31 Agosto 2020

Bielorussia: nasce la piattaforma civica per il dialogo con il potere

Angelo Bonaguro

Non è una riedizione del Majdan, ci tengono a precisare i bielorussi, ma resta il problema di come dare efficacia a una volontà popolare veramente corale. Ci prova per ora un Consiglio di coordinamento delle forze d’opposizione.

«Sono stanco di vivere nella paura e nell’attesa delle provocazioni o delle rivalse del KGB nei miei confronti», ha dichiarato Pavel Latuško, ex-ministro della cultura e diplomatico bielorusso durante la conferenza stampa di presentazione del neonato «Consiglio di coordinamento» dell’opposizione.

Mentre le manifestazioni, gli scioperi, gli appelli si ripetono e la situazione resta in evoluzione, la candidata presidente Svetlana Tichanovskaja – uscita ufficialmente sconfitta dalle elezioni-farsa del 9 agosto – ha proposto la creazione del Consiglio di coordinamento, che si presenta come organo «unitario e rappresentativo del popolo bielorusso», non cioè immediatamente politico, dato che non mira a prendere il potere bensì a traghettare il paese verso nuove elezioni e a ripristinare la legalità dopo 26 anni di dittatura Lukašenko. Il Consiglio intende infatti «regolare il processo di superamento della crisi politica e garantire la coesione sociale, salvaguardare la sovranità e l’indipendenza del paese» operando nella legalità secondo i principi sanciti dalla Costituzione.

Tra la settantina di membri che andranno a comporre la «base» più ampia della piattaforma civica vi sono rappresentanti di vari ambiti della società, da cui sono stati eletti 7 responsabili che costituiscono il «presidium». Fra di loro spicca il premio Nobel per la letteratura Svetlana Aleksievič. Accanto a lei il vulcanico Latuško, il giovane avvocato Maksim Znak, la giurista Lilija Vlasova, Sergej Dylevskij in qualità di rappresentante delle maestranze della MTZ (la grande, storica fabbrica di trattori della capitale), la portavoce di Tichanovskaja Ol’ga Koval’kova, e infine Marija Kolesnikova, la bionda flautista che ha fatto da coordinatrice dello staff elettorale di Viktor Babariko, un altro candidato elettorale finito in carcere.

piattaforma civica per il dialogo con il potere

La conferenza stampa del 18 agosto. Da sin.: P. Latuško, M. Kolesnikova, O. Koval’kova, M. Znak, S. Dylevskij.

Nella prima risoluzione, stilata il 19 agosto, il Consiglio ha sottolineato tre punti-chiave da sottoporre alle autorità: la fine della persecuzione politica dei cittadini e, contemporaneamente, l’avvio di procedimenti penali contro i responsabili delle violenze e degli arbìtri; la liberazione dei detenuti politici, l’annullamento delle sentenze illegali e il risarcimento delle vittime; infine, l’invalidamento delle elezioni e l’annuncio di nuove consultazioni conformi agli standard internazionali.

Alla conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa hanno partecipato 5 attivisti poi eletti anche nel presidium (Koval’kova, Znak, Kolesnikova, Latuško, Dylevskij) che grazie alle domande dei giornalisti hanno potuto focalizzare alcuni temi.

Secondo Koval’kova, le autorità saranno obbligate ad aprire un dialogo di fronte all’incalzare della doppia crisi, politica ed economica. «Dialogo» è stato infatti il leitmotiv degli interventi, anche se – ha sottolineato Znak – dialogo e comunicazione sono gesti volontari, non si possono imporre. Per questo il Consiglio si limiterà a fare da mediatore fra le due parti, i cittadini che manifestano pacificamente e chi finora non ha dimostrato molta disponibilità ad ascoltare.

manifestazione bielorussia

Mohilev. «Siamo un unico popolo».

In qualità di diplomatico, Latuško ha portato la discussione su temi geopolitici, e guardando al futuro ha sottolineato la necessità pratica di avere buoni rapporti di vicinato con tutti i paesi confinanti, primo fra tutti la Federazione russa: «Il peggior politico bielorusso sarà quello che vorrà costruire un muro tra noi e la Russia» ha dichiarato, dato che alla Federazione è destinato un buon 50% delle esportazioni bielorusse e che contemporaneamente la Russia è per Minsk la fonte principale di risorse energetiche, seguita a ruota dall’Unione Europea, secondo mercato (30-35% delle esportazioni) e punto di riferimento per la tecnologia e la finanza.

Ma l’interesse a mantenere buoni rapporti è reciproco, «perciò sia la Russia che l’UE devono rispondere alle esigenze della società civile, non delle autorità che hanno perso la fiducia della gente (…). Siamo stanchi di sentirci dire che abbiamo nemici ovunque, prima in Occidente, poi nella Federazione russa… Noi vogliamo essere un ponte, robusto e fondato su saldi piloni di cemento armato della migliore qualità, che unisca l’Europa occidentale alla Russia!».

Tuttavia – ha aggiunto Latuško – è necessario che la UE prenda una posizione chiara e decisa, anche se prender posizione in sé non basta: la UE deve esplicitare come vorrà contribuire a risolvere l’attuale situazione, e la prima cosa necessaria è il dialogo, termine che può suonare irenistico ma che dal punto di vista diplomatico possiede strumenti capaci di renderlo possibile anche con chi è riluttante. È interesse di tutti che ciò avvenga, perché una Bielorussia instabile che sprofonda nella crisi economica con relativa emigrazione di migliaia di cittadini non servirebbe né alla Russia né alla UE.

