20 Agosto 2021
Non siamo uomini incolori
Nel discorso che Veniamin Iofe tenne all’inaugurazione del memoriale sulle fosse comuni di Sandarmoch, nell’ottobre 1997, sottolineò la forza inerme della persona. Grazie a un «io» risvegliato ogni vittima di Sandarmoch ha avuto un nome. Un’illustrazione del «coraggio di dire io» del Meeting 2021.
Subito dopo la fine della guerra civile, il regime comunista ha smesso di catalogare i nostri concittadini in Rossi amici o in Bianchi nemici. Gli uni sono stati perseguitati esattamente come gli altri. Gli uni sono stati etichettati come «contro-rivoluzionari» o «restauratori del capitalismo»; gli altri come «oppositori» o «revisionisti». Tutti sono diventati «nemici del popolo». Spediti negli stessi campi e fucilati ai bordi delle stesse fosse – ex ufficiali dell’Armata Bianca, ufficiali dell’Armata Rossa formati all’Accademia Tolmačëv.
Oggi conosciamo ciascuno di questi morti per nome. Conosciamo per nome anche ciascuno di quelli che li ha condannati; conosciamo per nome ciascuno di quelli che li ha spediti qui; conosciamo per nome ciascuno di quelli che li ha fucilati. Li conosciamo tutti. Abbiamo vinto l’Oblio che lo Stato voleva imporci. Continueremo a vincere l’Oblio, ma dobbiamo ancora ritrovare le tracce dei convogli scomparsi.
La lettura dell’articolo completo è riservata agli utenti abbonati, effettua il login o abbonati per accedere a tutti i contenuti del sito.
Veniamin Iofe
Veniamin Iofe (1938-2002), laureato in chimica a Leningrado. Dal 1964 partecipa a una rivista clandestina per cui viene condannato a 3 anni di detenzione. In seguito si occupa della storia dell’opposizione politica in URSS. Nel 1989 è tra i fondatori dell’associazione Memorial, di cui dirige la filiale di S. Pietroburgo. In questa città è riuscito a porre come monumento alle vittime del terrore una «pietra delle Solovki».
LEGGI TUTTI GLI ARTICOLI