10 Settembre 2021

“Pastori”, un film sugli ortodossi in Lombardia

Francesco Braschi

Sorte e cresciute quasi inavvertitamente, le comunità ortodosse del Patriarcato di Mosca in Lombardia sono uno spettacolo di fede e di apertura. Un documentario che uscirà il 13 settembre ne racconta la storia e la vita interiore.

Il 13 settembre 2021, presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano, avrà luogo la prima europea del film Pastori del regista russo Andrej Andreev.  Si tratta di un documentario – che sarà disponibile in streaming e in quattro lingue per tutto il mondo – dedicato a un fenomeno tanto importante quanto inafferrabile dai normali mezzi di comunicazione: la nascita e la crescita, nell’Italia del Nord e in Svizzera, di numerose comunità appartenenti alla Chiesa Ortodossa del Patriarcato di Mosca. Nel documentario si ripercorrono i momenti iniziali di queste comunità, che coincisero con l’arrivo a Milano, ormai 15 anni or sono, di padre Mikola Makar, sacerdote e docente di Teologia proveniente da Kiev, cui era stato affidato il compito di incontrare gli ormai numerosi fedeli russi, ucraini e moldavi presenti in Italia come migranti, impegnati nella cura degli anziani e in altri lavori soprattutto di tipo manuale.

Padre Mikola si mise ad andare per le strade, nei parchi, nelle case private dove si radunavano queste persone, per cercarle e stare con loro: da questo lavoro capillare e capace di mostrare a ciascuno quanto fosse atteso da Cristo, nacquero nel tempo numerose e fiorenti comunità, ormai saldamente radicate nel tessuto sociale e religioso di Lombardia e Canton Ticino. Lo stesso padre Mikola, come segno di venerazione per il patrono di Milano, assunse successivamente il nome monastico di Amvrosij, con cui oggi è conosciuto da tutti.

Pastori

L’archimandrita Amvrosij.

Ma il racconto di quanto avvenne non è l’unico tema del film: anzi, il cuore della narrazione ha due fondamentali registri. Il primo è quello che mostra la totale dedizione di padre Amvrosij (ma anche i suoi figli spirituali, posti a capo delle parrocchie sempre più numerose) ai suoi fedeli, fino al punto da identificare totalmente la propria vita con la missione di testimoniare e predicare il Vangelo e la misericordia di Dio. Il secondo, strettamente connesso al primo, coincide con la ricerca del punto sorgivo di una comunità cristiana, che viene individuato nella passione per la vita di ogni uomo, che solo nel rapporto filiale con Dio può ritrovare la verità della sua esistenza e la sua piena dignità di persona. Proprio per questo è fondamentale – per comprendere il film – ascoltare con attenzione l’ampia intervista al monaco Gabriel Bunge, che vive in un eremo tra le montagne della Svizzera e conduce una vita da starec, accogliendo ogni anno centinaia di persone che vanno da lui per un colloquio o una confessione.

Padre Bunge, raccontando ciò che Dio opera nelle persone che incontra e di cui egli stesso è testimone, parla infatti della vita spirituale come della possibilità di ritrovarsi, di ri-centrarsi, di ricomporre la propria unità interiore riconoscendosi invitati da Dio a un cammino di unione con Lui che passa attraverso la purificazione e la riconciliazione con Lui e anche con se stessi. Dove il ruolo del padre spirituale è quello di aiutare i fedeli a liberare il cammino verso Dio da tutti gli ostacoli e le incrostazioni che una vita autocentrata – dimentica di Lui e dei fratelli – ha prodotto, magari in decenni di lontananza dalla Chiesa.
Questa descrizione della vita di fede e del significato della Chiesa come luogo in cui riscoprire la propria umanità, e la cui «grammatica» fondamentale sono la Liturgia e l’Eucarestia, costituisce il messaggio fondamentale del documentario e ne dice il valore.

Pastori

A sinistra l’archimandrita Gabriel Bunge.

Questa dinamica viene raccontata nel film direttamente da chi ne ha fatto esperienza, e mostra come un’umanità riconciliata abbia la possibilità di riconoscere una presenza di bene anche nelle circostanze apparentemente più difficili e faticose. Padre Amvrosij e i suoi figli spirituali testimoniano che anche una situazione complessa come quella dell’emigrazione può essere riconosciuta come luogo in cui Dio si rende presente e di cui si serve per favorire la conversione dei suoi figli dispersi: tanti fedeli ortodossi, si dice nel film, che erano battezzati ma in patria non avevano mai vissuto la pratica della fede, proprio nella diaspora scoprono che Cristo è capace di unire e riconciliare una dispersione ancor più penosa di quella geografica, cioè quella che avviene nella propria interiorità.