Intanto la UE va in ordine sparso, e mentre in Lituania – dove si è rifugiata temporaneamente dopo aver ricevuto minacce e pressioni – Svetlana Tichanovskaja è stata ricevuta dalle autorità come «leader nazionale», la UE non la riconosce come vincitrice, e pur definendo le elezioni «né libere né eque», non ne ha chiesto la ripetizione.

In una successiva intervista alla radio russa Echo Moskvy, Latuško ha cercato di valorizzare ogni appiglio dicendo che qualcosa pare stia cambiando anche nelle intenzioni del dittatore, se è vero che in una delle sue recenti visite a una fabbrica ha parlato dell’eventualità di una revisione costituzionale.
Conoscendo bene gli ambienti del potere, è anche convinto che molti funzionari stiano facendo uno «sciopero all’italiana»: non si sbilanciano pubblicamente, non si vedono tra la gente, ma al contempo non prendono iniziative e sono pronti a smarcarsi in silenzio.

A proposito di scioperi, il rappresentante degli operai ha sintetizzato la situazione nelle fabbriche: anche lì troviamo da un lato maestranze che scioperano «all’italiana» timbrando il cartellino ma rallentando il lavoro, e dall’altro gli attivisti veri e propri che scendono in piazza, invitano alle manifestazioni, ecc. Parlando in particolare dell’MTZ, secondo Dylevskij il 18% degli operai è pronto a manifestare ma preferisce non esporsi per paura di rappresaglie (licenziamento, sospensione dei premi), un buon 20% invece ha scelto di non rimanere in disparte. È importante per Dylevskij avere l’appoggio dei media per infondere coraggio nei timorosi.

piattaforma civica per il dialogo con il potere

Alcuni membri del presidium alla grande manifestazione del 23 agosto.

Una protesta diffusa

Riferendosi alla specificità di quanto sta accadendo nel paese, Kolesnikova ha indicato la decentralizzazione della protesta come la chiave per comprenderne l’efficacia: azioni pacifiche spontanee estese dalla città alla campagna, senza la necessità di avere un leader che le pianificasse. Questa osservazione ci sembra importante perché nelle settimane scorse molti si chiedevano chi tirava le fila delle iniziative, mentre stando a quanto dichiarato si è trattato proprio di un sussulto nazionale e soprattutto personale, perché «la dignità non si può asfaltare».
Con un po’ di irritazione, la flautista e femminista ha rimandato al mittente l’accusa di ingenuità «rivoltaci quotidianamente dall’inizio della campagna elettorale», e ha preferito definirsi come gruppo di «sognatori» che sono stati però capaci di vincere e di ripagare «questo splendido popolo bielorusso» per la fiducia accordata.

La risposta del regime non si è fatta attendere, è stata aperta un’inchiesta a carico di alcuni membri del presidium per la presunta violazione dell’art. 361 del codice penale («incitamento a compiere azioni atte a minare la sicurezza nazionale»), che prevede fino a cinque anni di reclusione.

Anche Svetlana Aleksievič è stata convocata per essere interrogata dagli organi giudiziari, e poco prima ha rilasciato un’intervista a Radyjo Svaboda in cui è apparsa molto motivata all’impegno civico, rispetto a quanto dichiarato alla redazione russa della stessa emittente a metà agosto, quando aveva detto che «per guidare un movimento non ho più forze fisiche e morali».

«Sappiamo cos’hanno fatto nazisti e comunisti – le è stato chiesto in riferimento alle violenze della polizia, – ma loro almeno avevano un’ideologia che “giustificava” il loro operato. Qui a cosa siamo di fronte?». «È una delle domande che pongo ai miei interlocutori, per capire che razza di barbarie sia, da dove venga quest’odio atavico», come sia stato possibile che molti siano arrivati ad odiare il prossimo. «Ma, d’altra parte – ha osservato la scrittrice, – davanti ai miei occhi si sta formando un popolo, una nazione, (…) la gente è scesa in piazza e ha sorpreso il mondo intero, ha mostrato orgoglio e desiderio di libertà». Per questo dice di essersi innamorata della sua gente, di questa nazione che «si va costruendo con i volti delle persone che riempiono strade e viali».

Bielorussia: nasce la piattaforma civica

Brest. «Insieme contro la violenza».

E di nuovo l’insistenza sul dialogo: «Abbiamo bisogno di parlarci, e di arrivare a una comprensione comune. E non abbiamo altro modo per farlo se non a partire dalla libertà». Dobbiamo smetterla di essere ostaggi del passato – ha dichiarato riferendosi ai colori nazionali che ormai si mescolano durante le manifestazioni più recenti: le bandiere rosso-verdi d’epoca comunista con l’antico tricolore bianco-rosso-bianco.

Rispetto alla figura di Lukašenko, la Aleksievič auspica che la comunità internazionale lo costringa ad avviare trattative, in modo che comprenda la gravità di una situazione «ben più importante del suo egoismo», anche perché «ne va di come lui verrà ricordato nella storia». La scrittrice è pronta a spezzare una lancia a favore di Putin, «l’unica persona che Lukašenko ancora ascolta. (…) Oggi possiamo parlare unicamente di trattative, altrimenti cadremo nell’abisso».

Ma nella gente la speranza ancora c’è, come ha commentato Nika S. su facebook: «Non serve pensare che viviamo in un paese dove si tortura la gente, concentriamoci piuttosto sul fatto che dalla parte della luce si trova la maggioranza assoluta. Lo sporco verrà lavato via, mentre la maggioranza splendida, straordinaria, civile, buona, bella, pura resterà a vivere qui. Non è forse un miracolo che la maggioranza sia dei buoni?».

Angelo Bonaguro

È ricercatore presso la Fondazione Russia Cristiana, dove si occupa in modo particolare della storia del dissenso dei paesi centro-europei.

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