10 Gennaio 2022

Dmitriev, il messaggio dalla prigione

Redazione

Il 28 dicembre scorso la giornalista Viktorija Ivleva ha visitato Dmitriev nel carcere di Petrozavodsk, per verificare il suo stato d’animo dopo la condanna a 15 anni – in pratica l’ergastolo per un 66enne malato – ricevuta il giorno prima. Dmitriev le ha chiesto di trasmettere agli amici questo messaggio.

Scrive Viktorija Ivleva:«Ieri sono stata a Petrozavodsk, al Centro di detenzione federale n. 1, per vedere Jurij Dmitriev.
Ha un aspetto allegro e tranquillo, un’immensa voglia di vivere.
Questo è quanto mi ha chiesto di trasmettere a voi amici, me lo sono appuntato alla lettera:

“Ringrazio per la partecipazione  e la solidarietà! Ieri sono stato felice di vedervi tutti. Sono felice che quanto sta succedendo nel nostro paese non spaventi il popolo, ma lo unisca. Il momento presente  è pericolosissimo, il potere è allo sfascio, perché quando non c’è una guerra né la pace succedono le cose più pericolose. Sono grato a tutti quelli che hanno trovato il coraggio di venire alla lettura della sentenza, aspettando un miracolo.

Penso che Dio abbia permesso tutto questo. Il più grande nostro miracolo è la solidarietà, che è la nostra arma, la nostra speranza e il nostro sostegno. L’ho constatato ieri e subito mi sono tranquillizzato, e mi son detto: sia quel che sia.
Lo so bene che la mia non è una pena ma il tentativo – secondo loro – di spaventarmi definitivamente. Ma io sono certo che finirà tutto prima.

Ringrazio tutti quelli che mi scrivono, chiedo scusa se non riesco sempre a rispondere. Avevo accumulato 40 lettere, ma tra ieri e oggi mi ci sono messo e ho risposto a tutti. Penso che entro domani riceverò la mail numero mille; ad oggi sono già 987. Poi farò un pacchetto, che Katja porterà a casa, di 200 lettere scritte e mano.

Raccomando ai colleghi di Memorial di tener duro! Io credo che Memorial continuerà la sua opera”».

Dmitriev, il messaggio dalla prigione

Dmitriev durante uno dei suoi viaggi nella storia. (pravmir.ru)

Commenta la Ivleva:

«Alla visita sono andata col figlio di Jurij, Egor; eravamo lì alle due ma ci hanno fatto entrare alle tre, siamo usciti dopo circa un’ora, ma avremmo potuto restar lì a parlare fino a notte, se fosse stato possibile. Ci strappavamo la cornetta l’un l’altra (perché il colloquio avviene tramite un telefono e attraverso un vetro) per parlare di tante cose.

Davanti a noi, nella postazione accanto, c’era una donna anziana; l’avevo notata sin dal primo momento, quando era fuori sui gradini e fumava avidamente, tirando su ad ogni respiro. Non avevo mai visto nessuno fumare a quel modo, in vita mia.

Abbiamo parlato. La donna diceva che era sola e soffriva molto. Suo figlio sta là dentro, “per questo fumo così”. Vive in campagna, molto modestamente, e ha faticato a mettere insieme il pacco per il detenuto. Non ho osato chiederle cosa avesse commesso suo figlio. Grazie per il suo sostegno, mi ha detto. Ci siamo abbracciate, lasciandoci. La sua solitudine e infelicità saltavano agli occhi.

Ma la nostra parola chiave è solidarietà! Jurij Dmitriev è fermamente convinto che la solidarietà è un miracolo, la volontà di Dio. Credo abbia ragione!».

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