28 Novembre 2023

Caso Skočilenko: 7 anni di carcere per cinque adesivi

Anna Kondratova

Il 16 novembre a San Pietroburgo è stata condannata a 7 anni di carcere l’artista Aleksandra Skočilenko: aveva sostituito alcuni segnaprezzi di un supermercato con adesivi che riportavano notizie sulle azioni di guerra russe in Ucraina.

«Sono finita in carcere per le mie convinzioni, per dire a tutti quanto sono importanti l’amore, la pace e la libertà di parola. Sono così preziose che scontare sette anni per questo non è nulla. (…) È meglio andare in prigione che uccidere ed essere uccisi. La galera finirà, mentre un omicidio resta per sempre sulla coscienza».

Aleksandra (Saša) Skočilenko, artista pietroburghese, è stata condannata a 7 anni di carcere a regime comune sulla base dell’articolo 207.3 del Codice penale, che punisce amministrativamente e/o penalmente la diffusione di informazioni ritenute «consapevolmente false» sulle operazioni militari.

Il «crimine» compiuto da Saša il 31 marzo 2022 («tra le 21.30 e le 21.40») è stato quello di sostituire alcuni segnaprezzi del supermercato Perekrëstok di San Pietroburgo. L’idea, diffusa sui social dal movimento femminista, consisteva nel sostituirli con adesivi dal design simile che davano informazioni sulle azioni dell’esercito russo in territorio ucraino, news che differivano naturalmente dalla narrazione dei media statali. Per esempio, il prezzo delle confezioni di caffè da 400 rubli era sostituito dalla scritta: «Le forze armate russe hanno bombardato la scuola d’arte di Mariupol’, dove si erano rifugiate circa 400 persone», con la cifra equivalente al prezzo bene in evidenza.

Il gesto della Skočilenko non è andato oltre questa forma di sensibilizzazione silenziosa, non ha invitato a scendere in piazza o ad incendiare uffici di leva… eppure nell’attuale regime putiniano azioni di questo genere sono considerate «socialmente pericolose»

perché «promuovono una valutazione negativa sull’operazione militare speciale in Ucraina, che ha il reale obiettivo di proteggere il Donbass dall’aggressione delle autorità di Kiev e gli interessi della Federazione russa e dei suoi cittadini, di mantenere la pace e la sicurezza internazionale» – così si legge nell’atto di accusa.

In seguito alla denuncia di una pensionata che l’aveva notata nel negozio (mentre la cassiera e la guardia giurata se n’erano infischiate), è stata arrestata l’11 aprile.

Caso Skočilenko: 7 anni di carcere per cinque adesivi

Un segnaprezzo sostituito, in un negozio di Kazan’. (telegram)

«Il mio è un caso così strano e ridicolo – ha detto l’artista nella sua ultima parola al processo – che a volte penso che quando entrerò in aula per la prossima udienza, all’improvviso dal soffitto pioveranno coriandoli, ci saranno i fuochi d’artificio, attaccherà la musica, la gente si metterà a ballare gridando: “È uno scherzo! È tutto uno scherzo!”. Il mio caso è così strano e ridicolo che quando lo racconto ai dipendenti del carcere giudiziario, spalancano gli occhi ed esclamano: “Ma veramente da noi ora mettono dentro per questo?”. Il mio è un caso così particolare per cui persino i sostenitori dell’“operazione speciale” che ho incontrato non pensano che io meriti una pena detentiva».

Nata nel 1990, Saša ha studiato all’Accademia teatrale e alla Facoltà di arti e scienze liberali della capitale settentrionale. Nel 2011-2012 ha lavorato come giornalista freelance per il portale «Bumaga» occupandosi tra l’altro delle elezioni alla Duma di Stato e relativi brogli, ma non si è mai esposta come attivista politica. Fin dai primi giorni della guerra si è prodigata a favore della pace usando le sue «armi», il disegno e la musica.

Affetta da celiachia e da problemi cardiaci, è stata in cura per disturbi psichici (nel 2014 ne ha parlato nel volume a fumetti Il libro della depressione, tradotto in varie lingue). È proprio a causa del suo stato di salute che ci si aspettava una semplice sanzione amministrativa o gli arresti domiciliari, come accaduto a una ventenne di Iževsk o ad un imprenditore di Smolensk rei di aver compiuto lo stesso «crimine»; invece la «clemenza» della corte si è limitata allo sconto di un anno rispetto agli 8 richiesti. Un sistema politico che si presenta come difensore dei valori morali, alla fine dimostra la propria immoralità punendo un gesto di protesta civica come se fosse un attentato all’ordine costituito.

