21 Gennaio 2019

Jan Palach, 50 anni fa

Angelo Bonaguro

Cinquant’anni fa il rogo di Jan Palach a Praga, lo studente che si suicidò per ridestare l’opinione pubblica dopo l’invasione sovietica dell’agosto ’68. Il suo gesto fu ripetuto un mese dopo dal diciottenne Jan Zajíc. Le madri dei due giovani rimasero in contatto epistolare per un decennio.

«Mi consola il pensiero che avevano delle anime belle, piene d’amore e di bontà verso gli altri». È Libuše, la madre di Jan Palach «prima fiaccola» immolatosi il 16 gennaio 1969, a scrivere a Marta Zajícová, madre dell’altro Jan che seguì l’esempio dello studente di filosofia, e anch’egli si diede fuoco a Praga nel febbraio ’69, per protestare contro l’invasione sovietica della Cecoslovacchia e soprattutto per ridestare la coscienza dei suoi concittadini.
Jan Zajíc era di un paio d’anni più giovane di Palach, essendo nato il 3 luglio 1950 a Vítkov, in Moravia settentrionale. Dopo l’infarto che nel 1965 colpì suo padre, Jan iniziò gli studi presso l’istituto tecnico industriale-ferroviario nella vicina Šumperk, in modo da potersi trovare presto un lavoro. Allo stesso tempo però il giovane, che come Palach era di animo sensibile e socievole, coltivava interessi umanistici e scriveva poesie.
Nei mesi concitati del ’68 Zajíc si appassionò alle vicende politiche collegate alla Primavera, e nei primi giorni dell’invasione di agosto, come altri concittadini, si diede alla resistenza passiva dipingendo scritte contro le truppe sovietiche e togliendo i cartelli stradali. Nel gennaio ’69, nei giorni immediatamente successivi al sacrificio di Palach, partecipò agli scioperi della fame organizzati dagli studenti presso la statua di san Venceslao a Praga. 

 

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Angelo Bonaguro

È ricercatore presso la Fondazione Russia Cristiana, dove si occupa in modo particolare della storia del dissenso dei paesi centro-europei.

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