5 Settembre 2016

Non è vero che tutto è menzogna…

Redazione

Due casi che meritano ancora attenzione. Il primo è la notizia evidentemente incredibile di un aereo cargo russo con 5.000 tonnellate di aiuti per i terremotati italiani: notizia assolutamente incredibile, […]

Due casi che meritano ancora attenzione.
Il primo è la notizia evidentemente incredibile di un aereo cargo russo con 5.000 tonnellate di aiuti per i terremotati italiani: notizia assolutamente incredibile, e basterebbe a dimostrarlo la semplice considerazione che 5000 tonnellate sono 5 milioni di chili, cioè 50.000 persone di un quintale l’una; l’avete mai visto un aereo capace di portare tante persone?
Il secondo è la foto di un gruppo di extraeuropei che aiutano quelle che vengono presentate come le vittime del terremoto in Italia e che, invece, risultano chiaramente vittime del terremoto di Haiti. Questa foto è stata denunciata come un puerile tentativo di esaltare la bontà dei migranti che «invadono» il nostro paese.
Due casi di propaganda e disinformazione; il primo per magnificare le virtù umane di Putin, il secondo per screditare chi difende la dignità e la piena umanità dei migranti.
Entrambi i casi sono stati ben denunciati, tra l’altro, in una serie di interventi de «La Stampa». Vale tuttavia la pena di parlarne ancora perché mettono in luce una logica diffusa e molto pericolosa, tanto più pericolosa quanto meno è avvertita, mentre è presente nei più diversi campi, all’est come all’ovest, tra i sostenitori di Putin e dei migranti come tra i loro denigratori.
Che senso ha, in effetti, mettere in rete delle menzogne che un minimo di buon senso e di attenzione rivelano immediatamente tali?

Come ben spiega Anna Zafesova in uno degli interventi appena ricordati, è proprio questa assurdità a mettere in luce la logica nuova e sempre più pericolosa messa in atto dalla propaganda di questo XXI secolo: non basta più, come nella propaganda dei vecchi totalitarismi, nascondere la verità e i fatti autentici, semplicemente negandoli, o magari inventandosi dei fatti inesistenti ma credibili. Diffondendo delle menzogne assolutamente evidenti, si preferisce fare in modo che la gente si convinca sempre più che tutto il mondo è governato da una grande menzogna, così che non vi sia alcuna verità con la quale tutti devono fare i conti e che i problemi si possano risolvere solo con uno scontro.
Un esempio recente di questa logica, ricordava sempre Anna Zafesova, è stato quello del doping degli atleti russi: non si è semplicemente negato che ci siano stati casi di doping e, per essere esatti, non si sono neppure inventate menzogne per coprire la vicenda, si è preferito invece insistere sul fatto che tutti si dopano e solo alcuni vengono sanzionati, per motivi politici o quant’altro, ma comunque per motivi che fanno dell’altro un nemico che mi vuole male e quindi va fermato. La gente vive allora nel terrore di questo scontro: l’altro non viene percepito se non come un nemico con il quale non si ha nulla in comune così che, travolti da questa ondata di incertezza, di paura e di odio, non si ha altra alternativa se non quella di affidarsi alle identità forti e all’uomo forte che pretende di saperle difendere.
Chi invoca l’uso della ragione e della misericordia per evitare lo scontro apparentemente inevitabile è, a sua volta, inevitabilmente presentato come un nemico: sono indicativi in questo senso gli attacchi al Papa che cerca invece di evitare lo scontro proprio in nome della ragione e della misericordia; ma non meno indicativi sempre in questo senso sono anche gli attacchi di cui è stato fatto oggetto in Russia il patriarca Kirill accusato, dopo Cuba, di essersi incontrato con un eretico. Oriente e Occidente vanno di pari passo in questa logica suicida.
La logica dello schieramento e dello scontro sembra non avere alternativa; al massimo si pensa di poterne uscire abbracciando la parte «più vera» o la «menzogna minore».