Durante i mesi di carcere giudiziario la ragazza ha subìto vessazioni e molestie dalle compagne di cella e dalle guardie: «Mi hanno detto cose disgustose, mi hanno maltrattata, umiliata e insultata. Ho sentito commenti osceni sul mio aspetto, sul mio stile di vita, sui miei amici e su dove abito, commenti sessisti e apertamente omofobi [Saša è dichiaratamente lesbica]. Tutto questo, ovviamente, non faceva parte del loro lavoro, ma era semplicemente la conseguenza di una situazione in cui cinque uomini aggressivi e poco istruiti ottengono un potere illimitato su una donna detenuta con la forza».

L’artista ha ammesso di aver distribuito i volantini, ma non si considera colpevole di aver diffuso fake news: «Volevo solo fermare la guerra – ha spiegato alla corte, – questa era la mia intenzione. Non ho agito per odio, ma per compassione. Sono sicura che nessuna persona in questa sala desidera la guerra (…). Siamo sopravvissuti all’epidemia di coronavirus (…), ora stiamo perdendo dei giovani. Ancora dolore, ancora lutto, ancora afflizione. Perciò non riuscivo a capire: perché un’operazione militare?».

Il 16 novembre la condanna – è la decima persona di San Pietroburgo ad essere colpita dall’art. 207.3 dopo Marija Ponomarenko, Ol’ga Smirnova, Viktorija Petrova, Boris Romanov, Vsevolod Korolev, Oleg Belousov, Ioann Kurmojarov, Evgenij Bestužev, Nikolaj Veprikov. «Vengo ammanettata e condotta da cinque guardie attraverso i corridoi e le scale del tribunale. Il mio avvocato dice di aver visto degli assassini scortati da una sola guardia. Ma io sono molto più pericolosa, per questo vengo accompagnata da cinque persone»…

Aleksandra Skočilenko

Aleksandra Skočilenko. (facebook)

Dall’ultima parola al processo

«(…) Se pronuncerete una sentenza di condanna quale messaggio invierete ai nostri concittadini? Che ci si deve arrendere sotto la minaccia della cattura? Che sotto pressione si deve mentire, essere ipocriti, cambiare le proprie opinioni? Che non si può provare pena per i nostri soldati? Che non si può desiderare un cielo di pace sopra la propria testa?

Sì, sono una pacifista. I pacifisti sono sempre esistiti, sono coloro che credono che la vita sia un valore assoluto. I pacifisti credono che ogni conflitto, anche il peggiore, possa essere risolto pacificamente. Ho timore persino di uccidere un ragno, non oso immaginare di togliere la vita a qualcuno. È così che sono cresciuta, è così che mi ha educata mia madre.

Ritengo che la vita sia sacra. Oh sì, la vita! Se si mettono da parte tutta l’apparenza di questo mondo – le auto, gli appartamenti, la ricchezza, il potere, il successo, i rapporti e le reti sociali, resta solo lei.

Oh sì, la vita! È incredibile, sorprendente, è unica, tenace, potente. È nata sulla Terra e non abbiamo ancora trovato un suo analogo nello spazio più profondo. Buca l’asfalto, distrugge le pietre,

da minuscola piantina si trasforma in un gigantesco baobab, da microscopica cellula diventa una gigantesca balena. Abita le vette, si nasconde nella Fossa delle Marianne con una forza indistruttibile si estende dai ghiacci artici ai deserti torridi. La sua forma più perfetta è l’uomo.

(…) Il pubblico ministero ha la sua verità. Se ci fate caso, nella sua esposizione dell’accusa non ha motivato né argomentato in alcun modo il motivo per cui le fonti ufficiali dello Stato debbano costituire la verità assoluta. È chiaro perché: la fede non richiede giustificazioni. Sì, lui ci crede. Questo è ciò che ritiene vero, ed è un suo diritto. Crede che ci siano i cosiddetti lacchè della NATO o che non esistano media indipendenti perché sono tutti finanziati dall’estero con l’obiettivo di diffamare e distruggere la Russia. Lasciateglielo credere! È un suo diritto. Ma la grande differenza tra lui e me è che io non lo metterei mai in prigione per questo, e soprattutto non gli darei otto anni.

(…) Non lo biasimo, so che lo fa per il proprio benessere, il proprio status, il posto nella società, per non perdere questa posizione e finire – Dio non voglia – al posto mio. Si preoccupa del benessere della sua famiglia (…).  Ma cosa dirà ai suoi figli? Che una volta ha messo in carcere un’artista gravemente malata e a cui tutti volevano bene, per cinque miseri foglietti?

… Non ho paura di dimostrarmi stravagante, vulnerabile, debole, ridicola, e nemmeno di essere diversa dagli altri. Forse è per questo che lo Stato ha così paura di me e degli altri come me, e mi tiene in gabbia come un animale pericoloso.

Caso Skočilenko: 7 anni di carcere per cinque adesivi

(skochilenko.ru)

Ma l’uomo non è un lupo per il suo simile. È facile litigare per le opinioni diverse, invece è così difficile amarsi, comprendersi, accettarsi, ascoltarsi, scendere a compromessi. È così insopportabilmente difficile che a volte sembra impossibile, perché in quei momenti la violenza, la pressione, l’intimidazione sembrano essere l’unica via d’uscita. Ma non è così! Dobbiamo imparare ad amarci, ad essere misericordiosi gli uni con gli altri, a perdonare, a negoziare, a riconciliarci, a scendere a compromessi: questa è l’unica via d’uscita dalla crisi morale in cui ci troviamo.

