11 Gennaio 2018

Polonia, tra solidarietà e Stato «sacralizzato» (1)

Marta Dell'Asta | Angelo Bonaguro

La Polonia sta vivendo un processo di cambiamento. La patria di Solidarność si chiude sulla difensiva davanti all’Europa che cambia. Turbata dal conflitto tra militanza e testimonianza, ha bisogno del discernimento della Chiesa.

Ancora una volta la Polonia in piazza, una folla di 60mila persone che sfilano con bandiere bianco-rosse, famiglie, giovani, anziani soldati in divisa… Una manifestazione corale di popolo che entusiasma alcuni e spaventa altri. Sicuramente, nella Polonia che cambia come sta cambiando (e rapidamente) l’Europa, c’è un’ambiguità di fondo che va decifrata, perché il paese ritrovi la sua unità.
Nell’ottobre del 2017 c’era stato il rosario recitato da 2 milioni di polacchi ai confini, in novembre è stato il turno della Marcia dell’Indipendenza, una manifestazione che dal 2010 si svolge per le vie della capitale per celebrare quel lontano novembre del 1918 quando, dopo oltre un secolo, la Polonia riapparve finalmente sulle mappe politiche d’Europa.
Per cercare di approfondire la pura notizia di cronaca, è utile capire chi sta all’origine di quest’ultima manifestazione: dal 2010 sono due i gruppi che ne hanno preso in mano le redini trasformandola in associazione e registrandola come «evento ricorrente» (in questo modo non si possono svolgere contemporaneamente altre contro-manifestazioni): la Gioventù panpolacca e il Campo radical-nazionale.
La prima si rifà all’organizzazione creata nel 1922 da Roman Dmowski (1864-1939), celebrato come padre del nazionalismo polacco. Ammiratore di Mussolini, riteneva la borghesia tedesca e quella ebraica corresponsabili dei problemi economici del paese. Dapprima critico verso il cattolicesimo, finì per esaltarlo come elemento essenziale dell’identità nazionale. Nel ’99 il parlamento ne ha rivalutato la figura – ostracizzata durante il comunismo – per il suo ruolo «nel sottolineare la stretta relazione tra cattolicesimo e polonità».
Mateusz Pławski, portavoce della Gioventù, ha dichiarato recentemente: «Siamo separatisti razziali, non crediamo che una razza sia migliore di un’altra, ma riteniamo che ciascuna sia diversa dalle altre e debba abitare in un proprio continente. L’etnia non va mescolata… Noi consideriamo la nazione nel suo complesso, e indichiamo tre fattori importanti: quello cultural-religioso, quello politico e quello etnico. Crediamo infatti che ci debba essere un’identificazione a due sensi, ed è per questo che pensiamo che una persona di colore non sia polacca (…) e non potrebbe far parte della nostra organizzazione».
Il Campo, creato nel 1993, ha preso nome e simbolo da una formazione di estrema destra dichiaratamente fascista, anticomunista e nazionalista attiva nella seconda metà degli anni ’30.

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Marta Dell'Asta

Marta Carletti Dell’Asta, è ricercatrice presso la Fondazione Russia Cristiana, dove si è specializzata sulle tematiche del dissenso e della politica religiosa dello Stato sovietico. Pubblicista dal 1985, è direttore responsabile della rivista «La Nuova Europa».

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Angelo Bonaguro

È ricercatore presso la Fondazione Russia Cristiana, dove si occupa in modo particolare della storia del dissenso dei paesi centro-europei.

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