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24 Novembre 2020
«Cristo in mezzo a noi»
La raccolta di omelie di padre Scalfi è il frutto del lavoro di molte persone; un’iniziativa collettiva, la prosecuzione naturale di quello che è capitato fra quanti gli sono stati accanto, soprattutto negli ultimi anni della sua vita. Fra queste persone ci sono stato anch’io. Credo sia importante condividere la mia esperienza di testimone.
Padre Scalfi aveva un cuore sacerdotale, e il cuore del suo cuore era la Messa, la celebrazione dell’Eucarestia. L’opera di Russia Cristiana, come ci raccontava spesso lui stesso, è nata proprio durante una liturgia, la Divina Liturgia in rito bizantino che alcuni gesuiti del Russicum (il collegio eretto da papa Pio XI a Roma per la missione in Russia) celebrarono nel seminario di Trento quando padre Scalfi era ancora seminarista. Fu infatti in quell’occasione che il giovane Romano riuscì a trovare un orientamento preciso al desiderio missionario che lo accompagnava già da molti anni. Un desiderio costante, sorto dall’impressione che avrebbe servito con frutto la Chiesa anche fuori dalla propria diocesi, ma che era rimasto per tanto tempo vago nei suoi connotati specifici.
Il modo con cui padre Romano ha incontrato la Russia è significativo. È come se la Russia avesse suscitato in lui il fascino della sua stessa anima, avesse fatto rivivere in quel giovane seminarista la bellezza da cui era nata. L’antica Rus’ era nata allo stesso modo: da una Divina Liturgia. Come narra la cronaca, il principe Vladimir di Kiev, vissuto nel X secolo, aveva mandato degli ambasciatori per informarsi sulla fede degli altri popoli. Giunti a Costantinopoli rimasero folgorati dalla bellezza della Liturgia e ritornati in patria avevano detto: «Non sapevamo se eravamo in cielo o in terra, perché, in verità, non c’è sulla terra un simile spettacolo, né tanta bellezza. Non siamo capaci di raccontarlo, ma sappiamo soltanto che là Dio abita in mezzo agli uomini».
Padre Scalfi rimase fedele all’intuizione di dedicarsi alla missione russa per il resto degli anni di formazione seminaristica. L’innamoramento per la Russia divenne ben presto un amore fedele, parte della sua preghiera e delle sue aspirazioni. Ne abbiamo traccia nel registro personale delle Messe: la sua prima Messa fu offerta in onore della Beata Vergine Maria, in suffragio dei suoi cari defunti, secondo le intenzioni di parenti e benefattori, e «per la Russia».
La vita di padre Romano è stata scandita giorno per giorno dalla celebrazione eucaristica e giorno per giorno il padre ha fedelmente annotato sui propri registri la Messa quotidiana. Questi quaderni, che ha conservato con cura e compilato con precisione fino all’ultimo, sono il documento che attesta quale fosse la trama dei suoi giorni. La Messa, per padre Romano, era il punto da cui partiva tutto, da cui cominciava ogni giornata.
Negli ultimi anni la vita di padre Romano è andata sempre più raccogliendosi nella sua residenza di Seriate, in provincia di Bergamo. Si è andato lentamente costituendo una sorta di focolare attorno a lui: in molti gli facevano visita, certi di trovarlo sempre disponibile per la confessione o per un momento di direzione spirituale. La mensa di questo focolare, per così dire, era la Messa da lui celebrata nella cappella della Trasfigurazione di Villa Ambiveri. Alla base di questa raccolta, dunque, c’è il gruppo di persone che hanno frequentato assiduamente le celebrazioni di padre Scalfi, a casa sua, proprio come dei figli spirituali che si raccolgono a pranzo in famiglia.
Padre Romano aveva un temperamento ironico e simpatico. Quando parlava della Messa diceva innanzitutto che la predica doveva essere «corta, ma breve». Glielo avevano insegnato in seminario nell’unica, forse, lezione di omiletica che lì si era tenuta, o comunque quella che fra tutte le altre aveva tenuto sempre a mente: «Le regole dell’omiletica sono tre: sapere cosa dire, dirlo e piantarla lì».
