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14 Dicembre 2018
100 anni di Solženicyn. La sua fu una rivoluzione del pensiero
La profondità del contributo dato da Solženicyn alla coscienza occidentale spesso ancora ci sfugge nei suoi contorni. Nel centenario della nascita riscopriamo la rivoluzione del pensiero che produsse in Francia.
Il tema dell’accoglienza ricevuta da Solženicyn in Occidente è un capitolo di grande interesse non solo nella storia dello scrittore e della ricezione della sua opera, ma anche nella storia della cultura in generale, perché ci apre a una migliore comprensione del mondo contemporaneo.
Il caso della Francia è, da questo punto di vista, estremamente indicativo, infatti, da una parte, abbiamo la complessità dell’ambiente politico e culturale francese, con l’Union de la gauche che dal 1972 al 1977 unisce Partito Socialista (PS) e Partito Comunista Francese (PCF) e, almeno inizialmente, monopolizza il mondo intellettuale con il ricatto ancora dominante dell’incompatibilità tra democrazia e anticomunismo. Dall’altra parte, avremo proprio in questo mondo culturale l’esplosione della problematica totalitaria che ne cambierà radicalmente l’orientamento spingendolo verso l’estrema sinistra (grazie al libro di Maria Antonietta Macciocchi sulla Cina, dal 1971 erano iniziati gli anni dell’infatuazione per il maoismo), ma che nello stesso tempo introdurrà una serie di chiavi interpretative dell’opera di Solženicyn che altrimenti sarebbero rimaste chiuse nel semplice dibattito politico e che invece andavano decisamente verso un superamento del politico: alludo qui all’idea delle origini non politiche del politico, così magistralmente sviluppata nel Potere dei senza potere del futuro presidente Havel, che però scrisse questo testo solo nel 1978, mentre già nell’Arcipelago, che pure è il testo in cui è più chiara la denuncia del carattere ideologico e totalitario del regime, c’è l’invito, incredibilmente non recepito da molti critici successivi, a chiudere il libro se vi si cerca «una qualche rivelazione politica».
Dunque, in un contesto culturale profondamente determinato dalla politica, il testo apparentemente più politico di Solženicyn determina il processo del più decisivo superamento dell’ideologia, quello che verrà definito, né più né meno, come lo «smantellamento di un universo mentale», così che come dirà François Furet (il grande storico della rivoluzione francese) nel mondo della storia della cultura e della mentalità, d’ora in avanti saremo costretti a parlare di un prima e di un dopo Solženicyn: di un prima, in cui il discorso sull’ideologia restava bloccato nei suoi contenuti politici, e di un dopo in cui esso si apriva a mettere a nudo la forma ideologica di pensiero o l’ideologia come logica di un’idea che tende ad assorbire la realtà quale che sia poi il contenuto con il quale tenta di realizzare questa operazione. Questa è la novità di Solženicyn.
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Adriano Dell’Asta
È docente di lingua e letteratura russa presso l’Università Cattolica. Accademico della Classe di Slavistica della Biblioteca Ambrosiana, è vicepresidente della Fondazione Russia Cristiana.
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