23 Maggio 2023
Memorial internazionale rinasce a Ginevra
Liquidata dalle autorità russe nel 2021, l’associazione Memorial internazionale è stata ricostituita a Ginevra, per coordinare ufficialmente lo studio della memoria delle repressioni e denunciare le violazioni dei diritti umani nel mondo.
Il 16 maggio scorso quindici associazioni collegate a Memorial hanno costituito l’Associazione Internazionale Memorial con sede a Ginevra.
Ginevra è una città simbolica, ha fatto notare Pavel Andreev, membro dell’ex-direttivo di Memorial: qui nel 1879 il principe Pëtr Kropotkin pubblicò il giornale anarchico «La Révolté», da cui prese il suo insolito nome il matematico e dissidente Revol’t Pimenov, che alla fine degli anni ’80 fu proprio uno dei fondatori di Memorial.
La rinnovata associazione internazionale raccoglie l’eredità di quella «liquidata» dalla giustizia russa, e si propone come punto di riferimento per i progetti delle 15 associazioni. Inizialmente – ha spiegato Evgenij Zacharov (Gruppo per i diritti umani di Charkiv) – «dedicheremo molto tempo alle questioni formali: registrazione, apertura di conti, preparazione di regolamenti e questioni amministrative a integrazione dello statuto. Allo stesso tempo, naturalmente, svilupperemo i progetti comuni a cui partecipano le varie organizzazioni collegate a Memorial».
Memorial – si legge nel comunicato stampa diffuso per l’occasione – rappresenta «persone che in tutto il mondo condividono valori comuni, che vogliono conoscere la verità sul loro tragico passato». Affrontando la storia del Terrore staliniano e del dissenso, Memorial si batterà ancora per il rispetto dei diritti umani e il rafforzamento della società civile e dello Stato di diritto, «per impedire il ritorno dei regimi dittatoriali», come nel caso dei «conflitti armati e delle guerre di aggressione nello spazio post-sovietico, apoteosi delle massicce violazioni dei diritti umani». «Gli eventi recenti hanno dimostrato che il passato totalitario non solo non è stato superato, ma può anche dare origine a pericolose recidive che minacciano la sicurezza e la libertà in Europa e nel mondo».
I fondatori hanno eletto un consiglio direttivo composto dalla storica e co-fondatrice di Memorial moscovita Irina Ščerbakova (Russia-Germania), dall’attivista per i diritti umani Evgenij Zacharov (Ucraina), dall’ex-dissidente e responsabile di Memorial Oleg Orlov, dal presidente di Memorial Italia Andrea Gullotta e da una serie di personalità del mondo della cultura e dell’informazione legate all’associazione, quali Nicolas Werth (Francia), Anke Giesen (Germania), Irina Kizilova (Israele), Sergej Krivenko (Russia/Lituania), Anna Mirkes-Radziwon (Polonia), Josephine von Zitzewitz (Gran Bretagna), Štěpán Černoušek (Repubblica Ceca). Dal consiglio sono stati eletti anche tre co-presidenti nelle persone di Ščerbakova, Zacharov e Gullotta.
Storicamente, il nucleo originale di Memorial si forma nell’URSS di Gorbačev alla fine degli anni ’80 dalla convinzione di dover impedire che si ripetano gli orrori del passato sovietico. La prima proposta è quella di promuovere la riabilitazione delle vittime innanzitutto erigendo un monumento affiancato da un archivio, un museo e una biblioteca che possano alimentare memoria e contenuti.
Il 26-28 gennaio 1989 Memorial nasce come associazione «storico-educativa», e ne assume la presidenza l’accademico Andrej Sacharov. In seguito gli subentra lo storico e dissidente Arsenij Roginskij.
Il 19 aprile 1992 si trasforma nell’associazione «Memorial Internazionale». Proprio per il suo carattere sovranazionale si aprono filiali in diversi Stati post-sovietici (Russia, Ucraina, Kazachstan, Lettonia e Georgia), oltre che in Germania, Repubblica Ceca, Italia e Francia.
Nel 1993 sorge il «Centro Memorial in difesa dei diritti umani» che opera in Cecenia, tra i migranti e a sostegno dei detenuti politici.
Dall’inizio degli anni 2000 Memorial deve affrontare pressioni e vessazioni che ne ostacolano le attività, alcuni suoi membri subiscono minacce e rappresaglie, come Aleksandr Gurjanov per le sue ricerche su Katyn’, Jurij Dmitriev condannato a 15 anni con un’accusa infamante o le perquisizioni effettuate nel marzo 2023 nelle abitazioni di alcuni attivisti. In alcuni casi ci scappa il morto, come nel 2014 con l’assassinio di Andrej Mironov vicino a Slovjansk, o di Natal’ja Estemirova della sezione di Groznyj, uccisa per le sue indagini sui crimini di guerra nel Caucaso settentrionale.
Il 21 luglio 2014 il Centro per i diritti umani viene riconosciuto come «agente straniero» (fattispecie introdotta nel 2012 e riferita a coloro che ricevono «sostegno» dall’estero o sono accusati di essere sotto l’influenza straniera). Due anni dopo (4 ottobre 2016) il ministero della Giustizia inserisce anche Memorial Internazionale nel registro degli «agenti stranieri».
Il 29 dicembre 2021 le autorità decretano la «liquidazione» di Memorial Internazionale per aver violato la legge sugli «agenti stranieri» (appello respinto il 28 febbraio 2022), e la chiusura del corrispondente Centro per i diritti umani.
Il 5 aprile 2022 la Corte d’appello respinge il ricorso contro la liquidazione del Centro per i diritti umani, e due mesi dopo (4 giugno 2022) un gruppo di amici del Centro e alcuni ex dipendenti fondano una nuova organizzazione, non governativa, interregionale e priva di registrazione statale o personalità giuridica denominata «Centro per la protezione dei diritti umani Memorial».
Il 7 ottobre 2022 Memorial riceve il premio Nobel per la Pace, assieme all’attivista bielorusso Bjaljacki e al Centro ucraino per le libertà civili.
Memorial non è l’unica organizzazione finita nel mirino negli ultimi anni perché scomoda al Cremlino: ricordiamo i due casi eclatanti del 24 e 25 gennaio scorso, quando il Centro Sacharov di Mosca (già bollato come «agente straniero») ha ricevuto lo sfratto dai locali precedentemente messi a disposizione dalle autorità cittadine, e il giorno dopo è stato liquidato il Gruppo Helsinki moscovita, che ha alle spalle una lunga tradizione di difesa dei diritti umani sin dagli anni ’70.
Nel frattempo l’attività di Memorial anche in Russia continua: sia da remoto, con una serie di podcast che raccontano le vessazioni subite negli anni, sia in presenza con una serie di visite guidate gratuite sui luoghi più significativi che a Mosca hanno segnato la storia dell’URSS e del dissenso.
«Il nostro lavoro – hanno scritto i responsabili – non ha perso la sua importanza, anzi, per certi versi, è diventato ancora più rilevante. Occorre indagare sui crimini di Stato, non importa quanti anni siano passati, e la conservazione delle prove (documenti, testimonianze personali) è importante per il passato, il presente e il futuro».
«Senza una profonda comprensione della tragica esperienza della storia delle dittature comuniste e della resistenza in URSS e in altri paesi del “campo socialista”», avvertono gli attivisti, non si potrà avere la meglio sulla persecuzione politica, né avrà alcuna efficacia il contrasto all’aggressione militare o il tentativo di risolvere le questioni politiche con la violenza.