4 Novembre 2016
Una chiesa che unisce e una che divide
Il tentativo di resuscitare la bellezza del cristianesimo di un tempo ha successo solo se la riconquistiamo percorrendo strade nuove. Le imitazioni non servono a niente. Come dimostra la triste storia della Santa Sofia di Polock.
Da tempo non è più possibile usare il vecchio cliché ideologico che vuol rappresentare Russia, Ucraina e Bielorussia come tre sorelle slave e ortodosse, che sono unite come la Trinità e insieme compongono la Santa Rus’. Eppure non può mancare di impressionarci il fatto che, quasi subito dopo la conversione al cristianesimo, nella Rus’ furono costruite tre cattedrali dedicate alla santa Sofia, che oggi si trovano sul territorio di questi paesi – a Kiev, Polock e Novgorod. Secondo la nota leggenda, il principe Vladimir decise di ricevere il battesimo dopo aver sentito magnificare la bellezza della liturgia nella cattedrale di Santa Sofia a Costantinopoli. Ed ecco che già suo figlio Jaroslav inizia a costruire una chiesa dedicata alla Sapienza Divina a Kiev, per condividere questa bellezza con il suo popolo; poco dopo appariranno le altre due chiese. Probabilmente, la sorte più drammatica è toccata proprio alla Sofia di Polock, e quest’anno all’improvviso questa vicenda ha avuto un inatteso seguito.
La cattedrale di Santa Sofia a Polock, nella Bielorussia settentrionale, fu costruita dal principe Vseslav il Mago il quale, secondo la leggenda, era un lupo mannaro e uno stregone, e divenne famoso per il lunghissimo regno di quasi 60 anni. La chiesa divenne il simbolo della città, resistette per molti secoli, sopravvisse a varie guerre devastanti. Dopo l’Unione di Brest nel 1596 passò ai greco-cattolici. All’inizio del XVIII secolo, quando la Rzeczpospolita era ormai uno Stato molto debole, la Russia e la Svezia combatterono sul suo territorio, e Polock fu occupata dall’esercito dello zar Pietro I. È difficile spiegare come mai, ma nel portico della chiesa di Santa Sofia collocarono un deposito di polvere da sparo.
In questo periodo avvenne un episodio terribile. Una volta lo zar Pietro I venne accompagnato a visitare la chiesa da un monaco greco-cattolico, durante la visita Pietro vide un’icona di Iosafat Kuncevič (il vescovo uniate ucciso dagli ortodossi) e chiese chi fosse. Quando lo zar sentì che si trattava di un santo ucciso dagli eretici si adirò, e sguainata la sciabola uccise quattro monaci. Cinque anni dopo il fatto, per qualche motivo il deposito di polveri esplose, e Santa Sofia andò completamente distrutta. L’esercito russo se ne andò lasciandola ridotta a un cumulo di macerie, e solo quarant’anni dopo la cattedrale fu ricostruita dall’architetto Iogann Glaubic. O meglio, Glaubic non la ricostruì ma edificò sullo stesso luogo la nuova basilica greco-cattolica dello Spirito Santo. Questa chiesa è considerata un gioiello del barocco di Vilnius, ma ben poco ha a che fare con la primitiva cattedrale di Santa Sofia. Dell’antica chiesa restavano solo le fondamenta e frammenti delle mura. Nel XIX secolo, sotto il dominio dell’impero russo, la basilica fu consegnata agli ortodossi; in epoca sovietica fu chiusa, e ora è un museo e una sala per concerti d’organo. Una volta all’anno, nella festa di santa Evfrosinija di Polock, vi si celebra la liturgia ortodossa.
La resurrezione di Santa Sofia
Inaspettatamente questa triste storia ha avuto un seguito nel 2013, quando l’arcivescovo Dimitrij di Vitebsk e Orša ha proposto di ricostruire la cattedrale di Santa Sofia secondo le forme originali dell’XI secolo. Tuttavia non a Polock bensì a Vitebsk, il centro più vicino a Polock. L’idea come tale è piuttosto strana, ma a parte qualche estimatore delle antichità, la maggioranza è rimasta indifferente a questa novità. Tuttavia, in seguito si è saputo che l’amministrazione cittadina aveva messo a disposizione per la costruzione della chiesa il parco in centro città, nella parte storica di Vitebsk. Il luogo era stato scelto dalla compagnia russa Gazprom, che aveva promesso di finanziare il progetto. Saputo il fatto, gli abitanti hanno scritto una lettera al metropolita Pavel di Minsk, chiedendogli di annullare il progetto oppure di realizzarlo in uno dei quartieri-dormitorio dove non esistono chiese. A questa petizione, firmata da oltre 5000 persone, il metropolita non ha dato risposta.
A peggiorare la situazione ha contribuito il fatto che il parco è dedicato ai partigiani della seconda guerra mondiale, e per qualcuno abbattere gli alberi significa offendere la loro memoria. Inoltre nel parco c’è il monumento a Vladimir Korotkevič, scrittore bielorusso della seconda metà del XX secolo, e per costruire la chiesa bisognerà demolirlo. Korotkevič è un autore molto amato, per questo anche la possibilità che il monumento venga demolito è stata accolta molto male.
Alla discussione pubblica, svoltasi il 18 gennaio presso l’amministrazione cittadina, gli attivisti hanno cercato di formulare le loro domande: a cosa serve a Vitebsk un edificio che non ha nulla a che fare con la sua storia, e che sarà semplicemente una riproduzione? Perché la perizia ecologica ha vietato due volte di abbattere gli alberi del parco, e poi all’improvviso ha dato il consenso? Gazprom darà veramente i soldi per la costruzione, come promesso, oppure questo costoso progetto dovrà essere ultimato a spese dello Stato, come già è avvenuto in casi simili? I rappresentanti delle autorità cittadine e della Chiesa non hanno risposto a nessuna di queste domande, anzi hanno più volte interrotto chi interveniva, e nel momento di massima tensione hanno chiuso la seduta.