Recentemente, a questo proposito, ha suscitato polemiche in Russia il modo in cui è stata accolta la nomina della studiosa ortodossa Ol’ga Vasil’eva a ministro dell’istruzione. Nella stampa d’opposizione sono apparse delle frasi (virgolettate e quindi accreditate come autentiche) che presentavano la Vasil’eva, storica di professione, come una sostenitrice di quel doloroso e assurdo fenomeno della Russia contemporanea che è la rivalutazione di Stalin. Ora il neostalinismo è un fatto reale e molto diffuso, anche ad alto livello, ma il problema è che quelle frasi la Vasil’eva non le ha mai pronunciate nella loro letteralità. Lo spirito di certi discorsi del nuovo ministro è quello? Anche ammesso che sia così, che cosa importa? Se si segue la logica che si può difendere la verità attraverso l’uso della «menzogna minore» si entra esattamente nella logica contraria, quella della propaganda e della disinformazione che si vorrebbero combattere.
Un esperto della propaganda russa contemporanea, Peter Pomerancev, citato dalla Zafesova, osservava: «Putin non ha bisogno di raccontare storie convincenti, gli basta dire che tutti mentono, distruggere la credibilità e la superiorità morale dei suoi avversari e convincere il suo popolo che non c’è alternativa a lui». Appunto, in questa logica, quello che guida il discorso (dei partigiani di Putin, ma anche di un certo modo di contrastarli) non è raccontare menzogne per nascondere la verità, ma raccontare (o lasciar passare) menzogne per convincere che in questo mondo tutti raccontano menzogne e quindi non esiste più una verità con la quale fare i conti. Le ideologie non sono veramente finite, perché questo è il modo ultimo per sostituire alla realtà l’ideologia perfetta: la verità ideologica ultima, e cioè che non esiste alcuna verità.

Cercare di ricostruire la verità all’interno di questa logica è un’impresa impossibile; anche ribattere con i fatti evidenti alle menzogne più spudorate risulta vano per il semplice motivo che in questo mondo i fatti non contano più, semplicemente non esistono più e resta soltanto la loro interpretazione. Il che non significa che non bisogna cercare di ristabilire i fatti e la verità, ma che bisogna prima cercare di ricostruire dei soggetti che percepiscano i fatti stessi e che, prima ancora, percepiscano il bisogno di fatti. Smontare la propaganda, vincere la disinformazione, denunciare i crimini di Stalin e liberarsene veramente non solo è possibile ma è necessario; e tuttavia non basta da solo e non può essere semplicemente lo strumento per fare i conti con qualcuno, perché la verità non è mai contro qualcuno ma è qualcosa che costringe il mio io a cambiare, e lo rende capace di costruire una società diversa.
Detto in altro modo: i fatti e la verità non vanno cercati e usati per smentire e distruggere l’avversario, ma per verificare il rapporto che io stesso, prima di ogni schieramento, ho con loro, per ritrovare nei fatti e nella verità non gli strumenti per abbattere il nemico, ma le ragioni della mia esistenza e per alimentarmi e fortificarmi con la forza della loro pura presenza.
La verità, che per i cristiani non nasce dalle loro interpretazioni ma si propone ineludibile con la sua sola presenza, è una relazione, ci ricordava papa Francesco, e come tale ha bisogno, per essere pienamente compresa e vissuta, dell’incontro reale con l’altro.
È esattamente in questa prospettiva che Russia Cristiana ha sempre concepito la propria attività: proprio in questa direzione si muove anche il prossimo Convegno del 7-9 ottobre, dedicato al tema della misericordia e alla vicenda dei migranti («Il dono inatteso della misericordia. Migrazioni, tra fondamentalismo e indifferenza»), così come in questa direzione andranno gli incontri che Russia Cristiana continuerà a promuovere.

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