8 Agosto 2016

Il silenzio di Svetlana Aleksievič e la solitudine dell’uomo

Ol'ga Sedakova

Capire l’anima dell’«uomo rosso», centro dell’opera di Svetlana Aleksievič, vuol dire trovare la chiave per capire l’uomo russo di oggi. La grande letteratura sa comporre i particolari per offrire l’intuizione dell’insieme.

Ci siamo riuniti per discutere il genere cui appartengono i libri di Svetlana Aleksievič. Ma la prima cosa di cui è necessario parlare è la stupefacente ostilità con cui la Russia ha accolto la notizia della sua vittoria del Nobel. Che il premio abbia provocato l’indignazione di coloro che desiderano la restaurazione del regime sovietico, dei «patrioti» e, in generale, delle persone vicine alla mentalità ufficiale dominante non è affatto una sorpresa. Quel passato mitico che i libri dell’Aleksievič distruggono, serve loro per vivere. Opere «antisovietiche» e «russofobiche» – ecco come qualificano i libri dell’Aleksievič. E si può notare, tra l’altro, che queste due parole così feroci sono diventate, alla fin fine, sinonimi!
È sorprendente, e per me abbastanza inspiegabile, la brusca reazione di quella parte della nostra sfera pubblica che di solito viene considerata «progressista», «liberale», «intellettuale». Proverò a considerare due ragioni di questa ostilità; quella da cui inizierò l’ho scelta come prima perché riguarda proprio il nostro tema, quello del genere. Sull’altra tornerò poi. Probabilmente esse non esauriscono la questione, ma sulle altre ragioni non sono in grado di intervenire.

Dunque, la prima obiezione del nostro pubblico colto è quella del genere: non è un’opera letteraria ma pubblicistica. Così la pensano molti critici e scrittori.
Si ripete una storia accaduta già una volta nella letteratura russa, e che la maggior parte dei nostri lettori, purtroppo, ignora. Alludo al libro di Sofija Fedorčenko, Un popolo in guerra, uscito nel 1917, tra le due rivoluzioni [1]. Di questo grande libro, il «libro di un destino crudele» come lo chiamava la stessa Sofija Fedorčenko, e della sua sorprendente autrice, ha già parlato Sara Danius. L’insieme di espressioni frammentarie costituisce nella Fedorčenko un immenso coro: è la voce polifonica del personaggio collettivo della storia, il ceto contadino che combatte nella Prima guerra mondiale. Il complesso sonoro e semantico, la «vibrazione» che rimane in noi dopo la lettura di Un popolo in guerra, ci ricorda quello che resta dentro dopo la lettura dell’Aleksievič. Ma è la «vibrazione» di un altro popolo, di un popolo che non esiste più. La sua lingua, le sue canzoni non si conoscono più. Bisogna notare che Fedorčenko è «assente» dai suoi libri in modo ancor più netto dell’Aleksievič. Non sentiamo la sua voce, così come nelle trascrizioni non sentiamo la voce dello studioso di folclore. Fedorčenko non accompagna i monologhi con i suoi commenti, non gli dà un nome di sua scelta.

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Ol'ga Sedakova

Poetessa, scrittrice e traduttrice moscovita, è docente alla Facoltà di Filosofia dell’Università Statale Lomonosov. Erede della tradizione della grande cultura russa, la sua opera è tradotta in numerose lingue e ha ottenuto riconoscimenti, quali il premio Solov’ëv e il premio Solženicyn.

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