(…) Questo processo ha avuto molti aspetti insoliti. Non c’erano solo mamma e nonna in aula, come accade solitamente: c’era una folla enorme, alcune persone sono rimaste fuori, sono entrati dei giornalisti fastidiosi… e potrebbero avervi fatto innervosire disobbedendovi o infrangendo le regole. Vi prego di essere indulgenti con loro. (…)

Abbiamo vissuto senza alcun interesse per queste cose, e ora improvvisamente la gente è venuta in tribunale per scoprire come funziona il sistema giudiziario e penitenziario. Si tratta di un enorme passo avanti per la nostra società, per lo sviluppo della sua autocoscienza, per la riduzione del tasso di criminalità.

(…) Vi è stato dato il grande potere di decidere del destino delle persone. In questo caso del mio destino, della mia vita, della mia salute, della mia libertà e della felicità dei miei cari. Credo sinceramente che userete questo potere con saggezza».

Dal diario del carcere

Nel carcere giudiziario Saša ha fissato momenti di vita e riflessioni in un breve diario illustrato con gli strumenti di cui poteva disporre, perché «all’inizio le matite colorate erano vietate. Così ho fatto i miei primi disegni con una penna gel nera. (…) Con il tempo, il divieto è stato abolito, ma in cella sono ammessi solo sei pastelli a testa alla volta».

1 – «Mi è venuta un’idea: e se lasciassimo, con discrezione, delle cartoline per la pace sugli scaffali dei negozi? Dopo tutto, ci sono ancora molte persone che non sanno (o non ricordano?) che la vita umana è un miracolo, quanto è bella e preziosa, e che la violenza non è una soluzione ai problemi».

Caso Skočilenko: 7 anni di carcere per cinque adesivi

“La violenza non è mai una soluzione” – “L’amore è più forte della guerra e della morte”. (skochilenko.ru)

2 – «Nel corridoio gridano: “Ragazze, colazione!”. Aprono “la mangiatoia” – una finestrella nella porta della cella, grande come un quaderno – e noi dobbiamo appoggiarci due piatti e due caraffe di plastica il prima possibile: una per il tè e una per il latte».

colazione, perquisizione

(skochilenko.ru)

«Verso le dieci è l’ora dell’ispezione: quando aprono la cella, dobbiamo uscire con le mani dietro la schiena. Poi un agente o un addetto entra nella cella con un martello di legno enorme e minaccioso, picchietta su tutte le superfici e guarda negli armadi».

3 – «Nel pomeriggio ci portano a fare una passeggiata nel cortiletto. C’è una lunga panchina verde, pareti di cemento piene di scritte, dove le detenute si scambiano messaggi (che l’amministrazione copre con la pittura), e un soffitto a sbarre attraverso il quale si vede il cielo. Corro in cerchio per il cortile, facendo esercizi, se non sto troppo male. A volte canto. Poi mi sdraio e prendo il sole sulla panchina».

ora d'aria, bagno serale

(skochilenko.ru)

«La sera riempiamo bottiglie da mezzo litro, andiamo in bagno e ci “laviamo” sul water. È una tecnica complessa. Provate a farlo a casa. Prima versatevi l’acqua dalla bottiglia, poi cercate di lavarvi i piedi e le ascelle, cambiatevi i vestiti, poi asciugate con cura il pavimento da ogni goccia. Tutto questo dovrebbe essere fatto in 6-8 minuti se siete in una cella da 18 letti. In una cella da 6 letti se ne possono impiegare da 10 a 15».

4 –«Dopo cena, la mia vicina guarda Streghe e Supernatural, e io scrivo lettere. A volte ci mettiamo d’accordo per guardare un film d’animazione su Disney Channel. Di solito guardo e contemporaneamente disegno. Alla fine mi metto sempre a piangere perché il bene ha trionfato».

Caso Skočilenko: 7 anni di carcere per cinque adesivi

(skochilenko.ru)

«Si dà il caso che io rappresenti tutto ciò che il regime di Putin non tollera: creatività, pacifismo, LGBT, psicoeducazione, femminismo, umanesimo e amore per tutto ciò che è luminoso, originale, insolito. Sono sopravvissuta e cresciuta nonostante e a dispetto di tutto ciò che ci è stato imposto. (…) Prima o poi doveva succedere, ma credo che questa non sia la fine, che ce la farò, che ne uscirò, che sopravviverò, non importa per quanti anni mi metteranno in prigione».

Anna Kondratova

Moscovita, laureata in sociologia. Ha seguito da vicino lo sviluppo del movimento d’opposizione in Russia. Giornalista e saggista.

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