21 Gennaio 2020
Nembrini: Un prete ortodosso, un mio amico
È improvvisamente mancato padre Georgij Orechanov, prorettore dell’Università ortodossa San Tichon di Mosca e storico della Chiesa. Nato a Mosca nel 1962, si era laureato in matematica e poi in teologia; nel 1999 era diventato sacerdote. Grazie a lui si sono instaurati fitti rapporti accademici e d’amicizia con i cattolici. Lo ricorda qui il professor Franco Nembrini, che molta parte ha avuto in questa storia d’amicizia.
Come ho conosciuto il padre Georgij?
L’ho conosciuto ad un seminario organizzato da Russia Cristiana e la prima impressione che ne ho avuto è stata di un uomo molto duro, prima di tutto con se stesso, e di conseguenza con gli altri. Non era la prima volta che incontravo degli ortodossi, perché già da due o tre anni si era aperta la collaborazione con il metropolita Aristarch e padre Sergij Koževnikov di Kemerovo, in Siberia.
Poi è accaduta una cosa importante, e cioè che padre Georgij ha letto in russo il mio libro Di padre in figlio sul tema dell’educazione. Rimase così colpito che alla prima occasione, incontrandomi, mi disse: «Questo libro ha cambiato il modo che avevo di rapportarmi con i miei figli». Ragionando di questo abbiamo capito di essere accomunati da una grande passione per i giovani e per la loro educazione, tanto che decise di presentare lui stesso l’edizione russa del testo alla Fiera internazionale del libro di Mosca del 2013.
Abbiamo poi avuto tante occasioni di amicizia, di scambio, perfino momenti di vacanza insieme senza mai perdere di vista il tema che più ci stava a cuore: la tensione dell’uomo verso la Verità.
Vorrei raccontare due aneddoti particolarmente significativi.
Al termine di una liturgia si sfilò la medaglietta d’argento raffigurante san Giorgio che combatte il drago, e me la mise al collo dicendomi «ora siamo fratelli». Avrei capito solo più tardi il valore sacro di quel gesto e di quel regalo: come per Sonia in Delitto e castigo, privarsi di una medaglia portata al collo sin dall’infanzia significa che la persona a cui la si regala è accolta nella propria vita come e più di un fratello di sangue.
Diventando più assidua la frequentazione tra noi ho dovuto constatare che la sua apparente durezza nascondeva in verità un’acuta intelligenza e un’apertura a tutto ciò che gli parlava della Verità.
Ricordo che in una memorabile settimana di vacanza trascorsa insieme all’isola d’Elba mi assillò per cinque giorni con domande e osservazioni che mostravano una curiosità, una voglia di capire e una libertà straordinaria nell’incontrare esponenti della Chiesa cattolica, senza venir meno di una virgola al suo essere prete ortodosso. Si commuoveva di fronte alle testimonianze dei martiri e dei santi di qualsiasi epoca. L’immagine più bella che ho di questa sua apertura, immagine di lui che conserverò per tutta la vita, è quando, incuriosito dal tessuto culturale e popolare da cui provenivano gli episodi della vita di don Giussani che gli stavo raccontando, ebbi la felice idea di proporgli di vedere L’albero degli zoccoli di Ermanno Olmi. Ne fu conquistato fino alle lacrime e disse: «Adesso capisco don Giussani e anche il tuo pensiero e la tua esperienza».
Franco Nembrini
Laureato in Pedagogia all’Università Cattolica di Milano, è insegnante e scrittore. È tra i promotori della scuola media “La Traccia” di Calcinate (BG). Presidente della Federazione Opere Educative, ha fatto parte di varie istituzioni di ambito educativo, e dall’ottobre 2018 è membro del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita.
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