiarci, perché io, i miei amici e tanti altri non vogliamo questa guerra».

Ieri, fonti di informazione non governative hanno pubblicato le foto di alcuni bambini tra i 7 e gli 11 anni arrestati insieme alle loro mamme, che avevano deciso di deporre dei fiori davanti all’ambasciata ucraina a Mosca. Al momento pare siano stati tutti rilasciati dopo 4 ore, ma in caserma hanno minacciato di privare le madri dei diritti di potestà genitoriali.

La violazione dei diritti dei bambini, oltre che di quella sistematica della libertà di espressione e del diritto alla manifestazione pacifica – per altro sancito dalla Costituzione russa – non possono e non devono passare inosservate. Le dimensioni del fenomeno degli arresti di gente comune, da un lato, e, dall’altro, delle defezioni tra gli oligarchi storicamente vicini al presidente Putin fanno pensare ad un punto di non ritorno per il suo governo, sebbene non sia possibile prevederne la durata.

Nuovi tentativi di far tacere i russi

I bambini arrestati per aver deposto fiori all’ambasciata ucraina a Mosca. (facebook)

E intanto, dai vari fronti di guerra in Ucraina, i numeri della tragedia sono certamente parziali e sottostimati. La Reuters riporta che nelle ultime 24 ore, nella sola città di Charkiv, si contano 21 morti e 112 feriti tra i civili. I numeri dei soldati – regolari o irregolari che siano – non sono compresi nei bollettini ufficiali da parte russa e si fa fatica ad avere contezza dei morti armati anche da parte ucraina, perché la differenza tra civili e soldati è stata spazzata via dal decreto sulla mobilitazione generale firmato dal presidente Zelenskij la sera del 24 febbraio. Ad oggi, solamente al confine con la Polonia, i profughi sono circa 450mila.

Intanto ogni ora che passa costa vite umane e vede contemporaneamente l’inasprimento della propaganda interna alla Russia. A conferma di quanto il conflitto armato vada di pari passo alla guerra di informazione, il ministro della difesa russo Šojgu ha annunciato ieri mattina che il suo ministero organizzerà in agosto il Primo congresso internazionale antifascista e, poche ore dopo, nel corso del suo briefing quotidiano sulle operazioni militari in territorio ucraino, ha affermato che tutto procede come pianificato.

La narrazione della «guerra contro i fascismi», da parte russa, dunque, vede in programma eventi estivi per consolidare una visione della storia che fa della paura del nemico il perno su cui far leva per guadagnarsi il consenso interno. Un consenso che, ad oggi, sembra essere minoritario, come rilevato da uno degli ultimi sondaggi del centro Levada; l’ultimo sondaggio indipendente infatti, datato 23 febbraio (vigilia dell’invasione) parlava di un’approvazione del presidente ancora alta – 45% contro il 40% di disapprovazione – che era però molto inferiore ai sondaggi precedenti. Dopo l’inizio della guerra non ci sono più stati altri sondaggi.

Inoltre, sempre restando nell’ambito di quella che potremmo definire «propaganda sul lungo periodo», il 28 febbraio il presidente della Duma, Volodin, ha approvato una proposta di legge sulla responsabilità penale per chi diffonde fake news riguardo alle operazioni militari in Ucraina, dove per «falso» si intende tutto quanto contraddice l’informazione ufficiale del Ministero della difesa russo.

Secondo il disegno di legge in esame, la cui approvazione è prevista in tempi brevi, ai responsabili potrebbero essere comminati fino a 15 anni di prigione. Negli ultimi giorni, inoltre, si è assistito anche all’oscuramento temporaneo di canali d’informazione non governativi come Echo Moskvy e Dožd’ e social come Facebook e Twitter hanno funzionato a singhiozzo: un tentativo da parte del governo russo di arginare la diffusione di informazioni contrarie alla sua narrativa propagandistica che non ha avuto certamente gli esiti sperati. Anzi, soprattutto tra i più giovani, questo tipo di interventi sul flusso informativo non fa altro che alimentare la consapevolezza di quanto le autorità governative non agiscano secondo principi democratici.

Stamattina, ad aggiungere orrore su orrore, la milizia popolare della Repubblica di Doneck (DNR) ha annunciato che «si riserva il diritto di rappresaglia contro il trattamento disumano dei militari DNR catturati».

La guerra è guerra e al momento non possiamo dire se e quanto ci sia di disumano da parte ucraina nel trattamento dei prigionieri russi. Sappiamo bene come si usano i civili in ogni conflitto che raggiunge i centri urbani: purtroppo non è una novità. Si spera, tuttavia, che in questa dichiarazione di disumano ci sia solo il chiamare «diritto» una rappresaglia e che ciascuno possa ricordare che il valore di ogni singola vita umana non ha prezzo, perché creata da un Dio che ha l’ultima parola sulla storia.

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