8 Aprile 2024

«Green Border» di Agnieszka Holland: tra cinema impegnato e pubblicistica

Karol Grabias

«Green Border», l’ultimo film della regista polacca Agnieszka Holland ha riportato alla ribalta il problema dei profughi mediorientali usati dal regime bielorusso come «proiettili umani» da lanciare contro i confini polacchi ed europei. Benché gli arrivi siano diminuiti, il problema è ancora irrisolto in Polonia, nonostante il cambio di governo e le promesse elettorali.

Non è affatto semplice trovare nel cinema polacco contemporaneo un’opera che, come nel caso di Green Border di Agnieszka Holland, sia stata accompagnata, ancor prima della sua uscita, da rituali di polarizzazione tribale così numerosi: da un lato gli applausi concessi «in bianco» con standing ovation, dall’altro gli anatemi lanciati allo stesso modo.

Una simile discussione al calor bianco non ha accompagnato né la prima di Ida di Pawlikowski 1, né quella di Clergy di Smarzowski [film del 2018 sugli scandali nella Chiesa – ndr], anche se in questi casi abbiamo assistito alla consueta operazione di creare feticci nel cinema: in una certa opera viene evocata l’essenza di una tribù, mentre un’altra fazione la mette ritualmente al rogo, senza preoccuparsi se l’opera abbia effettivamente qualcosa da dirci.

Guarda il trailer:

(fonte: portale Więź.pl)


(immagine d’apertura: imdb.com)

La lettura dell’articolo completo è riservata agli utenti abbonati, effettua il login o abbonati per accedere a tutti i contenuti del sito.

Karol Grabias

Nato nel 1991, redattore del portale Więź.pl. Laureato in Filosofia della Cultura e della Religione all’Università Wyszyński, dottorando in filosofia presso l’Università di Varsavia. Ha pubblicato su «Teologia Polityczna», «Nowe Książki» e «Nowy Napis». Si occupa di problemi legati alla filosofia della religione, alla fede, e alla fenomenologia dell’intersoggettività.

LEGGI TUTTI GLI ARTICOLI

Abbonati per accedere a tutti i contenuti del sito.

ABBONATI