22 Marzo 2023

Memorial vive (ma cercano di farla fuori)

Redazione

All’alba del 21 marzo a Mosca le forze dell’ordine hanno fatto irruzione nelle abitazioni di alcuni membri di Memorial. Un’operazione lampo che forse voleva essere un rendimento di conti finale con l’organizzazione.

Martedì 21 marzo 2023 a Mosca, verso le 6 del mattino ci sono state delle irruzioni nelle case di nove collaboratori dell’Associazione Memorial, in relazione a un’inchiesta aperta il 3 marzo scorso per «riabilitazione del nazismo».

L’inchiesta è stata aperta su denuncia dell’organizzazione «Veterani di Russia», la quale avrebbe individuato nel database di Memorial, contenente oltre 3 milioni di vittime dello stalinismo, i nomi di 3 persone condannate per collaborazionismo con i nazisti durante la Seconda guerra mondiale.

È evidente che si tratta di un malcelato pretesto, che Memorial ha smascherato poche ore dopo con una ricostruzione accurata dei fatti, che illustra fra l’altro il suo metodo di lavoro: «Due dei tre nomi incriminati, P. Dvojnych e P. Dolženkov, erano contenuti nel Libro della Memoria compilato dalla Repubblica del Tatarstan, con la supervisione delle autorità locali: l’FSB, il Ministero degli Interni, la Procura e la Corte Suprema della repubblica. …Il database di Memorial riunisce migliaia di singoli libri della memoria, e la preparazione alla stampa dura anni. La Procura ha rifiutato la riabilitazione a Dvojnych e Dolženkov quando il libro coi loro nomi era già uscito. Per altro Memorial non dispone di elementi sulle motivazioni concrete della loro condanna, nel suo documento, la Procura cita solo l’articolo del Codice penale. Ai primi del 2022 Memorial ha chiesto all’FSB il fascicolo di Dvojnych, senza avere risposta.

Il terzo personaggio, tale Rudol’f Najmiller di origini tedesche, nell’elenco di Memorial è indicato come “colono speciale” deportato da Odessa nell’ambito di una “operazione nazionale”. Nel 1954 fu condannato per aver fatto il poliziotto durante l’occupazione nazista. Ma le due accuse non sono fra loro collegate: Najmiller rientra nel nostro elenco base.memo.ru in quanto vittima di un’operazione nazionale e non come criminale di guerra. Memorial non disponeva di dati sui suoi crimini di guerra successivi».

Memorial vive (ma cercano di farla fuori)

Agenti davanti alla sede di Memorial a Mosca. (telegram)

Le perquisizioni del 21 marzo state fatte dalla Commissione investigativa alla presenza degli agenti dell’antiterrorismo (Centro E). Gli avvocati difensori accorsi non sono stati lasciati entrare.

Dalle notizie ancora frammentarie sappiamo che la maggior parte dei fermati è stata portata al Dipartimento investigativo per essere interrogata. Fra loro Oleg Orlov, capo del Centro diritti umani di Memorial (ufficialmente liquidato) cui è stato contestato un reato penale, ai sensi dell’articolo 280-3 parte 1 sul discredito ripetuto dell’esercito russo. Non è stato però chiarito a che episodio si riferisca l’accusa. Nei giorni precedenti erano state fatte perquisizioni simili tra gli ex collaboratori di Memorial a Perm’, in Siberia.

I fatti di questi giorni disegnano i contorni di un’operazione di intimidazione che vorrebbe cancellare definitivamente l’organizzazione ma, come avevano scritto sui loro cartelli alcuni giovani manifestanti: «Noi di Memorial esisteremo sempre», e finora è stato così nonostante la sua liquidazione totale decisa dalla Corte Suprema nel dicembre del 2021. Nei mesi successivi, un gruppo di responsabili si è trasferito all’estero, dove ha fondato una nuova associazione Memorial, ma un altro gruppo è rimasto in Russia e continua ad operare in maniera autonoma nell’ambito di un progetto privato, senza personalità giuridica, che si chiama «Sostegno ai detenuti politici. Memorial».

Nel video: il fermo di Račinskij. (SotaVision)

Anche il presidente di Memorial International, il 64enne Jan Račinskij, è stato fermato e interrogato, dopo essere stato trattenuto per alcune ore in un furgone cellulare. Quando, nel dicembre scorso, le autorità russe gli avevano sconsigliato di recarsi a Oslo per ricevere il premio Nobel, Račinskij aveva deciso di ignorare le minacce, e anzi aveva dichiarato alla BBC: «Nella Russia attuale non c’è garanzia di sicurezza per nessuno. Molti sono stati ammazzati. Ma noi sappiamo come va a finire l’impunità dello Stato. Dobbiamo in qualche modo uscire da questa fossa».

Per questo Memorial vive.


(foto d’apertura: telegram Memorial)

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