12 Febbraio 2018

È come ballare sui morti

Elena Račeva

Il comune di Mosca ha permesso che l’edificio dove si fucilarono migliaia di persone diventi un centro commerciale. Chi si oppone dice che cancellare la memoria dei fatti fa prosperare i miti. E il revival di Stalin lo dimostra.

Sul lato meridionale di piazza della Lubjanka, a Mosca, in via Nikol’skaja 23, sorge l’edificio noto come «Casa delle fucilazioni», dove tra gli anni ’30 e gli anni ’50 il Collegio Militare della Corte Suprema dell’URSS emise ed eseguì migliaia di condanne a morte.
La notizia circolava già da un anno. L’edificio era rimasto vuoto da tempo, ed è stato comprato da uno dei massimi importatori di profumeria di lusso, il direttore della compagnia Esterk Lux Parfum Vladimir Davidi. Nel luglio del 2016 Davidi ha registrato la società a responsabilità limitata «VUM», che è proprietaria e amministratrice dell’omonimo centro commerciale d’élite, che comprende anche un ristorante con annessa enoteca.

Nell’aprile del 2017 la commissione urbanistica presieduta dal sindaco Sergej Sobjanin ha approvato alla chetichella il restauro della palazzina, senza che praticamente nulla trapelasse sui media. Nella dichiarazione ufficiale del comune si comunicava che «nel corso dei lavori l’edificio verrà adeguato alle esigenze moderne».

Detto in parole povere, vuol dire che nelle stanze dove si svolgevano gli interrogatori venderanno profumi; nelle celle sforneranno i dolci per la pasticceria; nei sotterranei dove probabilmente venivano fatte le fucilazioni, prenderà posto un’enoteca. Lo scivolo lungo il quale gettavano i cadaveri nella strada probabilmente verrà distrutto. Là dove una volta i corpi venivano caricati sui mezzi di trasporto per essere portati nelle fosse comuni ora passano i moscoviti ignari del passato dell’edificio. Se nell’edificio verrà costruito un centro commerciale di questo passato non sapranno mai niente. Il direttore del dipartimento beni culturali di Mosca Aleksandr Emel’janov ha confermato che entro la fine dell’anno le «procedure per garantire la messa in sicurezza» dell’edificio saranno finite e seguiranno i «lavori di restauro».

Da anni gli attivisti, gli esperti e i giornalisti si sono messi in moto, hanno ingaggiato battaglia per difendere la «Casa delle fucilazioni», e sino all’anno scorso sembrava che l’avessero avuta vinta.

La “Casa delle fucilazioni” in una foto del 1936.

Già negli anni 2000 il comune aveva cercato di depennare l’edificio dall’elenco dei monumenti storici, sottraendolo così alla tutela dello Stato, perché i proprietari di allora avevano manifestato l’intenzione di abbatterlo per costruire un centro di intrattenimento o un hotel. I nomi dei proprietari, fra l’altro, non erano stati resi noti (si sa che tra loro c’erano un importante uomo d’affari ed ex deputato della Duma, Michail Slipenčuk e un’associata della Banca di Mosca), cosicché non si capiva contro chi si stava combattendo, né si capiva se dietro l’alto telone l’edificio esistesse ancora. Come ricorda il direttore del Museo della storia del GULag Roman Romanov, in quel periodo i responsabili del museo avevano chiesto di avere almeno le vecchie porte che giacevano nel seminterrato, assieme con i lucchetti, le inferriate, che sarebbero stati molto interessanti per il museo. Ma neanche su questo erano riusciti a mettersi d’accordo.

Nonostante tutto, però, in quella occasione l’enorme sforzo fatto per dare pubblicità al caso aveva funzionato, grazie a una vasta campagna d’informazione e ai dirigenti del comitato di Controllo della città di Mosca si era riusciti ad evitare la demolizione dell’edificio. Nel 2012 la casa fu riconosciuta come bene culturale di valore regionale, e nel 2014 il comune di Mosca promise di comprarla e di aprirvi una filiale del Museo di storia del GULag. Ma poi è cominciata la crisi, negli ambienti del comune hanno cominciato a dire che l’acquisto dell’edificio era problematico. Un anno fa è diventato chiaro che l’acquisto non era nei loro piani e che la casa era stata venduta.

Come racconta Roman Romanov, per il nuovo proprietario venire a conoscenza del passato della «Casa delle fucilazioni» è stata una sorpresa, proprio come la vendita dell’edificio lo è stata per gli storici. Romanov aveva fatto in modo che gli venisse consegnata una nota storica sulla «Casa delle fucilazioni» dove si dice che alle fondamenta di questa casa si trova un palazzo in pietra del XVII secolo, di proprietà dei principi Chovanskij. Nel XIX secolo ci visse lo scrittore Nikolaj Stankevič, mentre dal 1935 fu la sede del Collegio Militare della Corte Suprema. Solo dal 1934 al 1955 il Collegio Supremo condannò 47.549 persone, tra cui Babel’, Pil’njak, Mejerchol’d, Bucharin. Le condanne a morte venivano eseguite immediatamente, ipotizzano gli storici, direttamente nel seminterrato dell’edificio. Aprire una profumeria in una casa con una storia simile, come afferma lo storico di Memorial Jan Račinskij, sarebbe come aprire una pista da ballo ad Auschwitz.

Per quanto ne sa Romanov, il nuovo proprietario dell’edificio si è molto stupito. Non sapeva niente di queste cose. L’anno scorso il direttore del museo ha cercato inutilmente di incontrarlo per discutere la possibilità di acquistare la «Casa delle fucilazioni». Gli esperti del giornale RBK hanno calcolato che il prezzo della «Casa delle fucilazioni» (non si tratta di un solo edificio, ma di due) debba aggirarsi sui 640 milioni di rubli, e la ricostruzione sui 100-200mila rubli a metro quadro.

Romanov spera di poter trovare in Russia degli uomini d’affari disposti a sborsare questa somma perché nei vecchi sotterranei dove si fucilava non venga messo del vino, ma dei pannelli storici esplicativi. Conosce dei potenziali sponsor. Il museo cerca chiunque possa aiutare nel progetto. D’altra parte, il proprietario della «Casa delle fucilazioni» non solo si rifiuta di vendere, ma non vuole neppure entrare in contatto con i responsabili del museo.
Il museo della storia del GULag e la «Novaja gazeta» chiedono a Davidi un incontro. Sicuri che a Mosca si possano trovare diversi luoghi più adatti alla vendita di profumi, e diverse persone pronte a partecipare all’acquisto dell’edificio perché vi si possa insediare l’unica istituzione adeguata, cioè un museo.
(Fonte: Novaja Gazeta)

Elena Račeva

Giornalista di Novaja Gazeta.

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