Quest’autunno gli abitanti di Vitebsk hanno fatto un nuovo tentativo di fermare il taglio degli alberi. Il 26 settembre presso il monumento a Korotkevič si è cominciato a raccogliere firme per una lettera al presidente in cui si chiede di fermare la costruzione. All’improvviso è comparso il sacerdote Michail Martynovič, nominato parroco della futura chiesa; questi ha tentato di calmare i presenti con qualche battuta scherzosa. Ma il suo era un umorismo fuori luogo (ad esempio padre Michail ha incominciato a segnarsi rivolto al monumento dello scrittore), e i cittadini indignati gli hanno detto tutto quel che pensavano dell’idea di costruire una chiesa in quel posto. Il sacerdote si è arrabbiato a sua volta, ha dato dei «contadini» a quanti gli parlavano in bielorusso, al che la gente gli ha gridato in risposta: «A noi non serve il vostro mondo russo». E nel frattempo continuava la raccolta di firme, che alla fine erano circa 300.
Nonostante le proteste, il 3 ottobre sono arrivati gli operai che hanno eretto un’alta recinzione a chiudere metà parco. E hanno apposto un cartello in cui si dice che i lavori termineranno tra due anni. C’è anche il testo della benedizione del patriarca Kirill per la «ricostruzione del grande monumento che testimonia le origini del cristianesimo nella Rus’ Bianca». Da allora, tuttavia, i lavori dietro la recinzione non sono iniziati. Sul luogo, il 13 ottobre, si sono dati di nuovo appuntamento i protestatari, un centinaio e più. A trattare con loro è venuto il sostituto del capo architetto di Vitebsk, Leonid Bogdanov. A chi gli chiedeva di lasciar stare il parco, ha ripetuto quanto donerà all’estetica della città la nuova chiesa. Ma nessuno lo ascoltava. Alla fine ha comunicato che i lavori sono fermi a causa delle proteste. Poco dopo, il 23 ottobre, il Comune ha proposto alla diocesi di Vitebsk di cambiare il progetto, riducendo le dimensioni della chiesa quasi della metà e spostandola 40 metri di lato. Tre giorni dopo un responsabile dell’amministrazione cittadina ha comunicato che non si possono iniziare i lavori fintanto che non si sa con certezza chi sono i finanziatori, in quanto lo Stato non potrà dare un aiuto.
A questo punto la storia ha preso una piega stranamente comica. Sempre il signor Leonid Bogdanov ha dichiarato durante una conferenza tenutasi il 27 ottobre, che si pensa di ricostruire la chiesa cattolica di Sant’Antonio da Padova, un grosso edificio del XVII secolo in stile barocco demolito nel 1961. Quando Marc Chagal dipingeva la sua città natale, ha ritratto più volte questa chiesa. Ma quando al funzionario hanno chiesto direttamente cosa ne sarà del parco e della cattedrale di Santa Sofia, si è rifiutato di rispondere. Pertanto al momento siamo in una situazione di incertezza. Il cantiere non è partito, né sappiamo se partirà mai. E in caso affermativo, non sappiamo quando, con che soldi, secondo quale progetto e soprattutto, a che scopo.
Segno dei tempi
Purtroppo, questi scandali legati alla Chiesa negli ultimi tempi sono così numerosi, che sembra inutile discutere nei dettagli ogni singolo caso. Il simulacro della “Santa Rus’” va costruito ad ogni costo. E tuttavia, in questo caso colpisce il contrasto particolarmente stridente tra la nobiltà della forma originale e la volgarità della copia. La Sofia di Polock, che con la sua bellezza converte un intero popolo, e la Sofia di Vitebsk, che prima ancora di essere costruita già suscita l’indignazione di quasi tutti, compresi gli ortodossi. In questo si può vedere uno speciale segno dei tempi. Torna alla mente il commento di Ol’ga Sedakova al film Leviatan [1] di Andrej Zvjagincev, dove faceva il paragone col dramma di Tengiz Abuladze Pentimento, girato nel 1984. Nel film di Abuladze, realizzato nel tardo periodo sovietico, il simbolo che tiene unita tutta la tragica storia è la distruzione di una grande chiesa. Nel film di Zvjagincev, al contrario, la tragedia è legata per l’appunto alla costruzione di una chiesa, a causa della quale viene distrutta la casa del protagonista.
Trent’anni fa quest’immagine sarebbe stata impensabile, mentre adesso rispecchia molto fedelmente la situazione della Chiesa. È interessante stare a vedere come proseguirà la storia della Sofia bielorussa, dapprima brutalmente distrutta, e ora altrettanto brutalmente ricostruita.Strocev
Fonti: svaboda.org, krynica.info, bchd.info, vitvesti.by, vkurier.by
Il servizio di TVSojuz:
NOTE
[1] Cfr. G. Parravicini: Un Giobbe dei nostri giorni, «La Nuova Europa», n. 3/2015 (381), p. 36 ss.
Andrej Strocev
Nato a Minsk (Bielorussia) nel 1994. Ortodosso. Dopo la laurea in culturologia a Vilnius, ha ottenuto un dottorato alla Scuola di studi superiori in scienze sociali di Parigi. Vive a Minsk. Studia la storia della Bielorussia, si interessa di folclore, teologia.
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