23 Gennaio 2018
Polonia, tra solidarietà e Stato «sacralizzato» (2)
La Polonia sta vivendo un processo di cambiamento. La patria di Solidarność si chiude sulla difensiva davanti all’Europa che cambia. Turbata dal conflitto tra militanza e testimonianza, ha bisogno del discernimento della Chiesa. Seconda parte del dossier.
I profughi bussano alla Casa polacca
Accanto a quello del nazionalismo e dell’identità cattolica della Polonia, c’è poi un altro problema che «ha acceso gli animi e ha diviso ulteriormente il paese», quello dei rifugiati. La «casa polacca», osserva il domenicano padre Wiśniewski, è rimasta chiusa ai profughi. Anche se le paure trovano giustificazione negli episodi negativi accaduti in alcuni paesi europei, la portata di questa scelta è enorme per tutta la nazione, e gravida di pesanti strascichi. È giusto usare una doverosa prudenza, asserisce Wiśniewski, ma «quando davanti alla porta si presenta l’uomo ferito, malato, affamato, non si può sbattergli l’uscio in faccia o chiedersi da dove venga. Aprire le porte a queste persone è un gesto umano e cristiano». Viceversa, «chiudere la casa polacca in nome della preoccupazione per il bene della nazione, in nome della difesa della fede di fronte all’invasione dell’islam a noi estraneo, significa in realtà distruggere con le nostre mani le radici del cattolicesimo nel nostro paese. (…) Stiamo vivendo una doppia sconfitta del cristianesimo in Polonia: ci siamo allontanati dai nostri fratelli bisognosi – e Cristo è morto anche per loro – e abbiamo contaminato la nostra nazione con un terribile virus».
Mentre alcuni vescovi hanno cercato di sensibilizzare i fedeli sul problema dell’accoglienza, i media hanno rinfocolato le paure: «È stata creata un’immagine unilaterale e falsa dei rifugiati e questo anche per bocca delle massime autorità dello Stato. Di conseguenza, come mostrano i dati, la maggior parte dei polacchi sono contrari ad accogliere i profughi».
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Marta Dell'Asta
Marta Carletti Dell’Asta, è ricercatrice presso la Fondazione Russia Cristiana, dove si è specializzata sulle tematiche del dissenso e della politica religiosa dello Stato sovietico. Pubblicista dal 1985, è direttore responsabile della rivista «La Nuova Europa».
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È ricercatore presso la Fondazione Russia Cristiana, dove si occupa in modo particolare della storia del dissenso dei paesi centro-europei.
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