E ancora, diventa provvidenziale il fatto di essersi ritrovati in terre, come la Lombardia e il Canton Ticino, di antica evangelizzazione, ricche di figure di santità della Chiesa indivisa del primo millennio: padre Amvrosij racconta come l’incontro con una vicenda ecclesiale di quasi venti secoli apra alla comprensione del valore dell’universalità della Chiesa, e faccia maturare un desiderio di unità che permette di riconoscere come non vi sia bisogno di nessun proselitismo, ma che basti offrire la verità del Vangelo e la ricchezza di una comunità di fede per ritrovare un’unità di intenti con le comunità cristiane «autoctone»:

solo così l’annuncio di Cristo a quanti non Lo conoscono avrà una capacità persuasiva che nasce dallo spettacolo della concordia.

Quanti da anni conoscono padre Amvrosij e la sua azione pastorale, che ha il suo centro a Milano ma si estende ben oltre i confini regionali della Lombardia, possono testimoniare quanto tenacemente, instancabilmente egli operi per mostrare come unica via maestra per vivere da cristiani l’accoglienza e il riconoscimento degli altri credenti in Cristo e delle altre comunità cristiane presenti sul territorio: e questo innanzitutto come una possibilità in più di vivere e mostrare la gioia di aver incontrato il Maestro e Signore, di testimoniare la potenza della Sua Risurrezione.

Certamente il volto di Chiesa e la figura dei credenti che si incontrano nel film – che mostra in modo suggestivo tutta la ricchezza della tradizione ortodossa – possono sembrare distanti dall’esperienza ecclesiale di chi è cresciuto nella forma cattolica della fede. Ad esempio, pur facendo vedere l’instancabile azione missionaria dei sacerdoti, il film mostra con chiarezza come vi sia nella vita di queste comunità una minore enfasi sul «fare» in favore invece del «contemplare» e del «celebrare» la salvezza operata da Dio. E siccome il culto non avviene solo nelle chiese in uso alle comunità ortodosse, ma si manifesta con frequenti pellegrinaggi nelle chiese cattoliche che ospitano le reliquie dei «nostri» Santi e Martiri (S. Ambrogio, S. Lorenzo, S. Vittore, S. Tecla, S. Babila… solo per citarne alcuni), questo modo di vivere la fede diventa una provocazione salutare, che invita i fedeli cattolici a chiedersi se non si sono scordati qualcosa, se non possono essi stessi re-imparare e ri-trovare nella loro stessa storia di fede quello che i fratelli ortodossi riconoscono con profondità e semplicità nella nostra tradizione ambrosiana.

Pastori

Da sinistra: l’arciprete Evgenij Ketov, il regista Andrej Andreev, l’archimandrita Amvrosij Makar. 

Qui ci viene rivelato un altro punto di sicuro valore del film, che ci mette davanti a comunità che sono ormai parte stabile della realtà ecclesiale delle nostre terre, e che pertanto recano con sé un’esperienza di fede preziosa che contribuisce ormai in modo costitutivo a delineare il volto della Chiesa, così come si presenta oggi agli uomini. Questi fratelli sono ora pienamente in grado di offrire un contributo e una presenza anche sul piano culturale, che rappresentano un grande valore per la nostra società, così tentata dall’autosufficienza e dal nichilismo. Così anche questo film rivela una portata culturale che si inserisce a pieno titolo in questo processo di mutuo riconoscimento. Il regista Andrej Andreev – un autore dalla filmografia significativa e riconosciuta a livello internazionale – è capace di trasmettere con vera maestria una varietà di messaggi e di impressioni: la fraternità tra i sacerdoti e tra i fedeli; la gioia della fede e la devozione e il rispetto che si esprimono nei gesti della liturgia; l’approccio rispettoso e grato alle chiese più significative della nostra storia. La narrazione scorre in modo coinvolgente e capace di far sentire lo spettatore «benvenuto» in questa esperienza di fede, proponendogli un itinerario di conoscenza e di accoglienza che fa sorgere il desiderio di un’amicizia da approfondire.

Questi i motivi per cui la presentazione del film Pastori è un avvenimento da non perdere, e la visione del documentario un’occasione da condividere e da proporre come un gradito dono da parte del regista, di padre Amvrosij e delle comunità da lui fondate. Nella consapevolezza che proprio qui e ora il rapporto tra le Chiese, in vista di un cammino sempre più condiviso nella vita concreta e negli intenti ideali, sta crescendo di qualità, non per iniziative venute dall’alto, ma per la tenacia di laici e sacerdoti grati per i doni ricevuti e consapevoli del valore di quanto vogliono condividere nel segno dell’amicizia in Cristo.

Il trailer

Francesco Braschi

Sacerdote, dottore in Teologia e Scienze Patristiche, dottore della Biblioteca Ambrosiana di Milano e direttore della Classe di Slavistica dell’Accademia Ambrosiana. È consultore della Congregazione del Rito ambrosiano e docente a contratto di Teologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

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