Raramente giustificava lo stile sintetico delle sue omelie come un favore che faceva all’attenzione dell’assemblea. Diceva piuttosto che il centro della Messa è un altro: non il sacerdote, ma Cristo presente; diceva che una predica lunga è un ostacolo a vivere tutto questo. Dunque non tagliava il discorso, quasi che si sentisse di dover risparmiare ai fedeli alcune delle cose che avrebbe potuto dire. Padre Scalfi celebrava la Messa perché «lì c’è il Signore», come una volta la sua mamma aveva detto in famiglia. Le prediche di padre Romano erano brevi perché lui non era lì per predicare, ma per stare anche lui come gli altri con il Signore.
Da qui viene, a mio avviso, il suo peculiare stile omiletico: anche l’omelia deve trasmettere una presenza. Come farlo? Padre Scalfi aveva trovato un suo modo: condividere il proprio cuore con i fedeli riuniti in assemblea. Padre Romano preparava sempre l’omelia: mi è capitato alle volte di vederlo prendere appunti per fissare delle idee. Poi però non leggeva mai – si sarebbe confuso, incespicando fra le righe. Parlava invece appassionatamente di ciò che del brano del Vangelo riempiva il suo cuore. L’assemblea sarebbe rimasta volentieri ad ascoltarlo per mezz’ora!
Il titolo stesso della raccolta, Cristo in mezzo a noi, vuole cogliere questo aspetto delle celebrazioni del padre. La presenza di Cristo era anche un tema frequente delle sue omelie. Spesso il padre agganciava questo discorso dalle parole di Cristo: Il Regno di Dio è in mezzo a voi. Poi citava l’interpretazione di Origene: quell’«in mezzo a voi» va colto anche nel senso «dentro di voi», nel cuore. Cristo conosciuto nel cuore: padre Romano parlava di Cristo raccontando e condividendo ciò che aveva nel cuore. Forse proprio per questo parlava spesso della dolcezza di Cristo, del suo amore misericordioso, del fatto che Cristo conosce ciascuno «in modo personalissimo».
Vedere padre Romano così innamorato di Cristo mentre parlava di Lui era la dimostrazione della verità delle parole che diceva. Le omelie di padre Scalfi apparivano come una dimostrazione che quello che era stato letto nel Vangelo era proprio vero: lui lo aveva sperimentato e tutti potevamo sperimentarlo. Una dimostrazione o, detto in altre parole, una testimonianza.
Fra le persone che frequentavano regolarmente la Messa celebrata da padre Romano si è in questo modo diffusa la convinzione che quelle messe erano un evento. Dunque bisognava trattenerle, bisognava registrarle. Non è una cosa ovvia: abbiamo raccolto in archivio sette anni di prediche, gli ultimi sette anni di vita di padre Romano.
Leggendo la trascrizione delle omelie, le persone che hanno conosciuto padre Scalfi potranno certamente rievocare la sua presenza e vivere nuovamente quello che accadeva standogli accanto. Nelle omelie padre Scalfi ha concentrato tutte le linee importanti della sua vita. Innanzitutto la fede della sua famiglia e della sua terra, il Trentino; padre Romano parlava spesso di sua madre e di suo padre, di sua sorella Maria e della zia cappuccina, madre Chiara. Poi gli anni di formazione in seminario, in particolare del suo padre spirituale, il servo di Dio don Eugenio Bernardi. Padre Scalfi citava spesso i Padri della Chiesa e la tradizione spirituale orientale, che aveva coltivato a partire dagli anni trascorsi a Roma al Russicum. Infine compaiono di frequente nelle sue omelie testimonianze della Chiesa libera anche se perseguitata in Unione Sovietica, il fiume di vita del samizdat, l’autoeditoria clandestina, e la testimonianza dei dissidenti.
Questa raccolta è perciò un ottimo strumento anche per chi non lo ha incontrato, poiché offre l’opportunità di conoscere padre Scalfi a partire dal centro della sua vita, dalla Messa, il centro dal quale si sono irradiate tutte le opere di testimonianza della sua vita di sacerdote.
Paolo Polesana
Dopo la laurea all’università statale di Milano, ha conseguito il dottorato in fisica a Como e ha lavorato nei laboratori laser dell’università di Vilnius (Lituania). Ora è sacerdote diocesano a Bergamo. Da diversi anni collabora con l’Associazione Russia Cristiana
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