28 Novembre 2016

Ucraina: progetti di recupero e il miracolo dell’amicizia

Svetlana Mart'janova

Attraverso facebook, la notizia delle iniziative di Kiev e Charkiv ha raggiunto una docente russa, che di punto in bianco ha preso il treno per partecipare a quelli che le sembravano momenti di vita. Ecco le sue impressioni.

A dire il vero, il festival socio-culturale che si è svolto a Charkiv ai primi di ottobre di quest’anno ha offerto più occasioni per riflettere sull’unità dei cristiani che sulle differenze e le divisioni, e questo grazie all’Associazione Emmaus, al Centro di recupero per adolescenti e al Centro studi umanistici dell’Accademia Mohiliana di Kiev. Mi è piaciuto il nome che gli hanno dato: «Il cuore è più grande della guerra». Quando l’ho visto su facebook, ho scritto che ci sarei andata volentieri. Immediatamente, il giorno dopo, mi è arrivato un invito dal gruppo di Comunione e liberazione di Mosca.
La realtà ha superato ogni mia aspettativa. Il Festival era stato organizzato per aiutare i bambini traumatizzati dalla guerra. Ma Charkiv è diventato allo stesso tempo un luogo d’incontro, dove aprirsi e conoscersi l’un l’altro, cosa che ti arricchisce sempre. Ho visto una quantità di persone, cattolici e ortodossi, ucraini, italiani, russi, lituani, bielorussi, ho visto vescovi, sacerdoti e laici, gente di età diversa, di diversa professione, sani e disabili: tutti uniti nel testimoniare la misericordia.
Il primo ottobre, nella cattedrale cattolica dell’Assunzione, a Charkiv, c’è stata la solenne consegna delle reliquie di don Carlo Gnocchi, un beato di cui si sa ben poco in Ucraina e in Russia. Quello stesso giorno nella cattedrale hanno inaugurato una mostra su di lui e presentato il suo libro Pedagogia del dolore innocente. Cristo tra gli alpini, pubblicato dall’editrice di Kiev «Spirito e lettera».

L’esperienza della guerra ha cambiato fortemente la vita di don Carlo Gnocchi, e il suo servizio di misericordia è diventato semplicemente smisurato, in un certo senso rivoluzionario. Basti dire che a lui si deve la prima operazione di trapianto di cornea compiuta in base alle sue ultime volontà. Anche il suo libro testimonia la vita interiore di un uomo santo. È un fenomeno raro per il XX secolo, per questo il nostro concetto di santità è talvolta piuttosto vago. Nella vita di don Carlo Gnocchi la santità si manifesta come la misericordia che cresce all’infinito, in risposta alle umane sofferenze causate dalla guerra, dalla povertà, dalla malattia. Questa misericordia si è incarnata in iniziative concrete, in gesti e progetti.
Il libro è ben scritto e ben tradotto, contiene molte riflessioni preziosissime sulla vita e il carattere degli uomini, riflessioni suscitate dalla ricerca del volto di Dio nella realtà terrena. Ma l’esperienza di don Carlo Gnocchi è particolarmente importante in Ucraina, dove in questo momento stanno crescendo dei progetti per il recupero dei bambini colpiti dall’esperienza della guerra. Nella prefazione si dice: «Oggi, in Ucraina, affrontando delle sfide gravi e tragiche, e rispondendo con tutto noi stessi, possiamo rifare assieme al beato don Carlo Gnocchi il percorso che ci porta a scoprire la misericordia di Dio, condividendo con lui il dolore e la trasfigurazione delle anime bruciate dalla guerra».

I progetti nati negli ultimi anni in Ucraina vogliono restituire la speranza, rendere la società più umana. Ad esempio il progetto «Emmaus», che è stato chiamato così a ricordo del luogo dove gli apostoli si recarono in una situazione senza speranza. Ma ci sono anche altri progetti simili, come la «Casa volante», o la Fondazione «Bambini della speranza»; molti di questi bambini ormai parlano italiano, perché due anni fa delle famiglie italiane che da anni accoglievano i bambini di Černobyl’, hanno incominciato ad accogliere i figli dei profughi, dei soldati feriti o morti in guerra. Proprio da questa amicizia è nata la Fondazione «Bambini della speranza».
Per aiutare questi bambini due cori, uno ucraino (Speranza) che esegue le autentiche canzoni popolari, e uno italiano (CET) hanno organizzato un concerto di beneficenza. Il coro CET è stato una vera scoperta per molti amanti della musica e del canto italiani, infatti, oltre a studiare il folclore e i canti alpini nati dalla prima guerra mondiale, ha stupito tutti e non solo per le doti tecniche e vocali. Quelle canzoni esaltano la bellezza e la grandezza della vita, e aiutano così a resistere alla drammaticità degli eventi. La bellezza dei canti alpini è una bellezza in cui rinasce la speranza di una vita nuova.
Poi, il 2 ottobre, i partecipanti al Festival, cattolici e ortodossi, si sono uniti in un pellegrinaggio alla chiesa della Protezione della Vergine a Timčenki, e non a caso il gesto è stato dedicato al martire Anatolij Žurakovskij (morto nel 1937). A suo tempo la comunità di padre Anatolij, a Kiev, non svolgeva soltanto un’ampia attività educativa ma aiutava i poveri, i malati, i diseredati.

Io personalmente non ho potuto partecipare a tutte le iniziative che da Kiev sono proseguite a Charkiv. La cosa sorprendente è che al loro interno molti eventi e incontri sono nati in modo spontaneo, direi da un’esperienza unica di comunione. Ad esempio la bellissima testimonianza di padre Mauro Lepori, abate generale dei cistercensi che, invitato al convegno di Kiev, ha poi voluto partecipare alla festa di Charkiv e ha finito per parlare anche lui.
Durante queste giornate è stato sottolineato più volte che i protagonisti assoluti di questa storia sono i bambini, e che gli adulti possono servirli. Servire i deboli e i piccoli serve innanzitutto a chi offre l’aiuto. E Konstantin Sigov, che mi ha accompagnata in quei giorni, ha pronunciato delle parole memorabili: «Ci troviamo tutti nella sala d’aspetto della misericordia».
Purtroppo la realtà politica di oggi tende ad allontanarci dalla profondità dell’esistenza autentica. Solo una misericordia senza limiti rivela la presenza di Cristo nella nostra vita, e ci dà la speranza di arrivare a trasformare anche le istituzioni sociali.

Svetlana

Svetlana Mart'janova

Candidato di filologia, ordinario di letteratura russa e straniera all’Università Statale di Vla­dimir.

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