18 Giugno 2018

Forman, che voleva «far cantare» il pubblico

Caterina Dell’Asta-Zakharova

In memoria del regista Miloš Forman. Figlio dell’Est Europa, vittima di due totalitarismi, ha incontrato l’America ma non gli interessavano gli schieramenti politici. Lui cercava l’uomo e il suo insondabile mistero.

Il regista ceco Miloš Forman avrebbe avuto tutte le carte in regola per diventare l’oppositore modello di tutti i regimi del Novecento. Infatti, dopo aver perso entrambi i genitori nei campi nazisti, è anche diventato un membro di spicco di un gruppo di registi dissidenti durante il periodo comunista a Praga, la Nová Vlna, alla quale parteciperà per diversi anni, prima di decidere di rifugiarsi in America dopo l’entrata dei carri armati a Praga, nel ’68. Ma i suoi film, sia quelli girati in Cecoslovacchia, sia quelli seguiti poi a Hollywood, non sembrano semplicemente il manifesto d’opposizione di un dissidente, come sarebbe stato facile aspettarsi da un uomo con un «curriculum» del genere; né sono dei film di esplicito impegno politico, un cinema di denuncia, una riflessione sulla libertà, l’apporto di un intellettuale della vecchia Europa, provata e profonda, che approda nella giovane America, dinamica e un po’ superficiale.

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Caterina Dell’Asta-Zakharova

Traduttrice, laureata in russo all’Università Cattolica di Milano, ha conseguito la specializzazione in Storia contemporanea presso l’Accademia Mohiliana di Kiev.

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